Il ricorso davanti alla giustizia amministrativa, di cui parlava domenica il sindaco per spiegare il mancato abbattimento, si era estinto per "perezione": i proprietari non avevano prodotto altri atti e lo stesso aveva fatto il Comune di Casteldaccia. Il Consiglio di Stato: "L'ordinanza poteva - e doveva - essere eseguita". Il sindaco del paese: "Non abbiamo fatto ricorso per esiguità di risorse. Non ho i soldi per abbattere le case"
Per il sindaco Giovanni Di Giacinto, la villetta era abusiva, il Comune di Casteldaccia aveva ordinato la demolizione ma i proprietari si erano opposti e avevano presentato ricorso al Tar. Così l’abbattimento dell’abitazione a meno di 150 metri dal letto del fiume Milicia, una fiumara dimenticata da tutti fino a quando sabato sera si è ingrossata a dismisura uccidendo 9 persone, era stato bloccato. Ma per l’amministrazione comunale, in teoria, il semaforo era nuovamente verde dal 2011. Sette anni fa.
Ovvero da quando il ricorso davanti alla giustizia amministrativa si era estinto per “perezione”, termine tecnico dietro il quale si nasconde l’inerzia delle parti che porta a chiudere il processo amministrativo. Perché i proprietari non avevano prodotto altri atti e lo stesso aveva fatto il Comune di Casteldaccia, visto che non si era neanche costituito in giudizio. “Da quanto ci risulta ancora il tribunale amministrativo non ha provveduto, per cui la demolizione non è stata possibile”, raccontava domenica il sindaco Di Giacinto. In realtà, nel palazzo di città a Casteldaccia non hanno mai ricevuto alcuna comunicazione proprio perché non avevano mai provveduto alla costituzione in giudizio. L’humus nel quale si è alimentata la tragedia di sabato e le responsabilità penali sono ora al vaglio della procura di Termini Imerese, che domenica ha subito focalizzato la propria attenzione sull’abusivismo.
Anzi, secondo il Consiglio di Stato, nemmeno tra il 2008 e il 2011 abbattere la villa sarebbe stato impossibile: “Non può sostenersi che la semplice presentazione di ricorso sia di per sé sufficiente a bloccare l’efficacia dell’ordine di demolizione. In ogni caso, nel 2011 il giudizio al Tar si è concluso e l’ordinanza di demolizione del sindaco non è stata annullata; né il Comune si è mai costituito in giudizio. Quindi, in questi anni l’ordinanza di demolizione poteva – e doveva – essere eseguita“, scrive in una nota il Consiglio di Stato e della Giustizia amministrativa spiegando che “ogni altra ricostruzione dei fatti è falsa e volta a delegittimare l’istituzione della giustizia amministrativa”.
“Io non mi tiro fuori dalle responsabilità, è chiaro che la mia amministrazione ha fatto nel tempo quello che poteva, con le risorse limitate che ha – si è difeso Di Giacinto intervenendo su Rtl 102.5 – Oggi noi siamo un comune in dissesto non possiamo intervenire, oltre all’ordinario, nella straordinarietà”. Adesso, ha aggiunto, “sto verificando se avevamo avuto una notifica della decadenza del procedimento amministrativo”, ha continuato il sindaco che, poi, ha sottolineato di non aver voluto ricorrere tempestivamente al Tar, per esiguità di risorse. E, a proposito di fondi, aggiunge: “Lo Stato o la Regione mi aiutino. Io non ho i soldi per le demolizioni. Il Comune è in dissesto economico dal 2015: posso solo compiere atti di ordinaria amministrazione e abbattere una costruzione abusiva costa mediamente 60mila euro. Ne abbiamo una trentina da buttare giù, come faccio?”.
Dieci anni fa – e fino al 2013 – il sindaco era proprio Di Giacinto, poi cinque anni fa il suo posto è stato preso da Fabio Spatafora. Entrambi sono accusati dalla procura della Corte dei conti siciliana, come raccontato domenica da Ilfattoquotidiano.it, di non aver fatto rispettare le norme di contrasto all’abusivismo edilizio causando un danno erariale di 239mila euro. “Non riguardava quella villetta”, si è difeso Spatafora, che dopo la tragedia ha ricordato come durante il suo mandato abbia presentato diversi esposti – assieme al sindaco di Altavilla Milicia – per provare a fermare quell’abusivismo incessante nelle campagne tra Casteldaccia e i comuni limitrofi.
Secondo Spatafora c’erano migliaia di richieste di sanatoria inevase, ma il Comune ha appena sei vigili urbani in un territorio vastissimo e flagellato da quarant’anni di abusivismo edilizio, mancanza di fondi per demolire gli immobili fuori legge. “La situazione è davvero difficile – ha detto – Abbiamo solo 6 vigili urbani a cui delegare i controlli e parliamo comunque di luoghi in cui è anche complicato accedere perché i proprietari delle case abusive hanno fatto dei cancelli che non consentono i sopralluoghi“. Tanto che, spesso, “a informarmi delle nuove costruzioni era il sindaco del comune vicino che, dall’alto, poteva rendersi conto di quanto accadeva a valle”. E, sottolineava, “non si parli di abusivismo di necessità, molte case vengono affittate“. Proprio come accaduto con quella villetta, da due anni nella disponibilità delle famiglie che sabato sera cenavano e ballavano in un week end di festa. Fino a quando non si è risvegliato il Milicia.