La sua vicenda è stata denunciata da Arcigay L’Atomo di Piacenza e dal Telefono Rosa, ed è stata resa pubblica dal quotidiano locale La Libertà: "Lo stesso tutor, che avrebbe dovuto insegnargli le mansioni, ha messo in atto un atteggiamento persecutorio"
Prima insultato e poi licenziato perché omosessuale. È il racconto di un 28enne di Piacenza, assunto in una nota azienda locale a settembre attraverso un’agenzia interinale. La sua vicenda è stata denunciata da Arcigay L’Atomo di Piacenza e dal Telefono Rosa, ed è stata resa pubblica dal quotidiano locale La Libertà. “Lo stesso tutor, che avrebbe dovuto insegnargli le mansioni, ha messo in atto nei confronti del ragazzo un atteggiamento persecutorio – spiega Arcigay – esplicitamente riferito al suo orientamento sessuale”. “‘Se è vero che sei gay ti investo con il muletto’, è una delle frasi che sono state rivolte al giovane, in presenza di testimoni. Poi è arrivata la marginalizzazione del lavoratore e infine il licenziamento”, come ha raccontato il 28enne all’associazione.
“È assolutamente grave e sconfortante – commenta Gabriele Piazzoni, segretario nazionale Arcigay – che in luogo di lavoro, nel quale esistono precise norme contro le discriminazioni per orientamento sessuale, una persona debba subire questi episodi persecutori, solo perché omosessuale. Non parliamo di un’eccezione, di eccezionale in questa vicenda c’è solo il coraggio del ragazzo che anziché subire e vergognarsi ha deciso di denunciare pubblicamente l’accaduto. Di solito, l’evidente condizione di disparità alla quale sono sottoposti i lavoratori, li costringe al silenzio, a sopportare gli insulti pur di mantenere il posto di lavoro. La questione è molto seria e in un momento in cui nel dibattito pubblico si discute di occupazione in termini esclusivamente quantitativi, sarebbe ora che ci si occupasse anche del livello qualitativo. Il lavoro dovrebbe dare dignità e non toglierla”.
“Ringraziamo allora il 28enne piacentino per il coraggio della sua denuncia e gli trasmettiamo tutta la nostra solidarietà”, continua il segretario nazionale Arcigay. “Ma nel frattempo chiediamo anche al Ministro del Lavoro, il vicepremier Luigi Di Maio, di non trattare l’occupazione come una questione aritmetica, in cui contano solo i numeri. Il lavoro che umilia non è lavoro: questo Paese ha bisogno non solo di occupazione ma di buona occupazione, di luoghi di lavoro dignitosi e non violenti, in cui le persone lgbti non siano costrette a rendersi invisibili o peggio ancora a rinunciare alla propria occupazione. Perché il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici è la prima leva di crescita da attivare in un Paese che ancora fatica a uscire da una lunga ed estenuante crisi”, conclude Piazzoni.