Falsi poveri, falsi disoccupati, falsi ammalati. Siamo un Paese di gente che finge. Allegramente e senza troppi scrupoli. Trovare qualcuno che abbia le carte in regola per farsi sovvenzionare dallo Stato diventa un’impresa. Qualche categoria se la cava iscrivendosi al club di quelli che si arrangiano e in una certa furbetta tradizione dà vita a una specie di simpatico folklore. Ma c’è invece chi non solo non trova attenuanti, ma dovrebbe trovare la repulsione da parte di chiunque. I falsi invalidi.

In 30 anni di giornalismo mi è capitato di occuparmene decine di volte. Ciechi sorpresi a leggere il giornale al bar, paraplegici habitué di discoteche. Perfino di ufficialmente affetti da gravi patologie psichiche tanto invalidanti da rendere necessaria l’assistenza permanente al domicilio. Salvo poi venir scoperti a fare tranquillamente shopping. E ogni volta scatta il giusto moto di riprovazione collettiva: che schifo!

Già, ma quel che non si dice è che per ognuno di quegli squallidi furbetti c’è un sistema di connivenze, coperture, complicità che pochi sospettano. Cerchiamo di riassumere come funziona il meccanismo di attribuzione di sussidi di invalidità e di assistenza, il cosiddetto accompagnamento.

Il sedicente invalido deve essere affetto da una patologia accertata da un medico specialista, che spesso opera in una struttura ospedaliera dove il destinatario del sussidio ha ricevuto cure. La certificazione arriva nelle mani del medico di base che apre la pratica presso l’Inps. La pratica viene presa in carico dall’azienda sanitaria locale, che istituisce una commissione che dovrà valutare la veridicità delle gravi condizioni fino a quel momento segnalate.

Hai visto mai che i primi due medici per qualche motivo si fossero sbagliati: serve un controllo accurato e ufficiale. Ad opera della commissione, appunto. Roba seria. Così l’invalido entro un mese si ritrova davanti a un numero variabile da tre a cinque commissari. Altri medici, più operatori sanitari e sociali supercompetenti. Il verdetto viene quindi inviato all’Inps, dove viene esaminato e verificato dal centro medico legale. Insomma altri medici ancora. In tutto tra le sei e le otto persone, con qualifiche professionali e posizioni lavorative di alto livello che – nel caso di false invalidità – sono disposte a mettere tutto questo a rischio pur di far avere al furbetto di turno un assegno mensile che va dai 450 a 900 euro.

Ora la domanda sorge spontanea: chi glielo fa fare? Quale può essere il vantaggio, la merce di scambio? Soldi, certo. Ma un aspirante invalido che mette in moto lo schifoso meccanismo per incassare ogni mese 500 euro quanto potrà mai allungare di mazzetta al piccolo esercito di commissari, medici e soggetti vari compiacenti affinché per costoro il giochino valga la candela? Lo squilibrio tra rischio e possibile mazzetta è evidente e trova logica giustificazione solo nei grandi numeri.

Non solo per ogni falso invalido si contano dai sei agli otto insospettabili funzionari che volentieri si prestano a truffare lo Stato, ma evidentemente accade con una frequenza che nemmeno ci immaginiamo. E – si badi bene – di improvvisato c’è ben poco. Le cronache parlano di vere e proprie organizzazioni multilivello. Giusto uno stipendio mensile fa a Palermo è stata scoperta una sorta di agenzia che forniva tutto il necessario: dai certificati, ai figuranti che accompagnavano gli aspiranti invalidi alle visite di accertamento.

Gli stimati 100mila furbetti potrebbero quindi contare su qualcosa come 7-800mila complici, ma il primo numero deve essere decisamente ritoccato al rialzo e la seconda stima dovrebbe contare anche avvocati, funzionari, finti accompagnatori. Tuttavia già così parliamo di miliardi che escono dalla casse del welfare pubblico per finire nelle tasche sbagliate. Un’emorragia di denaro destinato a una funzione perfino banale in uno Stato di diritto, che impoverisce chi già è in difficoltà.

Non che i vari governi non abbiano provato a indagare sul sistema, ma a quanto pare con costi elevati e risultati modesti. Eppure è tutto un fiorire di autorità anticorruzione, di provvedimenti per svelare gli approfittatori, di pubbliche amministrazioni trasparenti e palazzi da aprire come scatole di sardine, di soldi pubblici da recuperare ovunque con gran clamore ed eroico impegno.

Ma di tutti quei rispettabili professionisti che si passano certificati e si verificano tra di loro, che si riuniscono a valutare con serietà e competenza, giusto uno ogni tanto viene preso con le mani nel sacco. Sarà che a forza di attestare invalidità inesistenti hanno imparato a simulare bene le più opportune per loro: non sentono, non vedono, non parlano. Ma intascano.

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