I colleghi che assumeranno le direzioni dei telegiornali sono stati scelti dall’amministratore delegato della Rai. Tra di essi ci sono figure con curriculum impeccabili, penso a quello di Giuseppina Paterniti, indicata alla guida del Tg3.
La questione qui e adesso è se i nomi sono il frutto della testa di Fabrizio Salini, il dirigente a cui i partiti hanno dato potere di scelta e indicazione, oppure sono l’esito di un accordo separato tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Propendiamo per questa seconda ipotesi.
La questione è la solita ed è anche piuttosto banale: la Rai è di proprietà pubblica, le sue azioni sono detenute dal ministero dell’Economia e le sue scelte sono determinate dalla maggioranza di governo.
Ma se si sceglie una persona e gli si affida ogni potere, perché, un minuto dopo, quel potere viene revocato?
Se Di Maio e Salvini hanno ritenuto che il nuovo amministratore delegato fosse una persona degnissima e con ogni competenza, perché poi lo hanno trasformato in un messo notificatore?
Perché Salini non è degno più? Impossibile. Perché non si fidano più di lui? Escluso.
Forse perché il potere ritiene che informare faccia da sempre un po’ rima con manipolare. E dunque, quando ci sono di mezzo i telegiornali, meglio andarci cauti: vuoi vedere che qualcuno scambia la competenza con l’autonomia e poi scodella la notizia nuda e cruda?
La notizia ha bisogno di essere vestita. Più bravo è il sarto a cucirla più la news sarà digeribile e gustosa.
Gnam gnam, evviva il cambiamento.