Le hanno dato un mix di psicofarmaci per patologie come bipolarismo e schizofrenia. Quentiax, Tolep, Aliprazolo Focus e, prima ancora, il Tranquilit. Sapevano che quella miscela avrebbe potuto ucciderla, ma non gli è importato. Forse – è l’ipotesi – lo hanno fatto apposta per poterla violentare, a turno. Desirée, in piena crisi di astinenza da eroina, ha ingoiato tutto, assumendo anche gocce di metadone. Le ore successive sono passate fra abusi sessuali e una lenta ma inesorabile agonia. Sono raccapriccianti i particolari che emergono dall’ordinanza con la quale il gip di Roma, Maria Paola Tomaselli, ha confermato il fermo per i due senegalesi Mamadou Gara e Brian Minteh e per il nigeriano Chima Alinno – rispettivamente Paco, Ibrahim e Sisco – accusati insieme al gambiano Yusif Salia (Youssef) di aver drogato, ucciso e violentato la 16enne di Cisterna di Latina, Desirée Mariottini, trovata morta nella notte fra giovedì 19 e venerdì 20 ottobre in un edificio abbandonato del quartiere San Lorenzo a Roma. Indagini che ora si sono spostate anche su un soggetto italiano, tale Marco, che potrebbe aver rifornito il gruppo degli psicofarmaci utilizzati per uccidere la ragazzina.
Le ore precedenti al decesso – Gli inquirenti hanno provato a tracciare una ricostruzione di quelle tragiche ore, mettendo insieme i punti comuni raccontati da altri testimoni chiave, ascoltati più volte nel tentativo di comprendere se la loro condizione di tossicodipendenti avesse in qualche modo alterato gli elementi forniti agli investigatori. Desirée sarebbe entrata nel container di via dei Lucani 22 intorno alle 14 insieme a due uomini, uno dei quali sarebbe stato il gambiano Youssef. Qui, secondo il racconto di una delle donne frequentanti il tugurio, avrebbe incontrato anche Paco: i due le hanno fornito il mix di farmaci e hanno “fatto sesso” con la 16enne. E qui si è verificata una circostanza diversa dal solito. “Se il rapporto sessuale fosse stato – scrive il gip – come era accaduto in altre circostanze, frutto di un valido consenso in quanto consapevolmente scelto dalla Mariottini quale strumento per procurarsi lo stupefacente di cui aveva bisogno ella, consumato lo stesso, si sarebbe allontanata con il prezioso corrispettivo al fine di soddisfare la propria condizione di astinenza e non si sarebbe, invece, sottoposta ad altro rapporto con Paco”, quest’ultimo “in evidente attesa del suo turno” dopo che la ragazza aveva detto a Youssef di non potersi allontanare perché “troppo stanca”. Intorno alle 17.30-18, secondo il racconto dei testimoni, Desirée è già “nuda e in condizioni di semi incoscienza” e solo un altro africano, tale Asamadu, aveva sollecitato gli altri a chiamare un’ambulanza e tentare di rianimarla.
Il ruolo di Sisco e Ibrahim – E gli altri due arrestati? Quando Desiréeè è ormai morente, Asamadu lancia l’allarme e Giovanna, una ragazza italiana presente, attacca gli altri: “Voi l’avete uccisa! Voi l’avete violentata!”. È stato proprio quest’ultimo a raccontare agli investigatori come gli abusi alla 16enne – quando questa già non poteva più difendersi – fossero stati perpetrati anche dagli altri due, Sisco e Ibrahim. “La circostanza – si legge – che proprio Ibrahim e Sisco ebbero a partecipare unitamente a Youssef allo spostamento di Desirée, ormai incosciente, dal container ad un giaciglio posto nel capannone è dato significativo dal quale può evincersi come i due fossero stati compartecipi dei ripetuti atti di violenza sessuale posti in essere in suo danno, subentrando in termini temporali a Youssef e a Paco”.
La vita di Desirée sacrificata – “Meglio che muore lei che noi in galera” avrebbero detto i quattro, intimando agli altri di non chiamare i soccorsi. D’altronde Desirée già il mercoledì pomeriggio aveva manifestato uno “stato di stordimento” di cui gli altri avrebbero approfittato il giorno seguente, fornendole gli psicofarmaci. Una situazione che si aggrava “così da tramutarsi in una condizione di dormiveglia prima e incoscienza poi immediatamente avvertita dai presenti”. È proprio in questa fase che Youssef, Ibrahim e Sisco “ridimensionano la gravità delle condizioni della ragazza ed impediscono che vengano allertati i soccorsi, assumendo lucidamente la decisione di sacrificarne la giovane vita per garantirsi l’impunità o comunque qualsivoglia fastidioso controllo delle forze dell’ordine”.