La viceministra all’Economia Laura Castelli lo aveva promesso ai Comuni durante l’Assemblea Anci di Rimini: “La leva fiscale siamo convinti vada sbloccata. Siamo convinti che un buon sindaco sa come calibrare con i suoi cittadini la necessità fiscale e il cittadino sceglierà se questa è stata una buona misura oppure no”. Detto, fatto. Nella legge di Bilancio non compare la proroga del blocco di addizionali locali e Imu sulle seconde case, congelate nel 2016 dalla seconda manovra di Renzi. Risultato: Regioni e Comuni potranno aumentare le aliquote fino ai livelli massimi. Cioè il 3,3% per l’addizionale Irpef regionale, lo 0,8% per quella comunale (con l’eccezione di Roma dove è già allo 0,9%) e lo 10,6 per mille per Tasi e Imu.
Il Sole 24 Ore nei giorni scorsi ha calcolato che sono 6.782 i Comuni che potrebbero rivedere al rialzo le addizionali perché attualmente sono sotto il tetto massimo e 6.516 quelli che potrebbero scegliere di ritoccare l’Imu. L’addizionale Irpef è ancora a zero in 4.151 Comuni, oltre la metà del totale. Solo 1.187 l’hanno fissata al livello più alto. Tra questi Napoli, Palermo, Milano e Torino, anche se in queste ultime ci sono esenzioni per i redditi bassi. Roma Capitale ha ottenuto di poter sfondare il tetto e dal 2011 ha un’addizionale del 9 per mille. Oggi, nota il quotidiano di Confindustria, l’Irpef comunale vale 4,16 miliardi che potrebbero salire a 5,9 con l’applicazione dell’aliquota massima.