L'ufficio inquirente guidato da Carmelo Zuccaro chiede di chiudere le indagini sul ministro dell'Interno. L'ordine di far rimanere la nave della Guardia Costiera ormeggiata in porto - è scritto nelle motivaizoni - era "giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede Europea la distribuzione dei migranti in un caso in cui secondo la convenzione Sar sarebbe toccato a Malta indicare il porto sicuro"
Bloccare per cinque giorni 177 migranti a bordo della nave Diciotti nel porto di Catania era una scelta politica. Motivata da due fattori: la richiesta dell’Italia alla Commissione europea di redistribuire i profughi tra gli altri Paesi membri. E l’obbligo violato da parte di Malta di indicare un porto sicuro. Per questi due motivi la decisione di Matteo Salvini di non autorizzare lo sbarco delle persone a bordo dell’imbarcazione della Guardia Costiera non è sindacabile da parte del giudice penale. La pensa così la procura di Catania che ha chiesto di archiviare l’indagine sul ministro dell’Interno. A darne notizia è stato lo stesso leader della Lega che ha aperto in diretta facebook la lettera ricevuta dal capo dell’ufficio inquirente etneo, Carmelo Zuccaro.
Le motivazioni: “Scelta politica insindacabile” – Il ritardo nello sbarco dalla Diciotti è “giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede Europea la distribuzione dei migranti (e il 24 agosto si è riunita la Commissione europea) in un caso in cui secondo la convenzione Sar sarebbe toccato a Malta indicare il porto sicuro”, scrive la procura motivando la sua richiesta di archiviazione.
La missiva di Zuccaro. Ora tocca al tribunale decidere – Annunciata al titolare del Viminale con una lettera direttamente dal procuratore Zuccaro. “Illustrissimo signor ministro – è l’incipit della missiva letta sui social da Salvini – è mio dovere comunicarle che il mio ufficio ha trasmesso in data odierna al collegio per i reati ministeriali presso il tribunale di Catania, gli atti del procedimento penale iscritto nei suoi confronti il 19 ottobre per il reato di cui all’articolo 605, commi 1-2-3 del codice penale (sequestro di persona, ndr) commesso a Catania dal 20 al 25 agosto, a seguito del decreto del Collegio per i reati ministeriali di Palermo che, nel dichiarare la propria incompetenza per territorio, ha disposto la trasmissione degli atti a questa procura della Repubblica per tramite di quella di Palermo. Nel trasmettere gli atti ho formulato richiesta motivata di archiviazione”. Sarà ora il tribunale dei ministri di Catania a decidere se archiviare o meno Salvini, che è indagato per sequestro di persona.
Salvini: “Quanto è costata l’indagine” – “Mi auguro che la richiesta del procuratore sia accolta: io andrò avanti lo stesso. Mi pongo la domanda: ma chi ha indagato, cosa ha indagato? Lo dico con tutto il rispetto per la separazione delle carriere, senza intromettermi: il procuratore di Agrigento, Patronaggio, perché ha indagato? Quanto è costata quest’inchiesta? Quante persone ha coinvolto? Quanti uomini della giustizia e delle forze dell’ordine sono stati allertati per un reato che non esisteva? C’è da fare una riflessione anche su come funziona la giustizia in Italia”, dice sui social network Salvini. Che aveva già polemizzato con il procuratore Luigi Patronaggio, subito dopo l’apertura dell’inchiesta. “Io ho fatto solo il mio lavoro di ministro e sono pronto a rifarlo. Per il resto mi spiace per il procuratore di Agrigento. Penso che con tutti i problemi che ha la Sicilia, la priorità non sia certo indagare Salvini. E poi lui era lo stesso che qualche mese fa diceva: ‘Il rischio di terroristi a bordo dei barconi è alto’. Ha cambiato idea?”, diceva in quei giorni il leader della Lega.
La storia dell’indagine – L’inchiesta sul leader della Lega – e inizialmente anche sul suo capo di gabinetto Matteo Piantedosi – era stata aperta dai magistrati di Agrigento. Il procuratore Patronaggio riteneva, infatti, che il reato fosse stato commesso mentre la nave Diciotti si trovava nelle acque di Lampedusa. Ipotizzando il coinvolgimento di un esponente dell’esecutivo, Patronaggio era stato costretto a passare la carte a Palermo che, come prevede la legge, mandò tutto al locale tribunale dei ministri. Il 18 ottobre scorso, quindi, il tribunale dei ministri del capoluogo siciliano si era spogliato del caso restituendo gli atti alla procura. Il motivo? Si era dichiarato territorialmente incompetente a indagare.
Il tribunale dei ministri di Palermo incompetente – Quello della competenza era il primo nodo da sciogliere. In via preliminare dunque i magistrati hanno stabilito che la presunta condotta illecita del ministro sarebbe partita nelle acque di Catania, dove la Diciotti è stata ferma per giorni in attesa del via libera allo sbarco dei profughi. E non quindi nel mare di Lampedusa, dove alcuni migranti in precarie condizioni di salute venne fatto approdare per quello che evidentemente i magistrati hanno ritenuto un mero scalo tecnico. Il presidente del tribunale dei ministri Fabio Pilato aveva comunicato di aver “portato a compimento le proprie attività” e “di avere rimesso gli atti al procuratore della Repubblica di Palermo” Francesco Lo Voi “per l’ulteriore corso a seguito di declaratoria di incompetenza territoriale”. Lo Voi , dunque, aveva inviato le carte ai colleghi di Catania. Che adesso hanno chiesto l’archiviazione.