Dopo avervi raccontato della mia prima volta con una prostituta, oggi penetriamo – e il verbo pare pure pertinente – più in profondità nel peccaminoso, perché dovevo o non dovevo recuperare il terreno perduto e fare la mia gavetta sessuale?
Prima di seguire le orme di quel vecchio sporcaccione di Charles Bukowski, tengo a chiarire che l’esemplare di disabile per fare sesso non ha come unica strada la prostituzione, ma anche quella canonica. Tuttavia la disabilità in questo è d’ostacolo, come lo è stata per me: d’ostacolo ad avvicinare l’altro sesso e d’ostacolo per quest’ultimo su come porsi dinnanzi a una condizione strappalacrime. Perché quasi in automatico scatta la molla dell’affetto amicale escludendo a priori altre ipotesi ben più interessanti per chi la disabilità la porta con sé. Ovviamente, colui che versa sulla carrozzina deve fare la propria parte.
Ma torniamo a luci rosse, andiamo indietro di diversi anni e rechiamoci in Svizzera, la patria del cioccolato, della puntualità e dei bordelli come Dio comanda, ovvero legalizzati. Accompagnato da alcuni amici raggiungo un’anonima palazzina con tanto di sorprese all’interno, che neanche l’ovetto Kinder.
Entriamo, paghiamo le consumazioni e percorriamo una sorta di corridoio con ai lati una fila (ho scritto “fila”, giusto?) di magnifici corpi femminili svestiti, degni delle conigliette del defunto Hugh Hefner: prendiamo da bere, perché altrimenti le cortigiane non si avvicinano. Dopodiché alcune rimangono indifferenti; altre restano timorose e si tengono a debita distanza; altre ancora sorridono come a dire: “Se vuoi mi avvicino”.
Poi qualcuna comincia a presentarsi. Tra queste c’è chi, prima, si premura di chiedere all’amico: “il pisello gli funziona?”. No, guarda, mi trovo in una casa chiusa per assaporare l’atmosfera… Oppure ci fu la meretrice che si rifiutava di andare con il disabile adducendo motivi etico/religiosi: motivi etici e religiosi in un postribolo? E poi basta con questa visione angelica del carrozzato: non se ne può più! Perché siete convinti che gli “angeli” non…?
Poi si avvicina lei – alias Lauretta (nome vero sconosciuto, paese di provenienza Moldavia), bella, sveglia e alla mano, in tutti i sensi: aggiudicata! Allora saliamo in camera, che scopro essere anche la sua casa: molte di loro infatti decidono di risiedere proprio lì, pagano l’affitto e sono libere di presentarsi al bar dove possono incontrare i clienti. In camera l’amico mi sdraia e mi lascia alla mercé della signorina di facili costumi, con la quale scambio qualche parola e mi racconta di quanto le manchi il suo paese: la Romania. Al che le chiedo: “Ma non sei moldava?”, e la risposta mi lascia di stucco: “Se agli italiani dico che sono rumena mi scartano, ma tu non sei come loro”. Infatti mi sentivo già un pesce fuor d’acqua, quindi mi sono chiesto: i miei connazionali che problemi hanno di preciso?
Bandiera a scacchi e si aprono le danze. Mi spoglia e velocemente lo fa anche lei (facile quando si indossano solo mutandine e reggiseno) e si lancia sul letto. Questa è matta, pensai: non vedo l’ora di cominciare!
E mi spiace ma neanche questa volta vi racconto quello che è successo, ma potete sempre cercarmi su PornHub. Comunque il primo atto finisce e in attesa del successivo candidamente dichiara: “Io andrò all’inferno perché sono pu..ana, tu in paradiso perché sei angelo”. Ancora questa storia? Se dovessi incontrare l’inventore della visione angelica dell’esemplare di disabile, non so cosa gli farei: bè, gli schiaccerei i piedi con la carrozzina, dacché molto altro non potrei fare.
In questo luogo di perdizione andai diverse volte, ma ogni volta tornavo pervaso da un senso di tristezza, una sorta di avvilimento: perché devo ricorrere a questo? Qualche qualità per conquistare un esponente del gentil sesso mi sembrava di possederla e non potevo accettare – poiché consapevole che così non poteva essere – che fosse solamente legato alla mia disabilità: capisco che la via amicale sia la più semplice, così come comprendo che non sia scontato scegliere un fidanzato in situazione strappalacrime.
Perché a volte si ha come l’impressione che la sfiga sia più forte dell’amore, tuttavia l’unico, quest’ultimo, a poterla contrastare: con la sua irrazionalità, la sua forza è capace di andare oltre la disabilità. Perché l’amore – quello in carne e ossa – è venuto poi a farmi visita, ma di questo discorreremo prossimamente: devo o non devo stimolare la vostra curiosità?