Italia Nostra ha lanciato una petizione online, indirizzata a Roberto Fico e Giuseppe Conte, per chiedere che le norme relative alla ricostruzione post-terremoto di Ischia vengano stralciate dal “Decreto Genova” perché sono null’altro che un condono edilizio mascherato, che presenta evidenti aspetti di illegittimità costituzionale. Il decreto è attualmente in discussione alla Camera e verrà votato mercoledì prossimo, per poi passare al Senato. Chiedere lo stralcio di queste norme, contenute nell’articolo 25, è ancora possibile e anzi doveroso.
I condoni non hanno mai calmierato edilizia abusiva in Italia, anzi, hanno sempre ottenuto l’effetto contrario. Una volta sanati gli edifici, la gestione del territorio di queste aree si è sempre rivelata difficile, se non impossibile: basti vedere il degrado delle periferie romane, in larga parte edificate abusivamente e poi condonate. La situazione ischitana è particolarmente intricata perché parte degli edifici abusivi sono stati edificati in aree a vincolo idrogeologico e paesaggistico e non sono sanabili, se non in barba alla più basilare legalità. Ci domandiamo: dopo aver constatato che i condoni non funzionano, perché adesso voler ricostruire le zone terremotate partendo proprio da una ricetta che si è dimostrata disastrosa?
Non vorremmo addentrarci in difficili spiegazioni legali ma bisogna comprendere che l’art. 25 del “Decreto Genova” non si limita a disciplinare la procedura per snellire i procedimenti – ancora giacenti – di condono edilizio sull’isola d’Ischia e così agevolare l’assegnazione dei contributi per la ricostruzione del post terremoto del 2017. Il decreto, invece, stabilisce che le istanze di condono presentate ai sensi del terzo condono (Berlusconi, l. 326/03), la cui proposizione era già inammissibile nelle zone tutelate, divengano d’incanto ammissibili e i proprietari ottengano fondi per la ricostruzione, anche se quelle case che in quei posti non dovrebbero esserci. Inoltre, sia i condoni ammessi dal secondo condono (Berlusconi, l. 724/94), che soprattutto quelli ex l. 326/03, godrebbero di forte sconto sulle sanzioni pecuniarie, applicandosi quelle infinitamente più basse stabilite dalla legge introduttiva del primo condono (Craxi, l. 47/85). Infine, vengono condonati anche “i grandi abusi” (con volume superiore ai 750 metri cubi, all’incirca 250 metri quadrati) che il secondo condono escludeva, in quanto limitava la sanatoria solo agli “abusi di necessità”.
Chi a suo tempo ha inoltrato un’improponibile domanda per gli abusi compresi tra il 1994 e il 2003 ben sapeva di non poterla presentare, in quanto il condono era del tutto inammissibile secondo la stessa legge. Detti soggetti – oggi premiati! – lo fecero principalmente per bloccare gli effetti delle ordinanze di demolizione, in quanto la legge stabilisce che solo all’esito negativo dell’istanza possa procedersi ad abbattere l’abuso: è questa la ragione per la quale non si è mai demolito nulla, con la sfacciata complicità dei Comuni che da anni lasciano dormire le domande negli armadi e delle Regioni che non attivano le procedure sostitutive fissate dalle leggi.
Ci dispiace che per tacitare le nostre obiezioni si sventoli il feticcio degli “abusi di necessità”. Sarebbe invece necessario affermare senza mezze misure che l’unico modo per venire incontro alle esigenze dei senza tetto è il finanziamento di un serio piano di edilizia popolare. Infatti, la verità è che il condono beneficia principalmente i furbi e non viene incontro alle necessità abitative dei più deboli, coloro che hanno realmente bisogno di una casa. Per spiegare questa affermazione basta ricordare che la legge consente ai notai di rogitare gli atti di vendita di un immobile anche abusivo, purché all’atto stesso sia allegata la copia della domanda di condono. È esemplare il caso dei 74 fabbricati abusivi a Castelnuovo – 450 abitazioni, valore commerciale intorno ai 50 milioni di euro – che si scoprì essere stati venduti con documenti falsificati e che in realtà mai erano state esaminati dagli uffici tecnici comunali. Solo alcuni di quegli edifici furono demoliti, ma i reati penali… tutti prescritti!
Questo governo del “cambiamento” avrebbe l’opportunità storica di prendere di petto la questione dell’abusivismo edilizio facendo del caso ischitano un esempio di buon governo, trasformando una tragedia annunciata in una grande occasione per il riassetto razionale del territorio, rilanciando il primato della pianificazione paesaggistica e territoriale. Non si può infatti dimenticare che proprio la scarsa qualità dell’edificato, costruito abusivamente nelle aree interessate da vincolo idrogeologico e paesaggistico, ha amplificato gli effetti disastrosi dell’evento sismico del 21 agosto 2017. Perché curare il male con una ricetta così nefasta?
Un’ultima considerazione. Perché in gran parte del Bel Paese non si demoliscono gli abusi? Secondo procedura dei Tribunali, il giudice che mette finalmente in esecuzione una sentenza di demolizione incarica un tecnico per verificare innanzitutto la convenienza a utilizzare uomini e mezzi del Genio Militare. Il povero tecnico riferirà sistematicamente che resta più conveniente affidare la demolizione alle procedure “ordinarie” per le quali occorre espletare una regolare gara d’appalto e utilizzare i prezzari fissati dal Genio civile regionale, pur impelagandosi in ulteriori complicazioni per via della indispensabile collaborazione dei Comuni, già inadempienti. E perché non demolire con il Genio Militare, dando a tutti la concreta contezza della presenza dello Stato? È presto detto: il tariffario dei lavori edili del Genio Militare ancora vigente è quello concordato con un protocollo del 1995, mai revocato, tra un ministro ai Lavori Pubblici (della Lega) e uno alla Difesa (di Forza Italia), che mediamente triplica i prezzi dei tariffari degli uffici regionali del Genio civile ed esclude la demolizione delle opere in sottosuolo (fondazioni, volumi interrati, ecc) e addirittura la bonifica e lo smaltimento delle macerie.
Il Fatto Quotidiano ha spiegato meritoriamente che di condono si tratta e anche altre associazioni, oltre a Italia Nostra, si sono appellate al Parlamento con le medesime osservazioni.
Per questi motivi vi chiediamo di sottoscrivere la petizione qui