La Corte invece non ha individuato nessuna violazione sulle condizioni di detenzione. Provenzano, relativamente all’articolo 3 della Convenzione, si era lamentato delle cure mediche inadeguate in prigione e della continuazione dello speciale regime di detenzione, a dispetto delle sue condizioni di salute. Di Maio: "Inumani erano i comportamenti del boss". Salvini: "In Italia decidono gli italiani". Bonafede: "41 bis non si tocca"
L’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per la decisione di rinnovare l’applicazione del regime speciale di detenzione del 41bis a Bernardo Provenzano, dal 23 marzo 2016 fino alla sua morte, il 13 luglio dello stesso anno. La Corte invece non ha individuato nessuna violazione sulle condizioni di detenzione. Provenzano, relativamente all’articolo 3 della Convenzione, si era lamentato delle cure mediche inadeguate in prigione e della continuazione dello speciale regime di detenzione, a dispetto delle sue condizioni di salute. Il 1 aprile 2016 il regime di carcere duro era stato prorogato dall’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando, le procure che si erano occupate del boss di Corleone invece avevano dato parere favorevole. Pochi mesi prima il 24 settembre 2015 la Cassazione aveva bocciato il ricorso del boss.
Tutto è partito dalla denuncia della famiglia
La Corte europea dei diritti umani aveva avviato l’esame del ricorso che la famiglia di Bernardo Provenzano, proprio nel giorno della morte. Il ricorso, in cui si denuncia la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, che sancisce che nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene e trattamenti inumani e degradanti, era stato comunicato al governo italiano. Nel 2013 Strasburgo respinse la richiesta dell’avvocato di Provenzano, Rosalba Di Gregorio, di esigere dal governo italiano l’immediata scarcerazione del boss. Sul caso del carcere duro si era espressa anche nel febbraio del 2014 l’allora ministra della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, che non aveva ritenuto di accogliere la richiesta di revoca del 41 bis avanzata dai familiari di Provenzano”.
Di Maio: “Inumani erano i comportamenti di Provenzano”
“Ma scherziamo? La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia perché decise di continuare ad applicare il regime duro carcerario del 41bis a Bernardo Provenzano, dal 23 marzo 2016 alla sua morte. Avremmo così violato il diritto di Provenzano a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Non sanno di cosa parlano! I comportamenti inumani – su Instagram il vicepremier Luigi Di Maio – erano quelli di Provenzano. Il 41bis è stato ed è uno strumento fondamentale per debellare la mafia e non si tocca. Con la mafia nessuna pietà”.
Salvini: “In Italia decidono gli italiani”
Sulla questione si è espresso anche l’altro vicepremier Matteo Salvini: “La Corte Europea di Strasburgo ha ‘condannato’ l’Italia perché tenne in galera col carcere duro il “signor” Provenzano, condannato a 20 ergastoli per decine di omicidi, fino alla sua morte – ha detto il segretario leghista – Ennesima dimostrazione dell’inutilità di questo ennesimo baraccone europeo. Per l’Italia decidono gli Italiani, non altri”.
Bonafede: “Ok sentenza, ma 41bis non si tocca”
“Rispetto questa sentenza ma non la commento. Voglio sottolineare solo una cosa: il 41 bis non si tocca“. Parola del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, secondo cui “c’è una lunga storia di confronto con l’Europa – ha aggiunto – ma credo che gli altri Paesi abbiano solo da imparare dall’Italia sulla normativa antimafia“.
Cafiero De Raho: “Strasburgo non conosce la mafia”
“Evidentemente alla Corte europea di Strasburgo non è stata riportata la situazione italiana e non è stata fotografata la forza delle mafie e l’esigenza che i mafiosi non comunichino con l’esterno dei penitenziari“, commenta il procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho ricordando anche che in alcuni Paesi del Centro e del Sud America si stanno iniziando ad adottare provvedimenti che modificano l’ordinamento penitenziario esistente conformandosi a quello italiano.
Legali Provenzano: “Lotta per i diritti”
“Quella che abbiamo combattuto è stata una lotta per l’affermazione di un principio e cioè che applicare il carcere duro a chi non è più socialmente pericoloso si riduce ad una persecuzione” ha sottolineato l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del capomafia Bernardo Provenzano, commentando la decisione della Corte di Strasburgo di condannare l’Italia per avere sottoposto il boss ad un trattamento disumano mantenendolo al 41 bis nonostante fosse ridotto ad un vegetale. “A noi non interessava e non interessa un risarcimento ma soltanto l’affermazione di un principio contro prese di posizione assolutamente illegittime” ha aggiunto l’avvocato che, per anni, prima di arrivare ai giudici Strasburgo aveva chiesto la revoca del 41 bis e l’espiazione della pena in regime ordinario, alla magistratura di sorveglianza di Parma, Milano e Roma. Il legale ha perso la sua battaglia in tutte le sedi giudiziarie fino alla Cassazione e ha sancito confermando i verdetti precedenti, che in nessun altro luogo Provenzano avrebbe potuto ricevere cure migliori. Tutti gli ultimi ministri della Giustizia hanno rinnovato il 41 bis al capomafia, che diverse perizie avevano certificato essere incapace di assistere coscientemente ai processi. “Aspettiamo di leggere il provvedimento che ancora non ci è stato notificato perché la decisione è stata presa al termine di un procedimento camerale, ma da quanto ci hanno riferito la Cedu non avrebbe stabilito un risarcimento. Per noi era importante l’affermazione del principio, questa battaglia non aveva come fine l’ottenere risarcimenti monetari” ha concluso il legale.
Figlio del boss: “Se lo Stato si vendica viola il diritto”
“Se lo Stato risponde al sentimento di rancore delle persone, alla voglia di vendetta, lo fa a discapito del Diritto. Questo credo sia ciò che la Corte di Strasburgo ha affermato sul 41 bis applicato a mio padre dopo che era incapace di intendere e di volere” ha detto invece Angelo Provenzano, figlio del capomafia.
Parenti delle vittime: “Strasburgo ci offende”
“Da Strasburgo neanche quando sono morti ci risparmiano di menzionarli, e ci ricordano i nostri aguzzini, caso mai cercassimo di dimenticarli”. A dirlo è Giovanna Maggiani Chelli, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. “Il Capo di Cosa nostra Provenzano avrebbe subito in Italia il torto di morire al 41 bis – ha sottolineato Maggiani Chelli – certo che è morto a 41 bis in ospedale; Strasburgo però il 41 bis lo voleva abolito sulla carta bollata come Cosa Nostra. E ora che si fa si risarciscono i familiari di Provenzano, mentre noi sputiamo l’anima per avere riconosciuti i nostri diritti in un processo civile? Dove era Strasburgo dei diritti dell’uomo la notte del 27 Maggio 1993 quando Provenzano ha mandato i suoi uomini a Firenze ad ammazzarci per far annullare il 41 bis, giusto sulla carta bollata? La Corte di Strasburgo ci offende, ci fa indignare mentre riconosce i diritti ai mafiosi post mortum e non batte un colpo sul fronte delle vittime di mafia. Ma di quali diritti stiamo parlando di quelli di Cosa Nostra?”.