Il governo getta la spugna: il gasdotto verrà completato e arriverà a San Foca, in provincia di Lecce. Il premier prova a rassicurare le comunità locali, che da anni avversano l'infrastruttura: "Strada senza via d'uscita: ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica. Prometto un'attenzione speciale per le comunità locali, la meritano". Di Maio: "Penali insostenibili". Salvini: "Avanti con i lavori". Opposizioni contro il M5s: "Ha preso in giro gli elettori". Malumori tra gli eletti nel Movimento, non solo pugliesi. Il sindaco di Melendugno: "Ce ne ricorderemo"
Il Tap non verrà fermato dal governo. La costruzione del gasdotto proseguirà e l’opera verrà completata con approdo a Melendugno, in provincia di Lecce. A gettare la spugna in una lettera indirizzata ai sindaci pugliesi interessati dal passaggio dell’infrastruttura che collegherà Azerbaijan e Italia è il premier Giuseppe Conte: “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, ma fermare l’opera comporterebbe costi insostenibili“. “Abbiamo fatto un’istruttoria per due mesi, abbiamo verificato tutti gli aspetti di quell’opera e ci sono fino a venti miliardi di euro di penali da pagare, cioè più del reddito di cittadinanza e di quota cento insieme. È questo il problema”, ha spiegato poi il ministro del Lavoro e vicepremier Luigi Di Maio.
Finisce così una delle battaglie storiche del Movimento Cinque Stelle, che si è sempre battuto per contrastare l’opera e nella primavera dello scorso anno aveva assicurato di poterla “fermare in due settimane”. E ancora a settembre con il vicepremier Luigi Di Maio ribadiva: “Eravamo e restiamo NoTap”. Ma la sensazione che il via libera fosse solo una questione di tempo era forte da luglio, quando rassicurazioni erano state fornite proprio dal presidente del Consiglio a Donald Trump durante un bilaterale alla Casa Bianca. Dopo l’ultima verifica sulla documentazione da parte del ministero dell’Ambiente, è arrivata la decisione definitiva.
“Abbiamo fatto di tutto” – “Gli atti sono legittimi”, ha scritto Sergio Costa a Conte ricordando come solo su quello bisogna basare le decisioni. E dopo aver letto la relazione del ministro, il premier ha ufficializzato la decisione: “Mi ero impegnato con le autorità locali e con i rappresentanti delle comunità territoriali, ivi compresi i parlamentari eletti in Puglia, ad effettuare un rigoroso controllo delle procedure di realizzazione dell’opera al fine di verificare tutti i profili di eventuale illegittimità che erano stati segnalati”, ricorda il premier. “Avevo altresì preannunciato che se avessimo riscontrato tali profili di illegittimità non avremmo esitato ad assumere tutti i conseguenti provvedimenti, compresa la decisione di interrompere i lavori – spiega – Da quando ci siamo insediati abbiamo fatto quello che non è mai stato fatto in precedenza. Abbiamo effettuato un’analisi costi-benefici, abbiamo dialogato con il territorio, abbiamo ascoltato le istanze e studiato i documenti presentati dalle autorità locali”.
I malumori nel Movimento – “Vendiamo l’anima alla Lega”, è uno degli sms che rimbalza su alcuni cellulari dei parlamentari M5S più imbestialiti per il via libera, secondo quanto riporta l’Adnkronos. A fremere non sono solo gli eletti salentini ma da tutto il Paese, “perché il ‘vaffa’ alla Tap era una nostra bandiera, ma la sacrifichiamo all’altare di un governo che ci sta cannibalizzando…”, lamenta un deputato campano. Sempre secondo quanto riporta l’agenzia di stampa, alcuni parlamentari, in queste ore, valutano di tirarlo in ballo Beppe Grillo, chiedendogli un intervento diretto “per salvaguardare il Movimento”. “Dopotutto – ragiona una deputata pugliese – Grillo è il nostro garante. E se è pur vero che ora siamo al governo, è altrettanto vero che questa è una battaglia del M5S”. Lo scorso week end, proprio il fondatore dal palco della festa al Circo Massimo aveva detto: “Vogliamo il gas che passa sotto quei cazzo di ulivi della Puglia o non lo vogliamo?”.
Conte: “Fermarla costa decine di miliardi” – Non ci sono spazi di manovra, assicura il presidente del Consiglio: “Ad oggi non è più possibile intervenire sulla realizzazione di questo progetto che è stato pianificato dai governi precedenti con vincoli contrattuali già in essere. Gli accordi chiusi in passato ci conducono a una strada senza via di uscita“. Perché “non abbiamo riscontrato elementi di illegittimità” e “interrompere la realizzazione dell’opera comporterebbe costi insostenibili, pari a decine di miliardi di euro“. In ballo, sottolinea il premier, “ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica“. Ora però, conclude, “è arrivato il momento di operare le scelte necessarie e di metterci la faccia. Prometto un’attenzione speciale alle comunità locali perché meritano tutto il sostegno da parte del Governo”.
Di Maio: “Quelli di prima l’hanno blindato bene con le penali” – “Questo non vuol dire che abbasseremo la guardia, noi staremo attentissimi a quello che succederà con quest’opera”, ha aggiunto. “C’è addirittura una parte del cantiere sequestrato dalla Procura e non si faranno sconti a nessuno. Il tema vero è che dalle analisi che abbiamo fatto nell’istruttoria ci sono almeno venti miliardi di penale da pagare cioè che quelli di prima l’avevano blindata bene per fare in modo che, nonostante la sconfitta alle elezioni, potesse andare avanti”.
I capigruppo M5S: “Stop sarebbe danno economico per il Paese” – “Stoppare la Tap ci costerebbe miliardi di euro. Inoltre tutte le verifiche disposte dal governo non hanno fatto emergere alcuna irregolarità nelle procedure di autorizzazione dei lavori, il cui via libera alla realizzazione dell’opera, ricordiamo, è stato dato dai precedenti governi. Noi oggi ci ritroviamo davanti a contratti che se non venissero rispettati ci porterebbero a pagare cifre esorbitanti. Di sicuro vigileremo affinché l’iter dei lavori non arrechi danni alla comunità locale”, hanno detto Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, capigruppo M5S alla Camera e al Senato.
I comitati: “Andate a casa” – Dunque il gasdotto si farà, con buona pace del Movimento No Tap che nelle ultime settimane aveva pesantemente attaccato il governo ricordando le rassicurazioni delle scorse settimane e parlando di “tradimento” da parte degli esponenti pentastellati. Alle penali e ai risarcimenti danni evocati da Conte non crede la comunità salentina, anche perché – dicono da più parti – non sono mai state né quantificate né documentate. E quindi chiedono le dimissioni, perché la giravolta dei pentastellati rispetto alle promesse elettorali è ritenuta insostenibile. “Una perdita di tempo, una presa in giro per calmare gli animi”, dice Gianluca Maggiore, leader del movimento No Tap. “È chiaro – dice – che la nostra battaglia continuerà, come è chiaro che tutti i portavoce locali del M5S che hanno fatto campagna elettorale qui e che sono diventati addirittura ministri grazie ai voti del popolo del movimento No Tap, si devono dimettere adesso“. Il leader NoTap conclude: “Noi siamo qui, sui luoghi della Tap ad aspettare. Vogliamo vedere se gli eletti pentastellati saranno dalla parte della popolazione dimettendosi, o dalla parte di chi vuole imporre l’opera con la forza“.
Il sindaco di Melendugno: “Ce ne ricorderemo” – “Non abbiano chiesto a Conte o alla ministra Lezzi di essere i dottori dei nostri dolori. Ci cureremo da soli le nostre ferite, sapremo rialzarci e continuare a combattere. Conte con questo atteggiamento avalla quella che sarà una follia ingegneristica e la distruzione di un intero territorio. Nel Salento se lo ricorderanno bene“, attacca il del sindaco di Melendugno, Marco Potì. Dicendosi “deluso e amareggiato”, l’amministratore locale più coinvolto dalla costruzione del gasdotto se la prende con il premier: “Sono ancora più deluso dalle dichiarazioni di Conte, che parla di ristori per le comunità e di vicinanza ai territori. Il primo ministro può starsene a Roma. Le comunità di questi territori – conclude – non vogliono essere ristorate, né vogliono vicinanza, perché non hanno trovato in questo Governo e nelle forze politiche che lo sostengono il coraggio e la volontà politica di cambiare rispetto a quest’opera verso cui si è dichiarato sempre e totalmente la contrarietà. Sono deluso da questa fretta e superficialità nel voler liquidare queste criticità che conoscevano bene tutti, specie i ministri e i deputati salentini del M5S”.
Salvini: “Avanti”. Pd: “È Ilva 2 la vendetta” – Già sabato, nel punto dove dovrebbero riprendere i lavori per la costruzione del micro-tunnel, è prevista una manifestazione del Comitato No Tap. E che la multinazionale possa aprire il cantiere nel mar Adriatico in tempi brevissimi è l’auspicio di Matteo Salvini, che negli scorsi mesi aveva incontrato l’ambasciatore di Tap, Tony Blair, e ripetuto più volte la necessità di andare avanti: “Avere l’energia che costerà meno a famiglie e imprese è fondamentale, quindi avanti coi lavori“, ha detto subito dopo l’annuncio di Conte. La svolta decisa dal governo porta le opposizioni a criticare il M5s, che ha sempre contrastato la realizzazione del gasdotto. La capogruppo di Forza Italia, Maria Stella Gelmini, parlando di “un’ottima notizia” attacca: “Il M5s sapeva di non poter bloccare il gasdotto, ma in Puglia ha fatto la campagna elettorale gridando NoTap, prendendo in giro i cittadini. Che dice Alessandro Di Battista?”. Mentre il coordinatore regionale della Puglia e deputato Mauro D’Attis ironizza: “Frode ai danni degli elettori. Una fattispecie di reato che se esistesse porterebbe alla denuncia da parte di centinaia di migliaia di elettori che hanno votato il M5S”. Per il capogruppo Pd nella commissione Ambiente, Andrea Ferrazzi, “si ripete per Tap il film visto con l’Ilva. I 5Stelle dovranno rispondere ai loro elettori delle bufale raccontate in campagna elettorale. Prossima puntata la Tav, poi il Brennero”. Per l’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, “Tap è Ilva 2 la vendetta – scrive su Twitter – E adesso Luigi Di Maio piantiamola con le perdite di tempo e le sceneggiate e andiamo avanti. Grazie”.