Entrata in vigore ritardata rispetto a quella della legge di Bilancio. Il governo vuole evitare il rischio di un’emorragia di lavoratori dalla pubblica amministrazione con conseguente scopertura di servizi essenziali come scuola e sanità. E fa i conti sul possibile risparmio tenendo ancora al lavoro i travet in attesa dei nuovi concorsi
Come il reddito di cittadinanza, misura bandiera dei 5 Stelle, anche la “quota 100” per andare in pensione caldeggiata dalla Lega sarà disciplinata da un disegno di legge collegato alla manovra. L’entrata in vigore sarà dunque ritardata rispetto a quella della legge di Bilancio, che va approvata entro fine anno. Nella bozza di manovra che circola in questi giorni, l’attuazione degli interventi in materia pensionistica è rinviata a “appositi provvedimenti normativi”. E fonti di maggioranza hanno confermato che nel testo rimarrà solo lo stanziamento (6,7 miliardi nel 2019, 7 miliardi dal 2020). A complicare la stesura della misura anche il nodo del pubblico impiego, per il quale si profila una norma ad hoc per l’uscita dal lavoro con la pensione anticipata.
L’annuncio di un intervento differenziato per gli statali è arrivato dalla ministra della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno che, confermando le indiscrezioni circolate in questi giorni, ha sottolineato la necessità di “garantire la continuità dell’azione amministrativa” e spiegato che si sta valutando l’introduzione di un preavviso per chi raggiunge i requisiti e decide di andare in pensione anticipata. In pratica il governo da una parte vuole evitare il rischio di un’emorragia di lavoratori dalla pubblica amministrazione – con conseguente scopertura di servizi essenziali nella scuola, la sanità, l’Inps – dall’altra fa i conti sul possibile risparmio tenendo ancora al lavoro i travet in attesa dei nuovi concorsi.
Dai dati del governo nel complesso le persone potenzialmente interessate all’uscita nel 2019 con quota 100 e con il blocco dell’adeguamento dei contributi all’aspettativa di vita (lasciandoli fermi a 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne) sono circa 380.000 e tra questi circa il 40% nel settore pubblico. Uno studio della Cgil calcola invece in circa 500.000 persone la platea che fino al 2021 potrebbe uscire con le nuove regole, con il rischio di mandare in tilt settori vitali come quello della sanità. Cifre che potrebbero cambiare se l’accesso con quota 100 (con i paletti a 62 anni di età e 38 di contributi) dovesse essere solo temporanea. Ma l’impatto sul settore pubblico sarà comunque forte. Solo all’Inps, secondo calcoli diffusi dal presidente del Civ dell’Istituto, Guglielmo Loy, potrebbero andare in pensione con le nuove regole 4.580 lavoratori, poco meno del 20% del personale dell’Istituto. Anche nella sanità l’età media è molto alta e secondo la Cgil entro il 2021 potrebbero avere i requisiti per l’uscita oltre 220.000 dipendenti, quasi un terzo del totale.
L’obiettivo del governo è fare rapidamente nuovi concorsi. Al momento in molti settori il personale è ai minimi termini. Negli ultimi 15 anni – si legge in uno studio della Fp-Cgil sui dati della Ragioneria dello Stato – nella pubblica amministrazione si sono persi 270.000 posti, 40.000 delle quali nella sanità, a causa del blocco del turn over. “Non permetterò – sottolinea la ministra Bongiorno – che si svuotino gli uffici perché sto facendo una norma che si chiama concorsi sprint. Un concorso deve durare tre o quattro mesi, non può durare un anno e mezzo. Dopodiché anziché fare ogni Comune un concorso visto che chi entra nella Pubblica amministrazione entra per tutta la vita, sarebbe meglio fare dei concorsi unici con criteri omogenei”.