Sei puntate da circa cinquanta minuti l'una, in onda da martedì 23 ottobre su Rai Storia alle 21 e 10. Niente di romanzato: quella che andrà in onda sarà infatti una doppia narrazione. Da una parte la finzione, con Franco, un giornalista Rai che ricorda i giorni del Maxi in un periodo successivo alle stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dall'altra i pezzi storici del procedimento, dalla deposizione di Tommaso Buscetta, al confronto con Pippo Calò, fino a episodi dimenticati come la tentata ritrattazione di Salvatore Di Marco o la deposizione di Koh Bak Kin
Era una storia da film, anzi da fiction, con i suoi protagonisti, i colpi di scena, i buoni e i cattivi. Soprattutto i cattivi: erano più di 400 quelli alla sbarra dell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. L’avevano ribattezzata l’astronave verde: un nome perfetto che sembrava uscito da un libro o da un film da proiettare nei cinema. Solo che in quel caso era tutto vero: l’astronave, i mafiosi alla sbarra, i racconti degli omicidi, delle stragi, l’escalation dei corlenesi a colpi di kalashikov, il sangue, gli strangolamenti e i corpi sciolti nell’acido nella camera della morte dei Sinagra.
Alla fine la storia del primo Maxiprocesso a Cosa nostra una fiction lo è diventata davvero. Sei puntate da circa cinquanta minuti l’una, in onda da martedì 23 ottobre su Rai Storia alle 21 e 10. Niente di romanzato: quella che andrà in onda sarà infatti una doppia narrazione. Da una parte la finzione, con Franco, un giornalista Rai interprestato da Giovanni Guardiano, che ricorda i giorni del Maxi in un periodo successivo alle stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dall’altra ci sono le immagini dell’epoca, quando proprio la Rai fu in prima linea nel raccontare quello che è la Norimberga di Sicilia. Particolarmente accurata in questo senso la ricostruzione degli autori Cosimo Calamini, Marta La Licata, Davide Savelli, Alessandro Chiappetta e del regista Graziano Conversano: gli ultimi due avevano già firmato Maxi +25, il documentario prodotto sempre dalla Rai nel 2012.
È da li che probabilmente nasce l’idea di far diventare il Maxiprocesso una serie televisiva assolutamente fedele ai resoconti giudiziari dell’epoca. Si vedono i pezzi storici del procedimento, dalla deposizione di Tommaso Buscetta, al confronto con Pippo Calò, fino a episodi dimenticati come la tentata ritrattazione di Salvatore Di Marco o la deposizione di Koh Bak Kin, il narcotrafficante diventato ambasciatore delle cosche in medio oriente.
Una storia vera che rappresenta un punto di svolta per questo Paese, affiancata da una verosimile: la voce narrante di Franco si mescola alle immagini dell’epoca. Con lui lavora una squadra composta da un cameraman, Gianni – interpretato da Fabrizio Colica – romano, trentenne, mandato dalla Capitale come rinforzo alla redazione siciliana. E poi Teresa – interpretata da Chiara Spoletini – montatrice e assistente alla regia appena assunta, che con il processo ha un legame più profondo di quello che sembra. Franco, Gianni e Teresa seguono tutto il Maxi, tra stress e complesse situazioni emotive, pressioni psicologiche e minacce. Fino alla sentenza, emessa il 16 dicembre del 1987, un anno e dieci mesi dopo la prima udienza. Sembra la fine di tutto. Sarà l’inizio di una storia ancora più sanguinosa. E complessa, molto complessa.