È la seconda volta nel nuovo millennio, la quinta nella storia. Il primo procuratore, Carlo Tesserin: "Ci era stato promesso che non sarebbe più accaduto". E aggiunge: "Con il cambiamento climatico, l'unica difesa è interrompere il collegamento tra mare e laguna"
“In un solo giorno la basilica è invecchiata di vent’anni, e forse sono ottimista”. È la denuncia di Carlo Tesserin, primo procuratore della basilica di San Marco a Venezia, invasa dall’acqua della laguna in quello che è stato il quarto innalzamento più forte della storia (156 centimetri intorno alle 15 di lunedì 29 ottobre). Sono stati allagati decine di metri del pavimento a mosaico di fronte all’altare della Madonna Nicopeia, e completamente inondati il Battistero e la Cappella Zen. L’acqua ha raggiunto i 90 centimetri sopra il pavimento del nartece, bagnando i monumentali portoni in bronzo bizantini, le colonne e i marmi.
È la seconda volta nel nuovo millennio che San Marco viene allagata dall’acqua alta, e la quinta nella storia: recentemente, la Procuratoria (l’ente che amministra la basilica) aveva realizzato interventi di messa in sicurezza dell’edificio contro le maree, che si sono rivelati non sufficienti. “La chiesa ha una struttura di mattoni che imbevuti di acqua salata si ammalorano anche fino a un’altezza di diversi metri, mettendo a rischio la tenuta dei mosaici che adornano le volte. A noi Procuratori di San Marco, a Venezia e a tutta l’umanità era stato promesso che tali eventi non sarebbero più accaduti“, attacca Tesserin.
“Nulla può la Procuratoria di oggi, che solo nel nome richiama i grandi poteri attribuiti dalla Repubblica Serenissima di Venezia, per difendere San Marco e l’intera città di fronte a questi eventi”, aggiunge. “L’unica difesa possibile, ormai, è interrompere il collegamento tra mare e laguna. Per noi sta diventando sempre più difficile e potrebbe diventare impossibile rimediare ai danni, specie in uno scenario di cambiamenti climatici globali”, conclude.