L’Italia sta vivendo sulla propria pelle un pericoloso esperimento socio-politico, ampiamente criticato dagli economisti e politologi italiani e stranieri. Al momento non è dato sapere come andrà a finire – anche se lo spread e la crescita del debito pubblico non promettono nulla di buono-, però il governo gode di un consenso popolare notevole e addirittura in crescita.

Il successo della Lega coincide in gran parte con il crollo dei suoi tradizionali alleati: in larga misura un riequilibrio di voti interno alla destra. La tenuta del M5s è invece più sorprendente visto che le azioni di governo spesso tradiscono promesse precedenti: ad esempio Di Maio aveva garantito non solo coperture accertate per il reddito di cittadinanza ma addirittura uno spettacolare calo del debito pubblico, oltre alla chiusura dell’Ilva e al blocco del Tap. Ma il M5s cresce grazie a una serie di straordinarie trovate propagandistiche che costituiscono la novità più interessante della politica italiana recente.

Il M5s è nato da una intuizione di Gianroberto Casaleggio, che ha reclutato come front man un attore consumato e famoso come Beppe Grillo e ne ha potenziato il messaggio facendolo rimbalzare tra il blog e una serie di siti associati, come la Fucina e Tze-Tze. A questo Casaleggio ha fatto aggiungere i siti dei Meet Up, sui quali chiunque poteva scrivere le sue proposte e crederle poi parte integrante del programma del neonato Movimento.

In pratica un modo ingegnoso per riproporre alla gente i propri pregiudizi e preconcetti, sfruttando la natura interattiva del mezzo di comunicazione scelto. Mentre Bossi e Berlusconi dovevano raccogliere i pregiudizi del propri simpatizzanti e armonizzarli in un messaggio vagamente coerente da trasmettere con mezzi non interattivi, quali comizi e tv, a Casaleggio bastava permettere alla gente di scriverseli da sola sui siti web messi a disposizione.

Da questa raccolta di idee sparse e mal digerite non poteva nascere un programma di governo coerente e realizzabile in modo non distruttivo per il Paese e tutti gli esperti, politici, giuristi ed economisti, lo hanno denunciato fin dal principio. La risposta del duo Grillo-Casaleggio rivela una capacità strategica notevole: anziché contrapporsi agli esperti li hanno delegittimati. Beppe Grillo era ed è da tempo impegnato in una campagna denigratoria senza precedenti, che prende a bersaglio le personalità più eminenti della cultura del paese: dal premio Nobel Rita Levi Montalcini a Umberto Veronesi. Ovviamente la guerra contro la cultura del Paese ha provocato qualche ferita: Beppe Grillo ha raccolto varie condanne per il reato di diffamazione. Non si può fare la frittata senza rompere le uova. Anche in questo caso la comunicazione M5s solletica i preconcetti degli elettori: almeno di quelli che senza nessuna preparazione godono nel sentirsi “più bravi” degli esperti.

Alla denigrazione degli esperti si associa quella degli avversari politici, prima di tutto il Pd cui è più facile sottrarre quote di elettorato sfruttando le tematiche pseudo-intellettuali di Beppe Grillo, che a destra hanno minore presa. Di qui l’altra grande componente della strategia propagandistica M5S: “e allora il Pd?” ripetuto come un mantra, citando puntigliosamente tutte le porcherie fatte dal Pd (che non sono poche) e ignorandone i meriti (che pure esistono: lo spread con Gentiloni era un terzo di quello attuale). La propaganda M5S è scesa quindi dall’orgogliosa rivendicazione della propria diversità al più bieco menopeggismo e recita: qualunque cosa faccia il M5s gli altri (il Pd) sono peggiori; peggio di loro non si può fare. Promessa avventata perché al peggio non c’è limite.

Con la vicenda delle “manine” che cambiano i documenti scritti da Di Maio e l’appassionata difesa di Di Battista dall’estero, si scende un altro gradino nella qualità della propaganda e si approda al “menopeggismo teorico”. Il M5s non è più il partito che fa meno peggio degli altri: è il partito che fa meno peggio di quello che gli altri avrebbero fatto se ne avessero avuto la possibilità. L’identità degli altri resta nel vago: leghisti? Tecnici dei ministeri messi lì dal Pd? O da Berlusconi? Secondo Salvini non c’erano altri: lui, Conte e Di Maio. Cercherà il Movimento di individuare i proprietari delle manine o la pace ritrovata sana l’attentato alla democrazia con tarallucci e vino?

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