Dal 3 novembre le donne dell’Unione europea lavoreranno gratis fino a fine anno. Proprio come nel 2017 e quindi senza alcun segno di miglioramento rispetto ai dodici mesi precedenti. La data è stata stimata dalla Commissione europea e calcolata sulla base dei dati Eurostat che caclolano il gap salariale tra uomini e donne. Le cittadine degli Stati membri, infatti, in media guadagnano il 16,2% in meno rispetto ai loro colleghi uomini, pari a circa 60 giorni di stipendio. Le percentuali variano da Paese a Paese. Per esempio sono più alte in Estonia, Repubblica Ceca e Germania, dove raggiungono il 22% di differenza di salario, mentre sono più basse in Italia e in Romania, sotto l’8%. Ma attenzione, spiega l’Ue, a determinare una percentuale minore, spesso, è il basso tasso di occupazione delle donne, come succede nel nostro Paese.

Il gap comunque c’è e, ribadisce la Commissione, deve essere colmato. Per questo è stata istituita una giornata simbolo l'”Equal pay day“, che per il secondo anno consecutivo cade lo stesso giorno. “Le donne e gli uomini sono uguali“, hanno detto durante la presentazione dell’ultimo rapporto sul tema il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans e le commissarie Marianne Thyssen e Věra Jourova. “Questo è uno dei valori fondanti dell’Ue. Ma ancora oggi le donne lavorano per due mesi l’anno non retribuite, rispetto ai loro colleghi maschi. Non possiamo più accettare questa situazione”.

“Il gender gap non è solo ingiusto in linea di principio, ma anche in pratica. Mette le donne in situazioni di precarietà nel corso della loro carriera, e ancora di più dopo il pensionamento, con un divario pensionistico di genere del 36,6%”, hanno continuato i commissari. Nonostante le politiche salariali siano in mano agli Stati membri, e non all’Unione, la Commissione ha però rivendicato il lavoro svolto per apportare cambiamenti concreti. “Abbiamo messo sul tavolo una serie di proposte per affrontare questo problema sul posto di lavoro e a casa – hanno spiegato i commissari – È urgente che queste vengano portate avanti dal Parlamento europeo e dagli Stati membri in seno al Consiglio al fine di ottenere risultati concreti, ad esempio migliorando i diritti dei genitori e dei lavoratori per prendere congedi per sostenere le loro famiglie”.

I motivi del divario, secondo i commissari, sono molteplici. “Le donne lavorano più spesso part-time, si confrontano con il ‘soffitto di vetro’ aziendale, lavorano in settori a basso reddito o spesso devono assumersi la responsabilità di prendersi cura delle proprie famiglie“, si legge nel rapporto presentato dai commissari.

“Nel contesto del pilastro europeo dei diritti sociali, la Commissione ha intrapreso azioni per consentire ai genitori e alle persone che lavorano di migliorare il proprio avanzamento professionale, pur essendo in grado di prendersi cura delle proprie famiglie. La proposta della Commissione sull’equilibrio vita-lavoro include il diritto per tutti i padri di prendere almeno 10 giorni di congedo professionale per la nascita del figlio”, si legge ancora nel documento che punta a dare delle direttive comunitarie. Un incentivo, quindi, per allargare il congedo parenterale a entrambi i sessi, così da non ‘costringere’ solo le donne a bloccare la loro carriera. “In definitiva – conclude la relazione-  aumenterà la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. I negoziati con il Parlamento europeo e il Consiglio sono in corso e un accordo, forse, potrà arrivare entro la fine dell’anno”.

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