“I Comitati civici? Non saranno l’embrione del nuovo partito di Renzi”. Taglia corto Ivan Scalfarotto, l’ex sottosegretario allo Sviluppo economico e deputato dem, pronto a presentare l’iniziativa alla nona edizione della Leopolda. “Nessun tentazione di abbandonare un simbolo logoro e un partito abbattuto dalle sconfitte? No, siamo orgogliosi di quanto fatto.
I comitati serviranno a reagire a un governo che mette in dubbio le regole condivise”, ha continuato Scalfarotto. “Nessun nuovo partito, ma solo l’esigenza di aprirsi”, fa eco pure la senatrice ed ex ministra dem Valeria Fedeli. E non è l’unica a negare, tra i parlamentari più fedeli a Renzi, che i comitati civici possano servire a raccogliere le truppe in vista di un possibile addio. Eppure, al contrario, è nella base della Leopolda, storicamente più eterogenea rispetto a quella del Pd, che c’è chi spera nello strappo, più o meno lontano nel tempo. “Basta, è l’ora del nuovo partito di Renzi”, c’è chi rilancia. Altri ancora rivendicano: “Nel Pd non ci sono renziani e antirenziani, ma solo una corrente che vuol fare e una che traccheggia.
Spero che un nuovo partito di Renzi si porti con sé la prima”. Diversi insistono: “Non bisogna perdere più tempo”. Ma la base è divisa. Perché chi invece arriva alla Leopolda con in tasca pure la tessera del partito, o quantomeno arriva da una militanza storica nel Pd, vorrebbe invece evitare una possibile scissione: “I comitati? Non sono di certo la base di un nuovo soggetto, ma solo un modo per aprirsi alla società”. E ancora: “Bello pensare che possano farne parte ragazzi giovani, che magari non farebbero mai la tessera Pd”, spiega la millennial Arianna Furi. Altri, invece, sono certi che un nuovo soggetto renziano non ci sarà perché avrebbe percentuali di consenso minime: “Prenderebbe il 3%” – sentenzia un leopoldino, tesserato dem – “e non credo Renzi si voglia attestare a queste percentuali”.