Da attore e regista era uno degli interpreti più autentici del teatro di Eduardo De Filippo, che ha continuato a mettere in scena fino agli ultimi anni. Da uomo di spettacolo, gigante del palcoscenico, non aveva problemi a parlare senza particolari prudenze. A ilfatto.it, una volta, disse per esempio che Roberto Benigni – che l’aveva voluto nella parte di Geppetto nel suo Pinocchio – tagliò intere scene perché l’unico suo obiettivo era mettere in evidenza la moglie. Oggi Carlo Giuffrè è morto: avrebbe compiuto 90 anni fra un mese, essendo nato il 3 dicembre 1928. Molti se lo ricorderanno anche perché per lunga parte della sua carriera fece coppia in scena con il fratello Aldo, di 4 anni più grande, scomparso nel 2010.
Con lui, dopo il diploma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, iniziò a lavorare con il fratello nel 1947. E insieme, due anni dopo, debuttarono proprio con Eduardo, interpretando la maggior parte delle commedie napoletane dell’autore: da Napoli milionaria (di cui fu protagonista anche al cinema nel 1950) al monumento Natale in casa Cupiello, da Le voci di dentro a Non ti pago. Ma la carriera di Giuffré si è allargata alla televisione, agli sceneggiati (Tom Jones del 1960 e I Giacobini nel 1962) fino al Festival di Sanremo che presentò nel 1971. A teatro l’ultimo lavoro fu tre anni fa La lista di Schindler (adattamento del film di Spielberg), mentre al cinema l’ultima apparizione è stata in Se mi lasci non vale di Vincenzo Salemme del 2016. Nel 2007 era stato insignito del titolo di Grande Ufficiale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Se non ci fosse stato il teatro, non avrei saputo fare altro – disse a ilfatto.it – Il teatro è tutta la mia vita. Pensate che a casa barcollo, m’ingobbisco, mi annoio, ma in teatro ritrovo il passo. E’ un’altra storia. In scena si guarisce. E poi sapete che vi dico: gli attori vivono più a lungo, perché vivendo anche le vite degli altri, le aggiungono alle loro”.