Esistono ancora gli “spretati”? E se esistono come vivono? In un tempo in cui si parla spesso di “sbattezzo”, ovvero di coloro che chiedono di essere cancellati dal registro parrocchiale dei battesimi per proclamare pubblicamente il loro rifiuto della fede cattolica, sembra sia passato in secondo piano il problema posto dai preti sposati. Preti che hanno lasciato il sacerdozio per mettere su famiglia come nel recente caso di un parroco di Ischia. Nell’ultimo venerdì della misericordia del Giubileo straordinario, Papa Francesco ha visitato sette famiglie di altrettanti preti sposati. Un segnale eloquente che questi uomini non sono stati abbandonati dalla Chiesa, o per meglio dire non lo sono più.
Un tema, quello del celibato dei preti, che è tornato recentemente al centro del dibattito grazie alle parole del Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che ha affermato: “Sono convinto che occorra oggi interrogarsi se il celibato sia vissuto in tutte le sue potenzialità e se sia apprezzato e valorizzato in ciascuna Chiesa particolare. Non mi aspetterei nessun drastico cambiamento su questo aspetto, se non in un’ottica di un suo graduale approfondimento a beneficio del popolo di Dio e in particolare dell’esigenza principale della fede: l’annuncio del Vangelo all’uomo”.
Il vaticanista del Tg2, Enzo Romeo, ha voluto approfondire le radici del problema fotografando lo scenario attuale del celibato sacerdotale. Ne è nata un’inchiesta voluminosa e sotto molti aspetti inedita pubblicata nel volume Lui, Dio e lei (Rubbettino). La forza del lavoro di Romeo sta innanzitutto nell’aver analizzato il problema del celibato sacerdotale da più punti di vista. Nel libro, infatti, c’è la prospettiva di uno “spretato”, ovvero di Gianni Gennari che firma l’introduzione, ma anche quella delle donne, dei missionari, dei preti sposati di rito orientale sempre appartenenti alla Chiesa cattolica, dei diaconi, dei vescovi. Tante storie, tanti volti, tante gioie ma soprattutto sofferenze che fanno percepire il dramma autentico di chi ha dovuto lasciare tutto due volte: prima per essere ordinato prete e poi per ritornare laico.
“La Chiesa cattolica latina – scrive Romeo – chiede all’aspirante presbitero di riconoscere il celibato, dopo matura e prolungata riflessione, necessaria condizione per essere ordinato. È un’imposizione o una scelta? Entrambe, forse. Certamente per il monaco o il religioso, a differenza del sacerdote diocesano, il celibato è una vocazione propria e speciale. I voti di povertà, castità e obbedienza sono una risposta a questa vocazione, a cui la persona sente di poter rispondere in libertà dopo un discernimento che dura molti anni e passa attraverso le fasi del postulandato e del noviziato, fino ai voti temporanei. In attesa che in ambito cattolico si sviluppi un dibattito più pressante sulla riforma del ministero ordinato, una domanda legittima riguarda il rapporto preti-donne all’interno delle comunità. È libero e spontaneo o pesa il lungo passato in cui vigeva l’equazione donna uguale peccato? Quanti preti, ancora oggi, potrebbero accettare ‘una donna per amico’ senza essere considerati imprudenti o rischiare effettivamente di cadere in una trappola sentimentale?”.
Domande alle quali Romeo risponde attraverso le storie dei numerosi testimoni che hanno accettato di mettersi a nudo nel volume. Ma anche attraverso esperienze concrete di prossimità di numerosi vescovi, proprio sulla scia del gesto compiuto da Bergoglio durante l’Anno Santo. “L’arcivescovo di Ascoli, Giovanni D’Ercole – scrive Romeo -, racconta dell’incontro a casa sua con un gruppo di preti sposati, tra cui alcuni vecchi compagni di sacerdozio. ‘Una serata trascorsa tra amici, in cui è nato il desiderio di recuperare uno spazio di ascolto per presbiteri che lungo il loro cammino hanno scelto per varie ragioni un sentiero diverso’. Il gruppo si è rivisto in maniera informale ad Ascoli per prendere parte all’eucaristia domenicale in cattedrale e celebrare, insieme ai fedeli, un ‘giubileo di preti sposati’. ‘Un modo per offrire a sacerdoti che si sentono emarginati l’opportunità di varcare la Porta della Misericordia con un pastore che li accoglie, pur senza ufficialità’”.
Per D’Ercole “alcuni condannano a prescindere i preti che lasciano il ministero, altri ritengono che abbiano fatto la scelta migliore, altri ancora – e tra questi anche il sottoscritto – si fermano a dialogare e a cercare insieme di capire cosa il Signore chiede alla Chiesa in questo tempo di grande cambiamento. Un dato è certo: ci sono tanti fratelli sacerdoti, giovani e anziani, che scelgono a un certo punto di lasciare il ministero e si avviano per altri sentieri, ma molti di loro desiderano ardentemente continuare a servire il Vangelo e la Chiesa. Che fare?”. L’inchiesta di Romeo è uno strumento prezioso per trovare le risposte.