Addio alle cattedre Natta: il governo targato Lega-M5s ha deciso di cancellare definitivamente il più renziano (e contestato) dei provvedimenti per l’università. Sopprimerle, però, è stato quasi un atto di pietà: in realtà il decreto non aveva mai visto la luce, era stato rinnegato già dallo stesso Pd che aveva cominciato a svuotarlo di soldi, dirottando le risorse su altre necessità più urgenti e lasciando il fondo in sospeso. Ora il governo ha deciso di porre fine all’agonia.
La decisione è inserita nella bozza di legge di bilancio che dovrà essere approvata entro la fine dell’anno: tra le varie misure che riguardano il Ministero dell’Istruzione c’è anche “l’abrogazione delle cattedre Natta”. Si tratta di 500 super professori che, secondo un’intuizione non particolarmente felice dell’ex premier Matteo Renzi, avrebbero dovuto essere assunti dagli atenei senza concorso e noiose trafile burocratiche (e con il massimo stipendiale), su indicazione di una commissione speciale insediata a Palazzo Chigi. Premiare il merito bypassando l’unico strumento per antonomasia meritocratico (i concorsi): un modo davvero curioso di rinnovare l’università italiana. Infatti l’idea, partorita nella legge di bilancio 2016, viene immediatamente travolta da una serie di polemiche non appena si comincia a capire quale sarebbe stato il meccanismo di selezione, rigettata dallo stesso mondo accademico spaventato dall’invasione politica e dalla violazione della propria autonomia.
Siamo nell’autunno 2016 e lì comincia il calvario delle povere Cattedre Natta: il decreto attuativo che avrebbe dovuto tradurre in pratica l’idea renziana si perde fra i corridoi del Miur e di Palazzo Chigi, bloccato dalle proteste e dai tentativi di rimediarvi, complice anche il referendum costituzionale e il passaggio di testimone fra il governo Renzi e quello Gentiloni. Non se ne sa più nulla per mesi, poi a metà 2017 la ministra Valeria Fedeli annuncia che l’iter è pronto a ripartire. Falso allarme, altro silenzio imbarazzato di cui non si conoscono motivi né durata. Poi la svolta arriva per davvero, ma in negativo: la legge di bilancio 2018 utilizza gran parte delle risorse delle cattedre Natta per finanziare un bonus ai docenti universitari in rivolta per il blocco stipendiale. È evidente a tutti, infatti, che l’università italiana abbia problemi più urgenti della cooptazione di questi “super-professori”, visto che quelli “normali” hanno la carriera ferma da anni. Il provvedimento non risolve la grana in maniera strutturale, ma è comunque un contentino piuttosto costoso per le casse pubbliche: 2.000-2.500 euro a testa per un totale di circa 40-50 milioni all’anno. Soldi che, in mancanza di meglio, il governo decide di prelevare dal fondo delle cattedre.
Di fatto le cattedre Natta muoiono in quell’esatto momento: la loro dotazione era di 75 milioni a decorrere dal 2017, ma senza i 50 stornati per il bonus ai prof e qualche altro spicciolo già utilizzato per altri provvedimenti (8 milioni al diritto allo studio, 5 ai dottorati), rimanevano solo le briciole, insufficienti per qualsiasi piano almeno fino al 2020 quando non avrebbe avuto più alcun senso andare a ripescare una proposta vecchia e già bocciata in passato. Così adesso il governo ha deciso di metterci un punto una volta per tutte: le cattedre Natta non si faranno mai. Resteranno solo un ricordo improbabile dell’università italiana secondo Renzi.