Tecnologia

Obsolescenza programmata, sette motivi per cui l’Italia ha fatto bene a multare Apple

Il garante italiano dei consumatori ha imposto una sanzione di 10 milioni alla Apple e cinque milioni a Samsung. L’Antitrust si è avvalsa del Nucleo speciale della Guardia di Finanza per svolgere un’indagine sulla pratica dell’obsolescenza programmata. L’indagine ha accertato che entrambi i colossi hanno indotto i consumatori ad aggiornare il firmware dei rispettivi smartphone causando gravi disfunzioni e riduzioni nelle prestazioni. Gli smartphone vittima dell’obsolescenza programmata sono 6, 6Plus, 6s e 6sPlus e 6s/6sPlus sul versante Apple, e il Galaxy Note 4 sul versante Samsung.

L’Italia ha fatto bene a multare in particolar modo la Apple per almeno sette motivi:

1. L‘assenza di una corretta informazione. Fino al dicembre 2017 Apple non ha informato adeguatamente i consumatori circa le caratteristiche delle batterie al litio degli iPhone. È il motivo per cui l’azienda di Cupertino è stata multata il doppio di Samsung, perché ha violato anche l’articolo 20 del Codice del consumo. Ha impedito ai clienti di comprendere come conservare a pieno le funzionalità degli smartphone.

2. La sospetta difesa dell’azienda. Nel dicembre 2017 Apple ha pubblicato una nota sul proprio sito per giustificare l’obsolescenza programmata, arroccandosi su tesi che non hanno convinto del tutto l’opinione pubblica. Apple ha infatti comunicato che la riduzione delle prestazioni dovute all’aggiornamento del software iOS 10.2.1 fosse il prezzo da pagare per “evitare arresti improvvisi” del sistema. Dal punto di vista tecnico quella di Apple è una spiegazione plausibile. Dal punto di vista morale fa sospettare che la spiegazione sia arrivata solo una volta esploso il malcontento popolare in giro per il mondo, perché attribuisce alla difesa della Apple il pericoloso retrogusto di una mera copertura mediatica.

3. La remunerativa assistenza tecnica. Nella stessa nota del dicembre 2017 Apple ha comunicato uno sconto sulla sostituzione delle batterie degli iPhone malfunzionanti (29 dollari negli States). Quando i consumatori hanno infatti iniziato ad avere problemi con le batterie si sono rivolti ai centri di assistenza per trovare una soluzione. Tutti i clienti scoperti da garanzia legale hanno dovuto pagare di tasca propria un’assistenza tecnica molto salata (79 dollari). Come se non bastasse, dal primo gennaio 2019 la sostituzione costerà di più (49 dollari).

4. Il precedente in Francia. Nel gennaio 2018 un gruppo di consumatori in Francia, Hop, ha denunciato l’obsolescenza programmata degli smartphone Apple. In un comunicato la co-fondatrice di Hop, Laetitia Vasseur, ha affermato che la pratica è “orchestrata per costringere i consumatori a comprare nuovi smartphone i quali, giusto per inciso, costano fino a 1.200 euro, più del salario minimo mensile”. In Francia la legge Hamon stabilisce dal 2015 che se un’azienda accorcia volontariamente la vita dei propri prodotti può subire una multa pari al 5% delle vendite annuali, e incarcerare i dirigenti fino a due anni.

5. L’attacco all’Italia. Le community on line in cui si riuniscono gli adepti della Apple, come MacRumors, stanno attaccando in massa l’Italia provando a invertire l’onere della prova. Non sarebbe infatti Apple a dover rispondere delle accuse, ma l’Italia a dover dimostrare di non aver messo in scena tutta questa indagine per sopperire alla bocciatura della propria manovra economica da parte della commissione europea. Che l’Italia non sia il Paese più cristallino e organizzato del pianeta Terra non ci sono dubbi. Ma questo nulla toglie alla solidità delle ragioni che stanno dietro la sanzione imposta alla Apple.

6. Il supporto dagli Stati Uniti. Il 23 ottobre 2018, cioè esattamente un giorno prima che esplodesse la notizia della sanzione italiana, uno dei principali podcast del mondo, The Joe Rogan Experience, ha intervistato Marques Brownlee sul tema dell’obsolescenza programmata della Apple. Brownlee è uno dei più seguiti youtuber di tecnologia al mondo nonché editor per riviste tech di prestigio come The Verge. L’intervistato ha dunque illustrato che da anni esiste un’evidente differenza tra l’esperienza degli utenti e la narrazione idilliaca della Apple, la cui politica principale è “favorire il design rispetto all’usabilità”, la vendita compulsiva rispetto alla conservazione.

7. L’adorazione degli adepti Apple. La creatura di Steve Jobs ha un brand solido perché l’azienda di Cupertino viene percepita come una divinità, e in quanto tale suscita adorazione da parte di molti dei suoi adepti. I negozi Apple sono bianchi perché devono rievocare la purezza del paradiso, e comprare un iPhone è un atto di fede. Dal punto di vista dell’azienda non è importante che il prodotto funzioni per anni: l’importante è che il prodotto sia bello e faccia sentire bene i consumatori, perché un consumatore felice tornerà a comprare. Ebbene, indagini come quella in Italia hanno il merito di dare uno scossone a questo fenomeno collettivo di adorazione divina. Perché credere è lecito. Ma smettere di dubitare è pericoloso.