Musica

Tatjana Nikolayeva, la pianista russa benedetta da Šostakovič

Venticinque anni fa su un palcoscenico di San Francisco una non più giovane pianista veniva colta da ictus durante la prima parte del programma di quello che sarebbe stato il suo ultimo concerto. La musicista stava eseguendo l’opera su cui aveva lavorato una vita, quasi identificandosi con essa, elaborando una sua interpretazione personalissima che è diventata leggenda: i 24 preludi e fughe op. 87 di Dmitrij Šostakovič, suo compatriota, mentore e amico personale.

Ostinatamente, pur colpita da emorragia cerebrale, Tatjana Petrovna Nikolayeva finì di suonare la prima parte del programma, poi fu ricoverata d’urgenza in ospedale, ma il danno era troppo esteso e nove giorni dopo morì in terra straniera a 69 anni; proprio lei la più russa, forse, tra le pianiste del Novecento. Era il 22 novembre del 1993.

La benemerita etichetta Scribendum per il 25esimo anniversario della sua scomparsa ha messo insieme un cofanetto di 37 cd con moltissime incisioni di cui molte introvabili che ci danno un quadro abbastanza rappresentativo del repertorio di questa grande artista. Il ragguardevole cofanetto è divisibile grosso modo in tre grandi regioni principali: Bach, Beethoven, Šostakovič, più piccole province di repertorio romantico russo e tedesco.

Bach è stato uno dei punti fermi della fortuna di Nikolayeva. Fin dai primi anni di carriera la pianista russa era diventata famosa in patria come specialista bachiana e come tale i dischi – con una scelta di Suites Francesi e Inglesi, le Invenzioni, le Variazioni Goldberg, il Clavicembalo ben temperato e l’Arte della Fuga insieme a qualche concerto – testimoniano il suo impegno di interprete di valore nella storia di Bach al pianoforte. Non ereditò la forza visionaria di Marija Yudina in Bach: Nikolayeva ricorda più la meticolosa messa in luce del contrappunto elaborata vertiginosamente da Svjatoslav Richter. Nikolayeva lavora a che ogni voce sia perfettamente udibile e distinguibile nell’intrico polifonico e questo richiede un’arte trascendentale del tocco, che ovviamente sia Richter che la Nikolayeva possedevano in maniera eccelsa.

Il Beethoven nel cofanetto è l’integrale delle Sonate registrata dal vivo di una maratona dedicata al musicista di Bonn nel 1984. Come ogni live non ritoccato, questo soffre delle contingenze e delle incertezze del momento e per questo alcune sonate sono piuttosto “sporche”; ma questa integrale si pone ad un livello di estrema pregevolezza e illustra bene come la scuola russa non sfornasse solo grandi virtuosi ma (nelle donne in particolar modo) anche grandissimi e ponderati interpreti del repertorio classico e romantico. Il suo Beethoven è decisamente pacificato, la lettura ricorda Wilhelm Kempff ma con uno charme tutto russo. Pochi colori però, scelte timbriche decisamente poco appariscenti e tempi parecchio comodi, un Beethoven piuttosto analitico ma senza mancare troppo di sentimento, per dirla alla buona.

Con la doppia incisione dei 24 Preludi e fughe di Šostakovič giungiamo al cuore pulsante del repertorio della pianista. Quando conobbe Šostakovič, Tatjana Nikolayeva era quasi fresca di diploma, 26enne eppure promettentissima, vincitrice a Lipsia di un concorso indetto per il centenario bachiano del 1950. Proprio lì conobbe il compositore, bandiera dell’Urss, eroico artista della Settima sinfonia da poco però caduto di nuovo in disgrazia, nei molti rovesci di fortuna dell’ultimo periodo dell’era staliniana. Così, sotto il nume tutelare della Fuga, Šostakovič prese a comporre febbrilmente (come sempre faceva) una serie di preludi e fughe che sottoponeva via via alla giovane pianista, che ben presto ne fece il suo capolavoro interpretativo, il più duraturo dei suoi pièces de résistance essendone stata la prima esecutrice.

Di incisioni di questo monumentale diario intimo in 24 parti e due libri, Nikolayeva incise almeno quattro versioni in studio di cui una in video per la Bbc. Le prime due, del 1962 e del 1983, sono presenti nel cofanetto Scribendum e sono senz’altro le più fresche e quelle tecnicamente più acuminate. Le due più recenti – rispettivamente del 1991 quella in studio Hyperion e del 1992 quella in video – risentono di una certa stanchezza nei pezzi più concitati, come il n. 15 con la sua fuga intricatissima e assai agguerrita sotto il profilo tecnico, anche se l’appannamento dovuto certamente al passare degli anni è largamente compensato da un approfondimento ulteriore di altri numeri, come la grandiosa trenodia del preludio n.16 e la straziante, lunghissima fuga seguente. Ha un che di simbolico che proprio con quest’opera, che è stata il suo capolavoro di pianista, abbia suggellato anche il suo ultimo concerto, ma l’eredità discografica di Nikolayeva è vasta e merita una più approfondita riscoperta.