Quando il duca Leto Di Maio atterrò con tutta la corte degli Atreides sulle Dune romane, sistemandosi nel palazzo Kigi sede ufficiale del Potere, era stato preventivamente avvertito che i precedenti inquilini – allontanandosene frettolosamente – avevano disseminato la reggia di innumerevoli trappole mortali. Ma di questo il novello conquistatore non mostrava darsi la benché minima cura, fiducioso nel nuovo spirito collaborativo degli antichi nemici di casa Legarkonnen; sancito da un contratto programmatico siglato con Matteo Rabban Salvin, capo supremo della barbarica casata.
Del resto l’ascesa al governo del pianeta Arrakis produceva su Leto Di Maio un irrefrenabile effetto inebriante; più che comprensibile in chi fino ad allora aveva bazzicato da steward soltanto le scalee dello stadio San Paolo: sicché ora poteva strafogarsi di Melange, vulgo “la Spezia”; l’irresistibile droga mentale che trasforma qualsivoglia poltrona nella playstation del comando. Un’overdose che – tuttavia – produceva sul giovanotto effetti estranianti, sotto forma di deliri visionari in cui incorporee manine dispettose lo circondavano sfarfalleggiando attorno con stroncature dei provvedimenti varati e deliberazioni manomesse.
Nella perenne caduta dal pero, Di Maio era portato ingenuamente a incolpare dei trabocchetti in cui precipitava sistematicamente la persona di Mattarella Shaddam IV, referente del Landsraad planetario. E non si rendeva minimamente conto che forse la minaccia era assai più vicina, dietro le sue spalle. Opera della figura femminile che si aggirava liberamente nei meandri in penombra del Palazzo, portando a termine la sua opera di destabilizzazione per conto della Sorellanza Bene Gesserit; la società segreta al femminile preposta al compito di impedire mattane che non andassero a esclusivo vantaggio degli originari controllori del Melange. Dunque, a scapito di intrusi, naif e pasticcioni, quali gli Atreides pentastellari.
Una presenza mimetizzata abilmente tra le fila dei Legarkonnen, quale quella di Dariah Perrottha; ora capufficio nella segreteria del sottosegretario Feyd-Rautha Giorgetti (partner prediletto di Rabban Salvin) ma già strettissima collaboratrice della fu ministra del Melange Helen Etruria Bosk. Una presenza utilissima – quella della Perrottha – per F-R. Giorgetti, sempre più preoccupato dai danni alle coltivazioni di “Spezia” che potrebbe arrecare la spasmodica ricerca del reddito di cittadinanza per soli disoccupati (e non universale, come lascerebbe intendere la formula) di un duca Leto in pieno delirio di onnipotenza; come la costante espressione estatica lascerebbe intendere. E per questo il numero due Legarkonnen si ingegna a tessere alleanze di contenimento. Non solo nel Landsraad planetario, pure con la potente gilda dell’Euro e con il suo Gran Maestro Mario Draguth, in procinto di rendersi disponibile per collocazioni anche dalle parti di Palazzo Kigi.
Intanto qualcuno si chiede: è possibile che questo grande agitarsi avvenga all’insaputa del capo supremo Matteo Rabban Salvin? Del tutto improbabile. Mentre da sotto la superficie di Dune giungono sordi brontolii di pourparler segreti tra Matteo Raban e l’omonimo rignanese, che ancora nel recente passato controllava il Melange sotto l’effige del Giglio Magico. E intanto scalda i muscoli dall’altro lato del mondo Alex Muad-Dib(attista), pronto a scendere in campo nel momento in cui Leto Di Maio sarà definitivamente sepolto sotto le dune.
Insomma, il testo cui queste post si ispira non è anche l’epopea dei vermi giganti?