Il Servizio studi ha dubbi sulla "ragionevolezza" della disciplina che sembra punire in modo più severo "condotte di minore gravità", cioè la dichiarazione infedele e l'omessa dichiarazione, e introdurre al contrario uno scudo per dichiarazione fraudolenta tramite fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici
I tecnici del Parlamento chiedono chiarimenti sul decreto fiscale. Il testo, collegato alla manovra, escluderebbe infatti il carcere per la dichiarazione fraudolenta tramite fatture false, mentre lo manterrebbe per le meno gravi dichiarazione infedele e omessa dichiarazione. “L’esigenza di un chiarimento – afferma il Servizio Studi – potrebbe porsi sulla ragionevolezza della disciplina prevista al comma 9 che, se da un lato, come osservato dalla Corte dei conti parrebbe escludere l’applicazione delle sanzioni penali per le dichiarazioni integrative fraudolente in relazione ai proventi derivanti dai reati di cui agli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ndr) dall’altro, introduce un regime sanzionatorio di natura penale per le dichiarazioni integrative fraudolente relative ai proventi derivanti dai reati di cui agli articoli 4 e 5 del citato decreto 74 (dichiarazione infedele e omessa dichiarazione ndr); articoli che contemplano condotte di minore gravità delle precedenti”.
“L’esigenza di un chiarimento – si legge ancora nel dossier preparato dal Servizio Studi di Camera e Senato – è rilevante anche per i profili di competenza finanziaria in quanto l’incertezza eventuale in ordine al regime sanzionatorio di natura penale applicabile si potrebbe riflettere sul numero e sui valori delle adesioni alla misura e conseguentemente sulle attese in termini di recupero di gettito“.
Dubbi sono sollevati anche sulla capacità oggettiva dell’amministrazione di gestire l’operazione: “In relazione agli oneri gestionali che deriveranno dall’implementazione della disciplina, appare necessaria una conferma che la misura in esame potrà essere implementata avvalendosi delle dotazioni umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e che le procedure ed attività richieste all’Amministrazione finanziaria non si rifletteranno negativamente sulle attività ordinarie”, sottolineano i tecnici. Infine, “con riferimento alla prevista individuazione di un’aliquota media derivante dal rapporto tra l’Iva sulle operazioni imponibili ed il volume d’affari dichiarato, andrebbe confermata, con opportuni elementi informativi in merito, la compatibilità della nuova disciplina con il diritto comunitario”.
I tecnici sono perplessi anche sugli incassi della rottamazione-ter previsti dal decreto fiscale e sulle coperture delle misure derivanti dai tagli ai ministeri. Su quest’ultimo punto, in particolare, “andrebbero acquisite conferme sulla capacità dei Ministeri di realizzare effettivamente, senza pregiudizio per gli obiettivi previsti nel corrente anno, 589 milioni di euro di risparmi che aumentano a 818,8 milioni di euro in termini di fabbisogno e indebitamento netto pur trovandosi a mancare ormai soltanto poco più di due mesi dalla fine dell’esercizio”, si legge nel dossier dedicato al provvedimento. Sulla rottamazione viene invece rilevato in più punti che la relazione tecnica al decreto non calcola gli effetti di gettito e non tiene conto né della percentuale dei probabili “abbandoni” di chi aderisce all’operazione, né della fetta di contribuenti che sceglierà di pagare in un’unica rata a luglio 2019.