Alberi piegati e spazzati via. Interi versanti stravolti. Anche da smottamenti e frane. Corsi d’acqua, ingrossati da piogge torrenziali ma anche da detriti e tronchi. Tanti, tantissimi, al punto di avere l’impressione che si tratti di distese, in movimento. Strade interrotte, abitazioni danneggiate fino a comprometterne l’agibilità. Collegamenti impossibili, da giorni. Acquedotti disintegrati. Quasi un cataclisma. Come un inferno. Nel quale le persone, quelle di ogni luogo, cercano di mettere un po’ d’ordine. Mentre l’aria odora di resina e di pioggia.
Ben oltre di un milione di metri cubi di foreste abbattute, in Trentino, in Alto Adige e in Veneto. “È il giorno dei morti, degli alberi morti. Sgomentano le fotografie che mostrano l’immane cimitero di guerra di uno tra i nostri più preziosi patrimoni naturali”, ha scritto il 2 novembre Isabella Bossi Fedrigotti sul Corriere della sera. Insomma, “è cambiato per sempre il profilo delle Dolomiti, nostra straordinaria riserva di ossigeno, pregiatissimo magazzino-vita che non sarà possibile ripristinare chissà per quanto”. Chiaro? “Per sempre”. Lassù, sulle montagne nelle quali d’estate si va in vacanza a passeggiare oppure d’inverno a sciare, nulla sarà più come prima. Come è stato fino al disastro. “La situazione è pesante, apocalittica, strade devastate, tralicci piegati come fuscelli”, ha detto il Direttore del Dipartimento della Protezione Civile Nazionale Angelo Borrelli al termine del sopralluogo sulle zone più colpite dal maltempo.
Il presidente del Veneto, Zaia, parla di “almeno 1 miliardo di euro di danni” in tutta la regione e il sottosegretario Giancarlo Giorgetti annuncia di aver deciso di destinare 1 milione di euro al recupero dei boschi dell’Altopiano di Asiago, devastati dal maltempo. Il vicepremier Luigi Di Maio ha annunciato che sarà dichiarato lo stato di emergenza per tutte le regioni colpite e Matteo Salvini, dopo aver sorvolato in elicottero le zone sconvolte dagli eventi, è arrivato all’aeroporto di Belluno dove è stata istituita una sala operativa dalla Prefettura. Chi si sarebbe aspettato, almeno in questa occasione, che Salvini, rispettando il ruolo istituzionale, avesse parlato con toni pacati, sarà rimasto deluso. Chi immaginava che il ministro degli Interni e vice presidente del Consiglio dei ministri avrebbe rinunciato al suo naturale desiderio di protagonismo, di fronte al cataclisma, si sarà sorpreso, forse.
“Troppi anni di incuria e malinteso ambientalismo da salotto che non ti fanno toccare l’albero nell’alveo ecco che l’alberello ti presenta il conto”, ha detto Salvini. Certo ha dichiarato anche che “il bosco vive e deve essere curato e il greto del torrente dragato”, aggiungendo che “la tutela della montagna dovrebbe essere affidata alle comunità locali”. Certo, ha anticipato che “in settimana ci sarà un Consiglio dei ministri per questi eventi”. Innegabile. Ma quel riferimento al “malinteso ambientalismo da salotto” e ai guasti che avrebbe comportato sommerge tutto il resto. Detto e fatto. Vanifica le altre parole e i prossimi impegni.
Quindi l’ecatombe di Trentino, Alto Adige e Veneto è la conseguenza dei comitati ambientalisti che da anni si battono perché proprio quelle aree non siano spazi nei quali gli affari prevalgano sulla natura? Non siano zone nelle quali gli interessi di pochi vedano il sacrificio di beni comuni? Quindi per Salvini le contrarietà avanzate da tante associazioni, a partire dalla sezione di Belluno di Italia Nostra, sono corresponsabili di quel che sta accadendo? Quindi il disastro “è colpa” anche della battaglia contro il prolungamento della A27 lungo la direttrice Cadore-Comelico? Quindi il disastro è imputabile anche alla scelta di plaudire alla decisione, seguendo peraltro la normativa europea a tutela delle acque, di dire basta ai finanziamenti al mini-idroelettrico che distrugge gli ultimi torrenti naturali e produce poca energia? Quindi il disastro va ascritto alla decisione di schierarsi avverso la candidatura di Cortina come sede delle Olimpiadi invernali del 2016? Molti quesiti, ai quali se ne potrebbero aggiungere altri. Molte le domande che il sasso lanciato da Salvini con le sue dichiarazioni, suggerisce.
Quel che sembra indubitabile, fra molte incertezze, è che il “malinteso ambientalismo da salotto” evocato dal ministro degli Interni e vice presidente del Consiglio, può anche suonare come una offesa. Per gli abitanti dell’Agordino, quelli del Feltrino, del Comelico e dell’Ampezzo. Per quelli di Pieve di Livinallogo del Col di Lana. Persone che hanno conosciuto la guerra, della quale rimangono ancora le trincee sulla montagna. Lavoratori che preferiscono le azioni alle parole. Soprattutto quando inappropriate. Lì sulle montagne i tweet non contano. Lassù ci si aspetta aiuto, ma si esige rispetto.