Cronaca Nera

Messico, ucciso un italiano di 32 anni a Tepechitlan: vendeva gruppi elettrogeni come i 3 napoletani scomparsi a gennaio

Alessandro De Fabbio è stato trovato cadavere all'interno di un'auto, nello stato di Zacatecas. Diverse le analogie con i tre campani scomparsi da quasi un anno: anche lui napoletano, condividevano anche lo stesso ramo negli affari. I famigliari: "Ormai il Messico è un posto maledetto, un viaggio senza ritorno". Dal 2004 sono sette gli italiani morti o scomparsi in Messico

È stato trovato morto a bordo di un’auto, ucciso da almeno un colpo d’arma da fuoco che lo ha raggiunto all’addome, a Tepechitlan, nello stato di Zacatecas, in Messico. Lui si chiamava Alessandro De Fabbio, 32 anni. Ad annunciare il ritrovamento del cadavere è stata la procura dello Stato, citata dalla stampa messicana, fra cui El Universal. Una notizia drammatica per la famiglia della vittima e, al tempo stesso, inquietante per un’altra famiglia. Quella di Antonio Russo, del figlio Raffaele e del nipote Vincenzo Cimmino, i tre napoletani di cui si sono perse le tracce da gennaio 2018. Le due storie hanno diverse analogie. Perché i tre sono scomparsi proprio in Messico, nello stato di Jalisca, perché anche De Fabbio era napoletano e della zona di piazza Mercato e perché anche lui, proprio come i suoi concittadini, vendeva motoseghe elettriche e gruppi elettrogeni.

IL RITROVAMENTO DEL CADAVERE – Pochi i particolari che si conoscono sulle circostanze che hanno portato alla morte di Alessandro De Fabbio, detto ‘Poppe’. Il cadavere è stato trovato a circa 350 metri da una moto Honda grigia noleggiata a Città del Messico. Sul posto sono stati ritrovati anche i suoi documenti. A commentare l’accaduto attraverso un post su Facebook è stato il figlio di Antonio Russo, Francesco: “Caro Alessandro – ha scritto – è inaccettabile andare in Messico per cercare di guadagnare qualche soldo per portare avanti la propria famiglia e non fare più ritorno”. E ancora: “Io che capisco il dolore spero con tutto il mio cuore che tu da lassù possa dare tanta forza alla tua famiglia! Ormai il Messico è un posto maledetto, un viaggio senza ritorno”.

15 GIORNI FA LA PROTESTA IN STAZIONE – La tensione sale, anche perché tutto questo accade a circa due settimane dalla protesta nel corso della quale, alla stazione ferroviaria di Napoli Centrale, alcuni treni sono stati bloccati proprio dai parenti di Raffaele, Antonio e Vincenzo, per spingere le istituzioni a dare risposte sulla sorte dei loro familiari, dei quali non hanno notizie da nove mesi. Distesi sui binari della stazione una trentina di parenti hanno bloccato la partenza di due treni Frecciarossa e anche quella di altri convogli. A luglio la procura federale del Messico ha arrestato Josè Guadalupe Rodriguez Castillo, noto anche con i soprannomi di el Quince e don Lupe, uomo forte del cartello Nueva generacion, specializzato nel traffico di droghe sintetiche ma anche in quelle tradizionali, attivo in particolare nello Stato occidentale di Jalisco, con l’accusa di essere coinvolto nel rapimento di Raffaele, Antonio e Vincenzo. Prima erano stati arrestati anche tre agenti della polizia locale, accusati di averli rapiti. A settembre scorso, l’avvocato delle famiglie Russo e Cimmino, Claudio Falleti, ha presentato una rogatoria internazionale per interrogare gli arrestati. Anche l’avvocato, in più di un’occasione, ha sottolineato la necessità dio approfondire il problema della sicurezza per gli italiani che si recano in Messico.

LE ALTRE STORIE – D’altro canto la scomparsa dei tre napoletani è stata preceduta da altre vicende mai chiarite. A cominciare da quella di Filippo Guarracino, 30enne napoletano, che nel 2004 andò in Messico per trascorrere un periodo di vacanza a Cancun. Appena due giorni dopo il suo arrivo, iniziò a inviare messaggi nei quali chiedeva aiuto ai parenti e agli amici. Temeva di essere ucciso. Quaranta minuti dopo l’ultima telefonata con la sorella, il ragazzo fu soccorso mentre era in grave stato di alterazione emotiva a tre chilometri dal residence. La sorella decise di andare Cancun, ma il 20 marzo, mentre era in procinto di partire, ricevette dall’ambasciata la notizia che Filippo era morto in seguito a un infarto. E poi ci sono le storie di Ciro Poli e Roberto Molinaro. Il primo aveva 21 anni ed era nato a Ponticelli (Napoli). Era nel business della vendita di generatori elettrici nella città di Monterrey e, proprio in Messico, aveva trovato moglie e da sette mesi era diventato papà di una bambina. Il 5 novembre 2013 il suo corpo fu ritrovato carbonizzato all’interno della sua auto. In questo caso, nonostante i sospetti, la famiglia fece propria la versione dell’incidente. L’anno dopo, il 1 ottobre 2014, a scomparire fu Roberto Molinaro, 36 anni. Anche lui si era trasferito in Messico per vendere generatori elettrici. Sparì nel nulla mentre si trovava a Veracruz.