Bloomberg se ne frega delle “sollecitazioni” che arrivano dal Ceo di Amazon web services e da Jeff Bezos in persona personalmente (come direbbe il buon Catarella nel sequel del Commissario Montalbano). A nessuno, dall’editore all’ultimo giornalista, passa per la mente di accogliere le insistenti richieste di smentire la notizia dei microprocessori spia di fabbricazione cinese.
Non solo. La redazione di Bloomberg, non contenta, adesso tira fuori un’altra storia da far rizzare i capelli. Tenetevi forte perché tutti noi corriamo il rischio di essere tracciati anche dalle “app” che abbiamo disinstallato.
Dopo aver gettato nel panico gli utenti di Apple e di Amazon, ecco il terrore serpeggiare tra tutti i possessori di tablet e smartphone. La paura cresce di intensità man mano che emergono i flebili ricordi del download e della successiva installazione delle più accattivanti “app” sul proprio dispositivo mobile. In un istante riappare nitida la sequenza delle operazioni compiute, dalla scelta dell’applicazione momentaneamente di interesse fino alla sua eliminazione.
Lo step che affiora distintamente è quello dell’adesione alle richieste di interazione formulate prima che il programma si insediasse sul proprio “device”: l’aver accettato le condizioni categoricamente espresse ha trasformato l’acquisizione della app in un invito al fornitore a “trasferirsi” nel cuore del nostro apparato elettronico. L’aver acconsentito di accedere liberamente a localizzazione geografica, contatti, attività, messaggi, foto e così a seguire equivale sostanzialmente ad aver dichiarato un classico della più generosa ospitalità: “fai come se fossi a casa tua”, espressione tanto magnanima quanto pericolosa.
E così – a scorrere quel che scrive Gerrit de Vynck, brillante reporter tecnologico di Bloomberg News – non c’è da stupirsi se ogni tanto una “app” cancellata qualche giorno prima ridà segni di vita come i peperoni mangiati la sera da un commensale delicato di stomaco. Minuscoli sintomi di riapparizione di un programma installato e poi cancellato perché ritenuto inutile o inefficace sono o – a voler esser più cauti – potrebbero essere “normali”.
Chi sviluppa le “app” conosce perfettamente anche le pieghe più recondite dei sistemi operativi iOS o Android che consentono alle loro creazioni di funzionare regolarmente e, una volta guadagnato l’accesso a un dispositivo con il fatidico clic su “installa” a opera dell’utente, escogitano ogni stratagemma per non perdere un possibile target commerciale. La padronanza del software di base è il primo passo per guadagnarsi una sorta di immortalità, perché garantisce – ad esempio – la possibilità di sapere se l’utente ha eliminato la “app” dal proprio smartphone o tablet e di intervenire successivamente con messaggi promozionali mirati a far tornare il soggetto sui suoi passi e a ottenere la reinstallazione di quanto eliminato.
Il complesso di istruzioni attive sui nostri strumenti elettronici di uso quotidiano include anche i “tracker” di disinstallazione che rilevano l’operato dell’utente e lo segnalano a chi è interessato a intervenire per il “recupero” di chi ha abbandonato l’utilizzo di un certo programma. Tra i maggiori produttori di questi “trucchetti” ci sono Adjust, AppsFlyer, MoEngage, Localytics e CleverTap. Fra i loro clienti annoverano moltissimi fornitori di servizi online e creatori di “app” (Spotify è tra queste realtà).
Il buon Gerrit de Vynck ne parla con cognizione di causa perché Bloomberg Lp, “cugina” del Business Week del medesimo editore, si avvale proprio di Localytics. L’amministratore delegato della software house produttrice di quest’ultimo programma, Jude McColgan, dice di non aver mai visto propri clienti utilizzare quella soluzione per operazioni del genere: questi strumenti nascono per il monitoraggio delle reazioni degli utenti a fronte di aggiornamenti e modifiche alle “app”, ma è facile immaginarne un impiego distorto rispetto le finalità originarie.
Da sempre gli sviluppatori sono stati in grado di utilizzare queste notifiche “silenziose” per sollecitare (con il cosiddetto “ping”) le “app” installate. Questo check avviene a intervalli regolari senza avvisare l’utente: viene fatto per aggiornare una casella di posta o un feed di social media mentre l’applicazione non è attiva sullo schermo del dispositivo ma è in esecuzione in background.
Se la “app” – disattivata – non esegue il ping dello sviluppatore, quest’ultimo a fronte della mancata risposta annota la disinstallazione. Gli appositi strumenti di monitoraggio aggiornano così il file associato all’identificativo univoco abbinato al dispositivo mobile per l’inoltro della pubblicità (dati alla radice degli annunci promozionali sempre precisi sul nostro conto). Questi dettagli consentono di riconoscere facilmente chi detiene il telefono e farcire di pubblicità quel che appare sullo schermo qualunque cosa si stia facendo.
Mentre ci si augura che venga dato un alt a questo genere di pratiche (porre dei limiti serve a poco), arriva una ulteriore scoperta dai contorni… macabri. L’eventuale disinstallazione delle funzioni di tracciamento – a legger bene le condizioni d’utilizzo dei software di impiego quotidiano – può violare le norme d’uso imposte da Apple e Google. Fortunatamente i colossi hi-tech non hanno ancora intrapreso alcuna azione legale, ma in prospettiva potrebbero stupirci anche così.
Umberto Rapetto
Giornalista, scrittore e docente universitario
Tecnologia - 25 Ottobre 2018
Smartphone, le app continuano a spiarci anche dopo averle eliminate. E nessuno è al sicuro
Bloomberg se ne frega delle “sollecitazioni” che arrivano dal Ceo di Amazon web services e da Jeff Bezos in persona personalmente (come direbbe il buon Catarella nel sequel del Commissario Montalbano). A nessuno, dall’editore all’ultimo giornalista, passa per la mente di accogliere le insistenti richieste di smentire la notizia dei microprocessori spia di fabbricazione cinese.
Non solo. La redazione di Bloomberg, non contenta, adesso tira fuori un’altra storia da far rizzare i capelli. Tenetevi forte perché tutti noi corriamo il rischio di essere tracciati anche dalle “app” che abbiamo disinstallato.
Dopo aver gettato nel panico gli utenti di Apple e di Amazon, ecco il terrore serpeggiare tra tutti i possessori di tablet e smartphone. La paura cresce di intensità man mano che emergono i flebili ricordi del download e della successiva installazione delle più accattivanti “app” sul proprio dispositivo mobile. In un istante riappare nitida la sequenza delle operazioni compiute, dalla scelta dell’applicazione momentaneamente di interesse fino alla sua eliminazione.
Lo step che affiora distintamente è quello dell’adesione alle richieste di interazione formulate prima che il programma si insediasse sul proprio “device”: l’aver accettato le condizioni categoricamente espresse ha trasformato l’acquisizione della app in un invito al fornitore a “trasferirsi” nel cuore del nostro apparato elettronico. L’aver acconsentito di accedere liberamente a localizzazione geografica, contatti, attività, messaggi, foto e così a seguire equivale sostanzialmente ad aver dichiarato un classico della più generosa ospitalità: “fai come se fossi a casa tua”, espressione tanto magnanima quanto pericolosa.
E così – a scorrere quel che scrive Gerrit de Vynck, brillante reporter tecnologico di Bloomberg News – non c’è da stupirsi se ogni tanto una “app” cancellata qualche giorno prima ridà segni di vita come i peperoni mangiati la sera da un commensale delicato di stomaco. Minuscoli sintomi di riapparizione di un programma installato e poi cancellato perché ritenuto inutile o inefficace sono o – a voler esser più cauti – potrebbero essere “normali”.
Chi sviluppa le “app” conosce perfettamente anche le pieghe più recondite dei sistemi operativi iOS o Android che consentono alle loro creazioni di funzionare regolarmente e, una volta guadagnato l’accesso a un dispositivo con il fatidico clic su “installa” a opera dell’utente, escogitano ogni stratagemma per non perdere un possibile target commerciale. La padronanza del software di base è il primo passo per guadagnarsi una sorta di immortalità, perché garantisce – ad esempio – la possibilità di sapere se l’utente ha eliminato la “app” dal proprio smartphone o tablet e di intervenire successivamente con messaggi promozionali mirati a far tornare il soggetto sui suoi passi e a ottenere la reinstallazione di quanto eliminato.
Il complesso di istruzioni attive sui nostri strumenti elettronici di uso quotidiano include anche i “tracker” di disinstallazione che rilevano l’operato dell’utente e lo segnalano a chi è interessato a intervenire per il “recupero” di chi ha abbandonato l’utilizzo di un certo programma. Tra i maggiori produttori di questi “trucchetti” ci sono Adjust, AppsFlyer, MoEngage, Localytics e CleverTap. Fra i loro clienti annoverano moltissimi fornitori di servizi online e creatori di “app” (Spotify è tra queste realtà).
Il buon Gerrit de Vynck ne parla con cognizione di causa perché Bloomberg Lp, “cugina” del Business Week del medesimo editore, si avvale proprio di Localytics. L’amministratore delegato della software house produttrice di quest’ultimo programma, Jude McColgan, dice di non aver mai visto propri clienti utilizzare quella soluzione per operazioni del genere: questi strumenti nascono per il monitoraggio delle reazioni degli utenti a fronte di aggiornamenti e modifiche alle “app”, ma è facile immaginarne un impiego distorto rispetto le finalità originarie.
Da sempre gli sviluppatori sono stati in grado di utilizzare queste notifiche “silenziose” per sollecitare (con il cosiddetto “ping”) le “app” installate. Questo check avviene a intervalli regolari senza avvisare l’utente: viene fatto per aggiornare una casella di posta o un feed di social media mentre l’applicazione non è attiva sullo schermo del dispositivo ma è in esecuzione in background.
Se la “app” – disattivata – non esegue il ping dello sviluppatore, quest’ultimo a fronte della mancata risposta annota la disinstallazione. Gli appositi strumenti di monitoraggio aggiornano così il file associato all’identificativo univoco abbinato al dispositivo mobile per l’inoltro della pubblicità (dati alla radice degli annunci promozionali sempre precisi sul nostro conto). Questi dettagli consentono di riconoscere facilmente chi detiene il telefono e farcire di pubblicità quel che appare sullo schermo qualunque cosa si stia facendo.
Mentre ci si augura che venga dato un alt a questo genere di pratiche (porre dei limiti serve a poco), arriva una ulteriore scoperta dai contorni… macabri. L’eventuale disinstallazione delle funzioni di tracciamento – a legger bene le condizioni d’utilizzo dei software di impiego quotidiano – può violare le norme d’uso imposte da Apple e Google. Fortunatamente i colossi hi-tech non hanno ancora intrapreso alcuna azione legale, ma in prospettiva potrebbero stupirci anche così.
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Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Il governo non risponde: sta coprendo qualcuno? Se lo sta facendo, ha l'obbligo di dirlo. Questa questione, sappia palazzo Chigi, se Meloni pensa di essere diventata come Trump che firma ordini esecutivi ed è Dio, patria e famiglia, se lo scordi. Il governo rischia di traballare su questa cosa. Noi riteniamo la premier responsabile in toto di questa cosa". Lo dice Angelo Bonelli rispondendo a una domanda sul caso Paragon durante una conferenza stampa di Avs sui referendum.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Abbiamo un sacco di interrogativi e il governo continua a non rispondere. E ci siamo posti anche questa domanda: la sera prima che Casarini" scoprisse lo spyware nel suo telefono, "io ero a cena Luca Casarini e c'erano anche altri parlamentare della Repubblica: mi hanno osservato? Mi hanno spiato?". Lo chiede Nicola Fratoianni nella conferenza stampa convocata da Avs alla Camera sui referendum rispondendo a una domanda su Paragon.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "E' un vero piacere dare il benvenuto a lei e alla delegazione che l'accompagna, la sua presenza a Roma è un onore per la Repubblica italiana e per me è un grande piacere accoglierla nuovamente al Quirinale a distanza di pochi mesi dal nostro ultimo incontro. Ed è una testimonianza delle eccellenti relazioni che vi sono tra Israele e Italia, anche attestate dalla frequenza degli incontri: sono state frequenti le missioni in Israele in questo periodo del ministro degli Esteri Tajani che è anche vicepresidente del Consiglio, a dimostrazione dell'intensità del nostro rapporto e della nostra amicizia". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, incontrando al Quirinale il presidente dello Stato di Israele, Isaac Herzog.
"E' un piacere averla qui, poter dialogare con lei -ha ribadito Mattarella- e scambiare le nostre opinioni con grande franchezza e amicizia e con grande intesa collaborativa".
Mosca, 19 feb. (Adnkronos) - "E' necessario ripulire l'eredità dell'amministrazione Biden, che ha fatto di tutto per distruggere anche i primi accenni alle fondamenta stesse di una partnership a lungo termine tra i nostri Paesi". Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov parlando alla Duma all'indomani dei colloqui di Riad, commentando la possibilità di una cooperazione strategica tra Russia e Stati Uniti e aggiungendo che potrebbero essere create le condizioni per colloqui sulla sicurezza e sulla stabilità strategica tra i Paesi.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Il partito di Giorgia Meloni é nei guai fino al collo e la maggioranza spaccata platealmente come dimostra la dissociazione di Forza Italia dalla conferenza stampa dei suoi alleati. Dagli assetti europei alla guerra in Ucraina allo spionaggio con Paragon, dalle parti di Fratelli d’Italia non sanno dove girarsi e allora attaccano l’ex presidente Conte. Era evidente fin dall’inizio l’intento da parte della destra di usare a fini politici la commissione parlamentare sul Covid, ora il re è nudo”. Così Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - “Stamane alcuni ragazzi sulle scale di Montecitorio hanno gettato dei sacchetti con del cibo che la Gdo cestina ogni giorno per richiamare la nostra attenzione sul Giusto Prezzo e sul fatto che il cibo di qualità sia un privilegio per pochi, al contrario di quello che il Ministro dell’agricoltura Lollobrigida sostiene". Così il capogruppo Pd in commissione Agricoltura e segretario di Presidenza della Camera
"Mentre solo pochi giorni fa dichiaravano sullo spreco alimentare e sull’importanza di evitarlo, oggi che fanno i Presidenti di Camera e Senato? Fontana li accusa di atti vandalici e La Russa lo ha definito un atto vile. Ma ci rendiamo conto? Questi sarebbero atti vili e vandalici? E cosa facciamo noi per alleviare le sofferenze di quei produttori che nonostante l’inflazione e il caro prezzi non ricevono soldi in più? Cosa facciamo per quei consumatori costretti a rinunciare a proteine e carboidrati, al cibo sano e sostenibile perché troppo costoso? E soprattutto cosa diciamo a dei ragazzi che ci richiamano con parole pulite e striscioni corretti a dare delle risposte concrete senza offendere nessuno?".
"La maggioranza e il governo, il ministro Lollobrigida che oggi attendiamo in Aula dovrebbero rispondere su questo non offendere dei giovani innocenti che si preoccupano giustamente del nostro e loro futuro!”.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Picierno è una signora che ogni mattina si sveglia pensando a una sciocchezza da dire sul Movimento 5 Stelle. Picierno è un'infiltrata dei fascisti nella sinistra. Chiede più guerra, più armi, più povertà, più morti: non ha nulla a che vedere con la sinistra. E' un'infiltrata dei fascisti. Cosa ha in comune con la sinistra chi chiede più armi e più povertà? Picierno lo chiede in ogni situazione". Lo ha detto l'eurodeputato M5S, Gaetano Pedullà, a L'Aria che Tira su La7.