Gibilterra, nel referendum del 2016, votò in massa contro la Brexit.
Oltre il 95% dei suoi 30mila abitanti si espresse per mantenere lo ‘status quo’, un territorio d’oltremare con a capo la regina del Regno Unito ma con legislazione indipendente, in rapporto costante con l’Unione Europea però senza adesione alle tariffe doganali comuni e all’Iva intracomunitaria. Insomma, un paradiso fiscale di appena sei chilometri quadrati da salvaguardare perché capace di assicurare finanza offshore, riciclaggio, un sistema di esenzioni utile al contrabbando di tabacco, un appetibile reddito pro – capite di 38 mila sterline annue (nella regione andalusa – alla quale geograficamente appartiene l’enclave – il reddito medio è fermo a 18 mila euro).
Nei complessi negoziati sulla Brexit rientrano questioni in apparenza minori, la frontiera dell’Irlanda del Nord, le basi britanniche a Cipro e il promontorio di Gibilterra. E’ conosciuto come “dossier Peñón” (così è definita la rocca d’oltremare), un protocollo speciale da aggiungere all’accordo quadro tra Londra e Bruxelles per il quale sono seduti al tavolo delle trattative il premier spagnolo Pedro Sánchez, il primo ministro di Gibilterra Fabian Picardo, i rappresentanti del governo inglese e il negoziatore capo della UE, Michel Barnier.
Nei giorni scorsi il Capo dell’esecutivo di Madrid ha annunciato che l’accordo è in dirittura d’arrivo, restano ancora oscuri i punti salienti dell’intesa, tuttavia sono chiare le questioni da sempre ritenute cruciali dal Governo spagnolo. Maggiori garanzie per i 12 mila transfrontalieri che ogni giorno dalle località andaluse attraversano il confine per lavorare nella colonia inglese, aumento del prezzo del tabacco in transito per Gibilterra, la minore imposizione fiscale è linfa per le attività di contrabbando nella penisola iberica. E poi la grande vertenza fiscale: in sei chilometri quadrati risiedono più società che persone fisiche, sono ben 55 mila le imprese con sede nel Peñón, di fatto attive in Spagna, senza controlli valutari, scarsa burocrazia e tassazione particolarmente agevolata.
Infine il protocollo speciale è chiamato ad affrontare la controversia più spinosa, quella dell’aeroporto sull’istmo, costruito dal Regno Unito nel 1938 è considerato un’occupazione abusiva da Madrid perché estraneo al Trattato di Utrecht del 1713 il quale attribuì al Regno d’oltremanica solo la rocca, la fortezza e il porto, senza riconoscimenti di spazio aereo o di acque territoriali.
Sembra diplomazia d’altri tempi invece è quotidianità fatta di contese frequenti, sospetti, risentimenti. Con riverberi sulle attività economiche, sequestri di pescherecci, dispute tra amministrazioni locali andaluse e autorità della colonia.
Durante gli anni bui del regime franchista la rocca di Gibilterra rimase isolata per decenni, era più facile raggiungere Gatwick che la vicina Algeciras, solo negli anni 80, coi governi a guida socialista, Madrid riprese i contatti con l’amministrazione coloniale.
Oggi nel “dossier Peñón” non è posta la rivendicazione territoriale del promontorio, pretesa del resto svuotata di contenuto se la schiacciante maggioranza dei gibilterrini preferisce apertamente la corona britannica. Di certo rimane centrale la gestione congiunta dell’aerodromo, la Spagna reclama da anni un presidio della Guardia civil per il controllo dei transiti, come dire una parte dell’aeroporto rimarrebbe britannica e altra parte del terminal rientrerebbe in area Schengen.
Un’infrastruttura in parte extra Ue, in parte comunitaria, con tante bandiere da issare sulla piccola pista.