Il presidente della Repubblica in un'intervista al Corriere e nell'intervento a Trieste ricorda l'eroismo e il sacrificio dei soldati, ma anche "gli errori gravi ed evitabili" dei politici
“L’amor di patria non coincide con l’estremismo nazionalista. L’amor di patria oggi è inscindibile con i principi della nostra Costituzione, che ne sono il prodotto e il compimento”. Queste le parole pronunciate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un’intervista al Corriere della Sera il giorno del centenario della Grande Guerra. Parole che mettono in guardia dalle possibili derive nazionaliste, che, ha ricordato, “furono alla base di una supremazia dello Stato sul cittadino, di una chiusura autarchica”. Un concetto ribadito poi a Trieste dove il capo dello Stato ha partecipato alla festa delle Forze armate. Bisogna “ribadire con forza tutti insieme – ha scandito il presidente – che alla strada della guerra si preferisce coltivare amicizia e collaborazione, che hanno trovato la più alta espressione nella storica scelta di condividere il futuro nella Unione europea”. Il capo dello Stato sottolinea che “lo scoppio della guerra nel 1914 sancì in misura fallimentare l’incapacità delle classi dirigenti europee di allora di comporre aspirazioni e interessi in modo pacifico anziché cedere alle lusinghe di un nazionalismo aggressivo“.
E poiché l’amor di patria si fonda sui principi della Carta, Mattarella sottolinea che la Costituzione Italiana “nata dalla Resistenza, ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie, privilegia la pace, la collaborazione internazionale, il rispetto dei diritti umani e delle minoranze” mentre dall’altra parte la guerra non ha prodotto altro che dolore, miseria e sofferenza. “Non risolse le antiche controversie fra gli Stati ma ne creò di nuove e ancor più gravi facendo sprofondare antiche e civili nazioni nella barbarie di totalitarismi e ponendo le basi per un altro ancor più distruttivo, disumano ed esacerbato conflitto“. Il capo dello Stato ha ricordato che “gli errori gravi ed evitabili delle classi dirigenti del secondo decennio del Novecento e una conduzione della guerra dura e spietata degli altri comandi non devono e non possono mettere in ombra comportamenti eroici dei soldati e gli enormi sacrifici compiuti in nome dell’ideale della patria”.
A specchio sono i concetti espressi anche nell’intervista rilasciata a Marzio Breda sul Corriere. “Le democrazie hanno bisogno di un ordine internazionale che assicuri cooperazione e pace, altrimenti la forza dei loro stessi presupposti etici, a partire dall’inviolabilità dei diritti umani, rischia di diventare fragile di fronte all’esaltazione del potere statuale sulla persona e sulle comunità”. Per altri versi Mattarella ha specificato di non temere la ricomparsa degli spettri del passato, “pur guardando con preoccupazione a pulsioni di egoismi e supremazie di interessi”. Qui c’entra anche l’Europa che “si è consolidata nella coscienza degli europei, molto più di quanto non dicano le polemiche legate alle necessarie, faticose decisioni comuni nell’ambito degli organismi dell’Unione Europea”. D’altra parte “nessuno Stato, da solo, può affrontare la nuova dimensione sempre più globale. A comprenderlo sono soprattutto i giovani“.