Oltre agli episodi di sessismo denunciati dall'esponente socialista francese, c'è anche il passaggio in cui lei parla del suo fallimento politico: l'introduzione della tassa sui mezzi pesanti. A bloccarla è stato un accordo tra i leader dei due governi
“È un accordo fra noi e Matteo Renzi, non è più di tua competenza“. Segolene Royal, nel suo nuovo libro uscito in Francia Ce que je peux enfin vous dire non racconta solo gli episodi di sessismo che ha riportato il Corriere della Sera nella sua anticipazione. Perché dall’articolo di Via Solferino è rimasto fuori il retroscena che riguarda quello che lei considera il suo grande fallimento da ministra dell’ecologia: l’ecotassa per i mezzi pesanti. Un passaggio del libro in cui tira in ballo “la filiale di Benetton, Autostrade, gli stessi accusati nel tragico crollo del ponte di Genova“, che erano azionisti di Ecomouv, la società incaricata della raccolta e della gestione della tassa sui mezzi pesanti sul territorio francese. La Royal sostiene di aver perso la sua battaglia per l’ecotassa a causa di “un accordo fra capi di governo“. Proprio Manuel Valls le avrebbe detto “è un accordo fra noi e Matteo Renzi, non è più di tua competenza“. “Ho pensato, ah bene – scrive Segolene – alle donne il buon senso, gli uomini si occupano di cose di uomini”.
La storia dell’ecotassa risale al 2014: Ecomouv, il consorzio controllato per il 70% dalla Atlantia della famiglia Benetton, aveva vinto la gara per la riscossione di una nuova tassa sui tir, che è stata però cancellata prima ancora di entrare in vigore. Dopo che una commissione parlamentare ad hoc ha riconosciuto la regolarità del contratto, il governo di Manuel Valls si è riconosciuto debitore nei confronti del gruppo, che nel frattempo ha installato infrastrutture per un costo stimato di circa 800 milioni di euro. Il 2 gennaio 2015 Atlantia aveva diffuso un comunicato per informare che la République si farà carico di “un’indennità di risoluzione del contratto di partenariato” per un importo netto pari ad 403 milioni di euro, che saranno versati il 2 marzo 2015. Oltre a questi, spiegava un comunicato di Atlantia, “altri 400 milioni di euro – su un totale di 800 milioni previsti in caso di rescissione del contratto, firmato nel 2011 – saranno versati alle banche nel corso di 10 anni”.