Sua madre lo ha partorito, allattato, svezzato, vaccinato, educato, cresciuto, accompagnato, protetto, immensamente amato. E poi M.T. è morto l’altro ieri, a vent’anni, ucciso dalla pallottola di un pensionato che, durante una battuta di caccia, lo ha scambiato come un cinghiale. La stessa fine è toccata ad un altro ragazzo ligure, morto in provincia di Imperia lo scorso 20 settembre. Di morti insensate è pieno il mondo, certo, ma questi sono decessi – ventidue nell’ultima stagione venatoria più quasi settanta feriti, come segnala l’Associazione Vittime della Caccia – che potrebbero essere evitate. Impedendo la caccia di domenica, perché i boschi sono pieni di gente che raccoglie funghi o semplicemente si rilassa, costringendo i cacciatori a seguire le regole – uccidere con licenza regolare e nei giorni consentiti e nelle specie consentite – ma soprattutto, unica vera soluzione, abolendo una pratica veramente feroce e insensata.
Dopo l’uccisione del ragazzo ligure, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha fatto un appello alle regioni per vietare la caccia di domenica, appello che rischia però di cadere nel vuoto. Controlli ci sono, ma non tanti da impedire l’uccisione di specie protette o di specie non protette ma uccise illegalmente. Ovviamente, nessun governo nazionale o regionale ha mai preso invece misure del terzo tipo, abolire la caccia – ci fu solo un referendum che non raggiunse il quorum, negli anni Novanta – perché la lobby dei cacciatori è fortissima e numerosa: sebbene in progressivo calo, i cacciatori sono oltre settecentomila, e tra l’altro, secondo la legge, possono possedere un numero illimitato di fucili da caccia. Il paradosso, come ha spiegato la rivista National Geographic, è che se un cacciatore in possesso di licenza legale abbatte una specie protetta paga semplicemente una multa di qualche centinaia di euro. Se invece lo stesso animale viene abbattuto da chi non ha una licenza allora il bracconiere viene punito con una multa e una reclusione a sei mesi a tre anni. Peccato che il risultato sia lo stesso, ovvero l’uccisione di un animale appartenente a specie protetta, per non parlare ovviamente dei milioni di animali uccisi semplicemente, sia legalmente che illegalmente.
Ma a che serve questa pratica arcaica e incomprensibile per la maggior parte di noi? (provate a chiedere a un bambino, vedrete cosa vi risponderà). Sostanzialmente a nulla, anche perché gli animali non possono essere catturati, tenuti o venduti. La definiscono uno sport, ma non esiste altro sport che comporti la distruzione sistematica di milioni di esseri viventi. Possiamo pensare che se queste persone non si scaricassero cacciando, potrebbero riversare il loro istinto contro persone fisiche: ma sarebbe come dire che si dovrebbe consentire a tot persone il pestaggio per evitare che uccidano, che so, a colpi di roncola.
Alcuni tentano anche di presentare il cacciatore di una sorta di ambientalista – in una scuola elementare il Consorzio armaioli italiani ha portato anche un ciclo di conferenze tenuto da cacciatori, con tanto di libro di favole per spiegare chi è il cacciatore – ma provare a far passare la caccia come un’attività ecologica è come minimo paradossale. Abolirla tout court sarebbe l’unica scelta sensata, ma ovviamente chi tenta di portare avanti questa posizione viene irriso se non persino minacciato. Alcuni cacciatori sostengono che è ipocrita portare avanti l’abolizione della caccia e poi continuare a mangiare carne. L’argomentazione è anche ragionevole, ma infatti, non a caso, gli animalisti sono quasi sempre vegani e difendono sia la soppressione della caccia che quella della fettina. Tuttavia io, che pur non mangio carne, credo che la caccia abbia un tratto di ferocia senza paragone alcuno: perché appunto non c’è scopo, non serve a nutrirsi, è un’uccisione fine a se stessa.
E infine la caccia è anche cartina di tornasole delle contraddizioni della politica. Il Partito democratico non ha mai avuto una posizione chiara. Al suo interno c’è di tutto, chi è a favore, chi contro. I governatori non hanno mai preso comunque iniziative anticaccia particolari, anzi spesso hanno aperto la stagione venatoria in anticipo, contro gli appelli accorati delle associazioni animaliste. La Lega, invece, sostanzialmente l’ha sempre difesa, e come poteva essere diversamente, in nome della difesa delle nostre “nobili” tradizioni. I 5Stelle, al contrario, sono stati sempre sostanzialmente contrari. Come mettersi d’accordo, allora? Con un compromesso, messo nel contratto di governo, che si limita a citare la lotta contro il bracconaggio. Certo, la politica è fatta di compromessi, ma come su altri aspetti sembra che quello dei 5Stelle sia, purtroppo, un compromesso troppo in basso.
Quanto al Pd, quello di avere un partito veramente ambientalista, che faccia della difesa strenua dell’ambiente uno dei suoi cavalli di battaglia, insieme ai diritti, anche sociali, è solo un sogno. Ciò che abbiamo davanti agli occhi è invece un partito con un’identità confusa e contraddittoria, attanagliato dal terrore, come in questo caso, di perdere centinaia di migliaia di elettori cacciatori. Senza capire, su questo fronte come su altri, che il conteggio bieco non funziona mai, mentre è molto meglio scontentare molti ma avere profilo chiaro e radicale, su ambiente, diritti, lavoro, e molto altro. Perché solo in questo modo è possibile generare quel consenso maggioritario che sempre nasce di fronte a un partito coerente che non ha paura di ciò in cui crede.
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