L’agenzia Standard&Poor’s conferma il rating dell’Italia a BBB. Ma l’outlook è rivisto al ribasso da stabile a negativo, il che significa che il giudizio potrà essere tagliato nei prossimi mesi. Le motivazioni? S&P “non si aspetta più” che il debito italiano rispetto al Pil continui a calare, afferma l’agenzia, sottolineando come a suo avviso il documento programmatico di bilancio del governo gialloverde si basi su previsioni di crescita troppo ottimistiche. Secondo Standard&Poor’snel 2019 e 2020 il pil crescerà solo dell’1,1% (in precedenza aveva previsto una crescita dell’1,4 per cento per tutti e due gli anni), molto sotto le previsioni del ministero dell’Economia che puntano su un +1,5 per cento. Non solo: secondo l’agenzia il deficit italiano si attesterà nel 2019 a circa il 2,7% del Pil contro il 2,4% fissato come è noto dal governo, livello già molto oltre gli accordi presi con la Commissione Ue.
Le reazioni – Dal governo italiano il primo commento è del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini: “E’ un film già visto – dice – Le agenzie di rating non si sono accorte della crisi mondiale? In Italia non saltano né banche né imprese“. Non sembra sorpreso nemmeno l’altro vicepremier, Luigi Di Maio: “Le agenzie di rating – sottolinea – non misurano il benessere dei cittadini di un Paese, ma chi aspettava Standard&Poor’s per continuare a remare contro il governo oggi ha avuto una brutta sorpresa: il rating dell’Italia è stato confermato. Andiamo avanti! Il cambiamento sta arrivando”. Positivo anche il premier Giuseppe Conte: “Riteniamo che questo giudizio sia corretto alla luce della solidità economica del Paese: l’Italia è la settima potenza industriale al mondo e la seconda manifattura Ue. La competitività delle imprese ci permette di avere un surplus commerciale consistente e il risparmio delle famiglie è solido”, si legge in una nota. “Sulla decisione di portare in negativo l’outlook e su alcuni giudizi negativi sulla manovra economica, siamo fiduciosi che mercati e istituzioni internazionali comprenderanno la bontà delle nostre misure”, ha aggiunto il premier.
Le critiche alla manovra – L’agenzia di rating sottolinea che “la nuova coalizione di governo ha preso misure che riteniamo aumentino sostanzialmente l’incertezza politica” perché i piani del governo hanno portato a un “confronto” con le istituzioni interne ed europee, ma sottolinea di non attendersi che il governo metterà in dubbio l’appartenenza italiana all’area euro. Per l’agenzia pesa piuttosto il fatto che “lo stimolo legato alle misure” contenute nella manovra 2019 “potrebbe rivelarsi di breve durata – tranne che per il previsto aumento degli investimenti pubblici – soprattutto dal momento che non sembrano esserci ulteriori riforme strutturali in grado di aumentare la crescita dell’economia” italiana. Per contro S&P prevede che il deficit italiano si attesterà nel 2019 a circa il 2,7 per cento del Pil contro il 2,4 del governo. Quanto al debito, prosegue S&P, il governo ha deciso di annullare in parte la legge Fornero: dato l’importante cambiamento demografico in corso in Italia, spiegano gli analisti, “la misura del governo, se attuata in pieno, invertirà a nostro avviso i guadagni della precedente riforma e minaccia la sostenibilità di lungo termine dei conti pubblici”. Standard&Poor’s dedica un altro dei passaggi della sua valutazione all’aumento dei rendimenti sui titoli di Stato italiani ha effetti negativi sull’accesso delle banche ai finanziamenti sul mercato dei capitali: “Un ulteriore aumento dei rendimenti potrebbe ridurre la capacità delle banche di finanziare l’economia italiana”.
Il giudizio di S&P è simile a quello di alcune settimane fa di Fitch che aveva confermato il rating dell’Italia (anche in quel caso BBB), rivedendo l’outlook da stabile a negativo per via del debito pubblico italiano molto elevato. A tagliare il rating, invece, era stata Moody’s che aveva declassato l’Italia da Baa2 a Baa3 (con l’outlook stabile), cioè a un solo gradino dal rating “junk” che in inglese significa “spazzatura”.
Le agenzie di rating – vale la pena ricordarlo – sono istituti che danno la “pagelle” agli enti (aziende, istituzioni ma anche Stati) che emettono strumenti finanziari. L’obiettivo è valutarne la stabilità finanziaria e di conseguenza la possibilità che quello strumento venga ripagato, per permettere così agli investitori (cioè chiunque compera titoli come bond o azioni) di fare scelte ponderate. Dopo essere stata analizzata la capacità di credito viene classificata su una scala standardizzata, divisa in diversi “notch” o gradini.
Le principali agenzie sono le americane Standard&Poor’s, Moody’s, Fitch, la cinese Dagong e la canadese Dbrs (che ha dato un “BBB high”, confermando la valutazione con outlook stabile). Le scale di valutazione di solito partono dalla tripla AAA, cioè la massima sicurezza del capitale, e terminano con la D, cioè il default, quando il capitale è dato praticamente per perso. In mezzo alla scala c’è una linea di confine, quella dell’investment grade, sotto cui l’investimento viene giudicato altamente speculativo, e dove per policy la maggior parte dei fondi non speculativi non può investire. In passato la affidabilità del giudizio delle agenzie è stato messo in passato in discussione, come quando a Lehman Brothers venne riconosciuta affidabilità fino a pochi giorni prima del suo fallimento.