Abbiamo deciso di ripubblicare, con allegati i documenti di chiusura delle indagini, a un prezzo scontato, l’ebook del libro Di padre in figlio perché pensiamo che il caso Consip sia sempre di più anche il caso delle indagini su Consip. Il libro è uscito a maggio del 2017 e poi, nella seconda edizione, con un capitolo aggiunto per dar conto delle novità, a gennaio del 2018. Finalmente le indagini sono chiuse. Si può giudicare il comportamento dei protagonisti dell’inchiesta e dei pm che la conducono. Abbiamo deciso di allegare al libro la richiesta di archiviazione di Tiziano Renzi e l’avviso chiusura indagini contro Luca Lotti, Filippo Vannoni e i generali dei Carabinieri Del Sette e Saltalamacchia perché ciascuno leggendo il libro e i documenti integrali possa farsi un’idea dell’indagine, oltre che dei fatti accaduti allora.
Ci sono voluti 20 mesi ma alla fine la Procura di Roma è riuscita a chiudere l’inchiesta avviata dai pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano a Napoli. Dai pm di Napoli erano stati raccolti elementi forti su Alfredo Romeo e anche su chi aveva brigato per bruciare l’inchiesta. Ci sono voluti 20 mesi per partorire il topolino: i pm napoletani avevano ragione sul sottosegretario alla presidenza del consiglio del Governo Renzi, Luca Lotti; sul comandante generale dei Carabinieri in carica allora, Tullio Del Sette; sul comandante della Toscana di allora, Emanuele Saltalamacchia. Tutti restano indagati per favoreggiamento e vanno verso una probabile richiesta di rinvio a giudizio.
Il racconto fatto dall’Amministratore di Consip in carica allora ai pm Woodcock e Carrano il 20 dicembre 2016 resta credibile anche per i pm di Roma: mentre i Carabinieri del Noe indagavano sulla gara più grande d’Europa indetta dalla Consip, la principale stazione appaltante italiana, il comandante generale e il comandante in Toscana dei Carabinieri tradivano i loro uomini spifferando a Marroni, che era intercettato l’esistenza delle indagini segrete, così bruciando il lavoro dei colleghi. Lo stesso faceva, secondo i pm romani, il numero due del Governo, Luca Lotti, e anche Filippo Vannoni, presidente della municipalizzata fiorentina Publiacqua e amico di Matteo Renzi. L’accusa, è bene ribadirlo, si basa essenzialmente ancora sulle dichiarazioni di Luigi Marroni. La Procura di Roma ci ha messo 20 mesi per cercare i riscontri. Venti mesi. Quella sera Marroni aveva raccontato anche altro: le pressioni ricevute da Tiziano Renzi perché incontrasse due volte Carlo Russo. Aveva detto di essersi sentito pressato e ricattato da Russo. Quella versione è stata poi addolcita nei suoi verbali successivi a Roma.
I pm di Roma hanno trovato molte smentite e poche conferme alle parole di Carlo Russo, l’amico di Tiziano Renzi, che incontrava Alfredo Romeo offrendo di aiutarlo tra l’altro negli appalti di Grandi Stazioni e Consip. Per descrivere Russo come un ‘truffatore’ che sosteneva di agire in nome e per conto di Tiziano Renzi in favore di Alfredo Romeo mentre non lo faceva, i pm di Roma hanno persino cambiato (nel testo della loro richiesta di archiviazione per Tiziano) il senso di un interrogatorio, quello di Silvio Gizzi. L’amministratore delegato di Grandi Stazioni dice a verbale che Russo si presentava come espressione delle società di Romeo e parlava con lui delle gare in cui era coinvolto l’imprenditore napoletano ma i pm di Roma scrivono nella richiesta di archiviazione che la frequentazione Gizzi-Russo non c’entrava con le vicende di Romeo. La sera del 20 dicembre Luigi Marroni, ai pm di Napoli, aveva descritto Russo come un soggetto accreditato con pervicacia da Tiziano che lui aveva ricevuto due volte, non proprio come un millantatore. Per accertare se Russo fosse un millantatore quando chiedeva 30mila euro al mese a Romeo per i servigi suoi e di Tiziano, i pm napoletani Woodcock e Carrano quella sera volevano perquisire Tiziano Renzi. I pm di Roma, che di lì a poco avrebbero ricevuto il fascicoloper competenza territoriale, si opposero. Salvo poi dimostrarsi molto meno garantisti con i telefonini di chi quella sera indagava.
Due pesi e due misure che hanno prodotto un risultato grottesco: i telefonini del Carabiniere che indagava allora, Gianpaolo Scafarto, sono stati sequestrati due volte per verificare i suoi presunti falsi e depistaggi. Quello di Tiziano Renzi mai. Nel tentativo vano di individuare la fonte delle notizie pubblicate sul Fatto a dicembre 2016 e nel libro Di padre in figlio a maggio 2017, anche il telefonino di chi scrive è stato prelevato dai pm di Napoli, dopo una riunione di coordinamento con quelli di Roma che accettarono una irrituale sovrapposizione di due procure sulla stessa fuga di notizie. Così i pm sanno tutto delle chat di Marco Lillo con i suoi colleghi o di Henry John Woodcock con la sua amica Federica Sciarelli, ma brancolano nel buio riguardo ai rapporti reali di Carlo Russo con Tiziano Renzi.
I pm di Roma pensano che il padre dell’ex premierabbia mentito sui suoi rapporti triangolari con Luigi Marroni e Carlo Russo. Pensano che ‘probabilmente’ abbia incontrato, con Carlo Russo, Alfredo Romeo a Firenze. E che quindi anche su questo abbia ‘probabilmente’ mentito a noi, al figlio e ai pm, negando di ricordare quell’incontro. Ma non hanno riscontri per capire perché abbia mentito. Anche i cellulari dei vertici dei Carabinieri non sono stati mai presi dai pm di Roma. Le timidezze investigative iniziali probabilmente non hanno aiutato a chiarire i reali rapporti di Tiziano con Russo. Il tempo concesso dalla procura di Roma ha giocato a favore di chi era al potere, non solo nel caso di Tiziano Renzi, padre dell’ex leader Pd ed ex premier. Tullio del Sette ha comandato per un altro anno, grazie al Governo Gentiloni e al presidente Mattarella, i Carabinieri. Compresi quelli del Noe che è accusato di avere tradito. Compresi quelli del Nucleo di Roma che indagano (teoricamente) sulla fuga di notizie per la quale Del Sette è sospettato. Saltalamacchia è stato mandato a comandare i Carabinieri del Ministero degli esteri. Luca Lotti è rimasto il ministro dello Sport. Il presidente di Publiacqua Filippo Vannoni è rimasto al suo posto ritrattando le accuse. Mentre Luigi Marroni che ha confermato, con qualche rettifica su Tiziano, è stato cacciato da Consip.
La Procura di Roma nel frattempo ha trovato il tempo di indagare su chi aveva trovato la pista giusta, rovistando nella spazzatura di Romeo e entrando in Consip per interrogare Marroni il 20 dicembre. Il pm Henry John Woodcock è stato accusato ingiustamente dai colleghi a cui aveva trasmesso il fascicolo di essere stato lui la fonte delle notizie pubblicate dal Fatto Quotidiano. Accusa archiviata con tante scuse e una figura barbina della Procura di Roma. Il carabiniere Gianpaolo Scafarto, dopo essere stato boicottato, secondo l’accusa, dai vertici dei Carabinieri (che spifferavano le sue indagini agli intercettati) è stato indagato dai pm di Roma per depistaggio e falso. Così Matteo Renzi ha potuto fare la vittima per mesi. Il Tribunale del riesame e la Cassazione hanno annullato l’ordinanza di interdizione dai pubblici servizi contro Scafarto. Per i giudici i falsi e il depistaggio di Scafarto non ci sono, erano solo errori. I pm di Roma non hanno sentito ragioni e infischiandosene della Cassazione vogliono processare Scafarto.
Per loro i suoi errori sono frutto di dolo. Anche i pm di Roma, in questa indagine, però fanno errori. Il senso attribuito al verbale del presidente di Grandi Stazioni, Silvio Gizzi, è per esempio- secondo il nostro parere – un errore. I pm di Roma riportano nel corpo della richiesta di archiviazione per Tiziano Renzi una loro idea del rapporto Gizzi-Russo (scollegato per i pm dalle vicende di Romeo) che è smentita dal testo del verbale di Gizzi, riportato però dai pm in una nota sottostante. Nessuno in questo caso giustamente pensa a un errore doloso dei tre pm romani che firmano l’atto: Giuseppe Pignatone, Mario Palazzi e Paolo Ielo. Nessuno pensa che abbiano scientemente svalutato il motivo reale degli incontri Russo-Gizzi (Russo interloquiva delle gare nell’interesse di Romeo) per favorire l’archiviazione di Tiziano Renzi per il traffico di influenze a favore di Romeo o per sfavorire Carlo Russocon l’accusa più grave di millantato credito. Leggendo la richiesta di archiviazione dei pm di Roma insieme alle vecchie carte si può capire bene perché la lettura dei fatti data a Roma non è l’unica possibile. Una ragione in più per rileggere il libro e i nuovi documenti firmati dai pm di Romaallegati in questo nuovo e-book.
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Abbiamo deciso di ripubblicare, con allegati i documenti di chiusura delle indagini, a un prezzo scontato, l’ebook del libro Di padre in figlio perché pensiamo che il caso Consip sia sempre di più anche il caso delle indagini su Consip. Il libro è uscito a maggio del 2017 e poi, nella seconda edizione, con un capitolo aggiunto per dar conto delle novità, a gennaio del 2018. Finalmente le indagini sono chiuse. Si può giudicare il comportamento dei protagonisti dell’inchiesta e dei pm che la conducono. Abbiamo deciso di allegare al libro la richiesta di archiviazione di Tiziano Renzi e l’avviso chiusura indagini contro Luca Lotti, Filippo Vannoni e i generali dei Carabinieri Del Sette e Saltalamacchia perché ciascuno leggendo il libro e i documenti integrali possa farsi un’idea dell’indagine, oltre che dei fatti accaduti allora.
Ci sono voluti 20 mesi ma alla fine la Procura di Roma è riuscita a chiudere l’inchiesta avviata dai pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano a Napoli. Dai pm di Napoli erano stati raccolti elementi forti su Alfredo Romeo e anche su chi aveva brigato per bruciare l’inchiesta. Ci sono voluti 20 mesi per partorire il topolino: i pm napoletani avevano ragione sul sottosegretario alla presidenza del consiglio del Governo Renzi, Luca Lotti; sul comandante generale dei Carabinieri in carica allora, Tullio Del Sette; sul comandante della Toscana di allora, Emanuele Saltalamacchia. Tutti restano indagati per favoreggiamento e vanno verso una probabile richiesta di rinvio a giudizio.
Il racconto fatto dall’Amministratore di Consip in carica allora ai pm Woodcock e Carrano il 20 dicembre 2016 resta credibile anche per i pm di Roma: mentre i Carabinieri del Noe indagavano sulla gara più grande d’Europa indetta dalla Consip, la principale stazione appaltante italiana, il comandante generale e il comandante in Toscana dei Carabinieri tradivano i loro uomini spifferando a Marroni, che era intercettato l’esistenza delle indagini segrete, così bruciando il lavoro dei colleghi. Lo stesso faceva, secondo i pm romani, il numero due del Governo, Luca Lotti, e anche Filippo Vannoni, presidente della municipalizzata fiorentina Publiacqua e amico di Matteo Renzi. L’accusa, è bene ribadirlo, si basa essenzialmente ancora sulle dichiarazioni di Luigi Marroni. La Procura di Roma ci ha messo 20 mesi per cercare i riscontri. Venti mesi. Quella sera Marroni aveva raccontato anche altro: le pressioni ricevute da Tiziano Renzi perché incontrasse due volte Carlo Russo. Aveva detto di essersi sentito pressato e ricattato da Russo. Quella versione è stata poi addolcita nei suoi verbali successivi a Roma.
I pm di Roma hanno trovato molte smentite e poche conferme alle parole di Carlo Russo, l’amico di Tiziano Renzi, che incontrava Alfredo Romeo offrendo di aiutarlo tra l’altro negli appalti di Grandi Stazioni e Consip. Per descrivere Russo come un ‘truffatore’ che sosteneva di agire in nome e per conto di Tiziano Renzi in favore di Alfredo Romeo mentre non lo faceva, i pm di Roma hanno persino cambiato (nel testo della loro richiesta di archiviazione per Tiziano) il senso di un interrogatorio, quello di Silvio Gizzi. L’amministratore delegato di Grandi Stazioni dice a verbale che Russo si presentava come espressione delle società di Romeo e parlava con lui delle gare in cui era coinvolto l’imprenditore napoletano ma i pm di Roma scrivono nella richiesta di archiviazione che la frequentazione Gizzi-Russo non c’entrava con le vicende di Romeo. La sera del 20 dicembre Luigi Marroni, ai pm di Napoli, aveva descritto Russo come un soggetto accreditato con pervicacia da Tiziano che lui aveva ricevuto due volte, non proprio come un millantatore. Per accertare se Russo fosse un millantatore quando chiedeva 30mila euro al mese a Romeo per i servigi suoi e di Tiziano, i pm napoletani Woodcock e Carrano quella sera volevano perquisire Tiziano Renzi. I pm di Roma, che di lì a poco avrebbero ricevuto il fascicoloper competenza territoriale, si opposero. Salvo poi dimostrarsi molto meno garantisti con i telefonini di chi quella sera indagava.
Due pesi e due misure che hanno prodotto un risultato grottesco: i telefonini del Carabiniere che indagava allora, Gianpaolo Scafarto, sono stati sequestrati due volte per verificare i suoi presunti falsi e depistaggi. Quello di Tiziano Renzi mai. Nel tentativo vano di individuare la fonte delle notizie pubblicate sul Fatto a dicembre 2016 e nel libro Di padre in figlio a maggio 2017, anche il telefonino di chi scrive è stato prelevato dai pm di Napoli, dopo una riunione di coordinamento con quelli di Roma che accettarono una irrituale sovrapposizione di due procure sulla stessa fuga di notizie. Così i pm sanno tutto delle chat di Marco Lillo con i suoi colleghi o di Henry John Woodcock con la sua amica Federica Sciarelli, ma brancolano nel buio riguardo ai rapporti reali di Carlo Russo con Tiziano Renzi.
I pm di Roma pensano che il padre dell’ex premierabbia mentito sui suoi rapporti triangolari con Luigi Marroni e Carlo Russo. Pensano che ‘probabilmente’ abbia incontrato, con Carlo Russo, Alfredo Romeo a Firenze. E che quindi anche su questo abbia ‘probabilmente’ mentito a noi, al figlio e ai pm, negando di ricordare quell’incontro. Ma non hanno riscontri per capire perché abbia mentito. Anche i cellulari dei vertici dei Carabinieri non sono stati mai presi dai pm di Roma. Le timidezze investigative iniziali probabilmente non hanno aiutato a chiarire i reali rapporti di Tiziano con Russo. Il tempo concesso dalla procura di Roma ha giocato a favore di chi era al potere, non solo nel caso di Tiziano Renzi, padre dell’ex leader Pd ed ex premier. Tullio del Sette ha comandato per un altro anno, grazie al Governo Gentiloni e al presidente Mattarella, i Carabinieri. Compresi quelli del Noe che è accusato di avere tradito. Compresi quelli del Nucleo di Roma che indagano (teoricamente) sulla fuga di notizie per la quale Del Sette è sospettato. Saltalamacchia è stato mandato a comandare i Carabinieri del Ministero degli esteri. Luca Lotti è rimasto il ministro dello Sport. Il presidente di Publiacqua Filippo Vannoni è rimasto al suo posto ritrattando le accuse. Mentre Luigi Marroni che ha confermato, con qualche rettifica su Tiziano, è stato cacciato da Consip.
La Procura di Roma nel frattempo ha trovato il tempo di indagare su chi aveva trovato la pista giusta, rovistando nella spazzatura di Romeo e entrando in Consip per interrogare Marroni il 20 dicembre. Il pm Henry John Woodcock è stato accusato ingiustamente dai colleghi a cui aveva trasmesso il fascicolo di essere stato lui la fonte delle notizie pubblicate dal Fatto Quotidiano. Accusa archiviata con tante scuse e una figura barbina della Procura di Roma. Il carabiniere Gianpaolo Scafarto, dopo essere stato boicottato, secondo l’accusa, dai vertici dei Carabinieri (che spifferavano le sue indagini agli intercettati) è stato indagato dai pm di Roma per depistaggio e falso. Così Matteo Renzi ha potuto fare la vittima per mesi. Il Tribunale del riesame e la Cassazione hanno annullato l’ordinanza di interdizione dai pubblici servizi contro Scafarto. Per i giudici i falsi e il depistaggio di Scafarto non ci sono, erano solo errori. I pm di Roma non hanno sentito ragioni e infischiandosene della Cassazione vogliono processare Scafarto.
Per loro i suoi errori sono frutto di dolo. Anche i pm di Roma, in questa indagine, però fanno errori. Il senso attribuito al verbale del presidente di Grandi Stazioni, Silvio Gizzi, è per esempio- secondo il nostro parere – un errore. I pm di Roma riportano nel corpo della richiesta di archiviazione per Tiziano Renzi una loro idea del rapporto Gizzi-Russo (scollegato per i pm dalle vicende di Romeo) che è smentita dal testo del verbale di Gizzi, riportato però dai pm in una nota sottostante. Nessuno in questo caso giustamente pensa a un errore doloso dei tre pm romani che firmano l’atto: Giuseppe Pignatone, Mario Palazzi e Paolo Ielo. Nessuno pensa che abbiano scientemente svalutato il motivo reale degli incontri Russo-Gizzi (Russo interloquiva delle gare nell’interesse di Romeo) per favorire l’archiviazione di Tiziano Renzi per il traffico di influenze a favore di Romeo o per sfavorire Carlo Russocon l’accusa più grave di millantato credito. Leggendo la richiesta di archiviazione dei pm di Roma insieme alle vecchie carte si può capire bene perché la lettura dei fatti data a Roma non è l’unica possibile. Una ragione in più per rileggere il libro e i nuovi documenti firmati dai pm di Romaallegati in questo nuovo e-book.
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
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Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.