“Il termine della prescrizione ostacola la lotta contro la corruzione“. Perché “incentiva tattiche dilatorie da parte degli avvocati” e il risultato è che “un’alta percentuale di cause cade in prescrizione dopo la condanna di primo grado“. E quindi se “la questione non sarà affrontata, la fiducia dei cittadini e degli investitori nello Stato di diritto potrebbe diminuire”. Non sono le posizioni di giudici e pubblici ministeri. Non sono neanche gli appelli dei familiari delle vittime delle stragi: quella di Viareggio, il terremoto a L’Aquila, le parti civili del processo Eternit e quelle per l’inquinamento di porto Marghera. Non si tratta nemmeno delle ennesime dichiarazioni dei ministri del Movimento 5 stelle, impegnati da giorni in uno scontro con gli alleati della Lega. Nossignore. A chiedere una riforma sulla prescrizione è l’Europa. E non da oggi: lo ha fatto più volte.
Il rapporto di Bruxelles nel 2017 – L’ultima risale al febbraio del 2017. A Palazzo Chigi sedeva ancora Paolo Gentiloni e nel rapporto semestrale dedicato ai Paesi dell’Eurozona la Commissione europea aveva messo nero su bianco un severissimo giudizio sugli “squilibri” italiani. Un dossier specifico (si può leggere qui) era stato diffuso da Bruxelles insieme a quello sul debito pubblico e aveva conquistato le pagine dei giornali perché la commissione aveva riconosciuto al nostro Paese di avere avviato una serie di “riforme positive“. Un passaggio molto apprezzato dall’allora ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che però aveva completamente ignorato la parte del rapporto dedicata alla giustizia. Un tema che impensieriva Bruxelles. E infatti nel dossier si ricordava come già nel 2016, tra le raccomandazioni spedite a Roma, fosse stato inserito un consiglio specifico: “Potenziare la lotta contro la corruzione, anche riformando l’istituto della prescrizione”. Dodici mesi dopo la valutazione non lasciava scampo: “Non sono stati compiuti progressi nella riforma dell’istituto della prescrizione“.
“Ostacola lotta a corruzione” – Nel 2017, dunque, ecco il nuovo impietoso rapporto. “Il termine della prescrizione ostacola la lotta contro la corruzione“, era l’incipit del lungo paragrafo dedicato al sistema giudiziario italiano, che la commissione aveva passato in rassegna. “Le sfide dell’Italia legate alla corruzione ad alto livello, ai conflitti di interesse, ai collegamenti con la criminalità organizzata e la corruzione nel settore privato sono ancora confermate da diversi indicatori”, si legge a pagina 59 del rapporto. “L’Italia – continuava il dossier – è 26° nella Ue per il controllo delle corruzione, Transparency International ha dato all’Italia uno dei punteggi più bassi nell’Ue, e il paese si è classificato 120esimo su 138 per favoritismi nelle decisioni pubbliche e 87esimo sulla distrazione di fondi pubblici (Banca mondiale 2016b, Wef, 2016)”, continua la relazione sottolineando poi che “gli appalti pubblici sono un settore a rischio, con il 29% di tutte le procedure che hanno un solo offerente e con il 9% che ha avuto una gara d’appalto a tutto il 2015″.
“Incentiva tattiche dilatorie degli avvocati” – Quindi si passava in rassegna la questione legata appunto alla prescrizione, in quel momento oggetto di dibattito parlamentare perché una riforma dell’istituto era prevista dal ddl Penale, studiata dall’allora guardasigilli Andrea Orlando. “Il sistema attuale ostacola considerevolmente la repressione della corruzione, non da ultimo perché incentiva tattiche dilatorie da parte degli avvocati”, scriveva la commissione che analizzato i dati del ministero della Giustizia. “Il rapporto tra il numero di procedimenti penali prescritti e il numero di procedimenti penali conclusi indica che le prescrizioni in primo grado sono aumentate dal 2013, salendo al 9,5% nel 2015. Per quanto riguarda le corti d’appello, nel periodo 2006-2015 questo rapporto è aumentato dal 12,3% al 22,6%. I tassi di prescrizione presso la Corte di Cassazione sono più bassi, ma risultano in aumento da qualche anno a questa parte. Nel complesso, un’alta percentuale di cause cade in prescrizione dopo la condanna di primo grado”.
La riforma Orlando promossa con riserva – Quindi si faceva riferimento alla riforma Orlando che sarebbe stata approvata dopo quattro mesi, nel giugno del 2017: tra le novità, attualmente in vigore, l’aumento del termine di prescrizione per i casi di corruzione pari alla pena edittale aumentata della metà (anziché un quarto come per i reati di minore gravità) e lo stop di 18 mesi dopo il giudizio di primo grado. Una legge che in quel momento la commissione promuoveva, seppur senza troppo entusiasmo. “Anche se la proposta non mette fine ai termini di prescrizione dopo una condanna di primo grado (come suggerito dal Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione), si ritiene che questo sia un passo nella giusta direzione. La proroga dei termini di prescrizione potrebbe aumentare gli incentivi a ricorrere a procedimenti abbreviati e ridurre gli abusi del processo, contribuendo quindi a rafforzare l’efficacia della giustizia penale. Se la questione non sarà affrontata in linea con le migliori pratiche dell’Ue, la fiducia dei cittadini e degli investitori nello Stato di diritto potrebbe diminuire”, ragionavano a Bruxelles.
Stop dopo condanna o sentenza di primo grado? – Il suggerimento citato tra parentesi si riferiva all’ultimo rapporto del Greco, l’organo anticorruzione del Consiglio d’Europa che nel gennaio del 2017 registrava in Italia “l’allarmante” numero dei processi penali non conclusi a causa della prescrizione. “Il problema dei tempi di prescrizione dei reati”, rappresentava anche per Strasburgo una “seria preoccupazione” per “l’impatto negativo sui casi di corruzione”. Il gruppo d’esperti, però, non ha mai consigliato espressamente che tipo di riforma varare. Nel riferimento della commissione Ue – in lingua inglese- si parla di “stop prescription terms after a firstinstance conviction”, che diventa appunto mettere fine “ai termini di prescrizione dopo una condanna di primo grado”. Una traduzione letterale mentre più realisticamente si trattava di un congelamento dopo una sentenza di primo grado: qualsiasi essa sia. Anche perché in caso di sospensione solo in caso di condanna, si rischierebbe una bocciatura da parte della Consulta: come già avvenuto con la legge Pecorella nel 2006, infatti, si potrebbe configurare una disparità di trattamento degli imputati.
La proposta Bonafede – È anche per il rischio incostituzionalità se il guardasigilli Alfonso Bonafede ha chiesto d’inserire un emendamento al ddl Anticorruzione per inserire lo stop dopo la prima sentenza. Una norma lunga tredici righe che ha scatenato il panico all’interno del governo, con la guerra a bassa intensità aperta dal Carroccio. Dichiarazioni dei ministri ed emendamenti da colpo di spugna dei parlamentari: tutto pur di bloccare, o ritardare, la riforma della prescrizione. Ce la chiedeva l’Europa: chissà forse anche per questo motivo alla Lega non piace.
Twitter: @pipitone87
Giustizia & Impunità
Prescrizione, quando a chiedere la riforma era l’Europa: “Ostacola lotta a corruzione. Stop dopo il primo grado”
Nel febbraio del 2017 la commissione Ue aveva espresso un severissimo giudizio sulla situazione giuridica italiana: "Se la questione non sarà affrontata, la fiducia dei cittadini e degli investitori nello Stato di diritto potrebbe diminuire". La riforma Orlando - approvata quattro mesi dopo - era stata promossa con riserva da Bruxelles che sulla prescrizione avrebbe preferito a uno stop "dopo una sentenza di primo grado". Cioè la stessa modifica proposta al ddl Anticorruzione che ha scatenato la Lega
“Il termine della prescrizione ostacola la lotta contro la corruzione“. Perché “incentiva tattiche dilatorie da parte degli avvocati” e il risultato è che “un’alta percentuale di cause cade in prescrizione dopo la condanna di primo grado“. E quindi se “la questione non sarà affrontata, la fiducia dei cittadini e degli investitori nello Stato di diritto potrebbe diminuire”. Non sono le posizioni di giudici e pubblici ministeri. Non sono neanche gli appelli dei familiari delle vittime delle stragi: quella di Viareggio, il terremoto a L’Aquila, le parti civili del processo Eternit e quelle per l’inquinamento di porto Marghera. Non si tratta nemmeno delle ennesime dichiarazioni dei ministri del Movimento 5 stelle, impegnati da giorni in uno scontro con gli alleati della Lega. Nossignore. A chiedere una riforma sulla prescrizione è l’Europa. E non da oggi: lo ha fatto più volte.
Il rapporto di Bruxelles nel 2017 – L’ultima risale al febbraio del 2017. A Palazzo Chigi sedeva ancora Paolo Gentiloni e nel rapporto semestrale dedicato ai Paesi dell’Eurozona la Commissione europea aveva messo nero su bianco un severissimo giudizio sugli “squilibri” italiani. Un dossier specifico (si può leggere qui) era stato diffuso da Bruxelles insieme a quello sul debito pubblico e aveva conquistato le pagine dei giornali perché la commissione aveva riconosciuto al nostro Paese di avere avviato una serie di “riforme positive“. Un passaggio molto apprezzato dall’allora ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che però aveva completamente ignorato la parte del rapporto dedicata alla giustizia. Un tema che impensieriva Bruxelles. E infatti nel dossier si ricordava come già nel 2016, tra le raccomandazioni spedite a Roma, fosse stato inserito un consiglio specifico: “Potenziare la lotta contro la corruzione, anche riformando l’istituto della prescrizione”. Dodici mesi dopo la valutazione non lasciava scampo: “Non sono stati compiuti progressi nella riforma dell’istituto della prescrizione“.
“Ostacola lotta a corruzione” – Nel 2017, dunque, ecco il nuovo impietoso rapporto. “Il termine della prescrizione ostacola la lotta contro la corruzione“, era l’incipit del lungo paragrafo dedicato al sistema giudiziario italiano, che la commissione aveva passato in rassegna. “Le sfide dell’Italia legate alla corruzione ad alto livello, ai conflitti di interesse, ai collegamenti con la criminalità organizzata e la corruzione nel settore privato sono ancora confermate da diversi indicatori”, si legge a pagina 59 del rapporto. “L’Italia – continuava il dossier – è 26° nella Ue per il controllo delle corruzione, Transparency International ha dato all’Italia uno dei punteggi più bassi nell’Ue, e il paese si è classificato 120esimo su 138 per favoritismi nelle decisioni pubbliche e 87esimo sulla distrazione di fondi pubblici (Banca mondiale 2016b, Wef, 2016)”, continua la relazione sottolineando poi che “gli appalti pubblici sono un settore a rischio, con il 29% di tutte le procedure che hanno un solo offerente e con il 9% che ha avuto una gara d’appalto a tutto il 2015″.
“Incentiva tattiche dilatorie degli avvocati” – Quindi si passava in rassegna la questione legata appunto alla prescrizione, in quel momento oggetto di dibattito parlamentare perché una riforma dell’istituto era prevista dal ddl Penale, studiata dall’allora guardasigilli Andrea Orlando. “Il sistema attuale ostacola considerevolmente la repressione della corruzione, non da ultimo perché incentiva tattiche dilatorie da parte degli avvocati”, scriveva la commissione che analizzato i dati del ministero della Giustizia. “Il rapporto tra il numero di procedimenti penali prescritti e il numero di procedimenti penali conclusi indica che le prescrizioni in primo grado sono aumentate dal 2013, salendo al 9,5% nel 2015. Per quanto riguarda le corti d’appello, nel periodo 2006-2015 questo rapporto è aumentato dal 12,3% al 22,6%. I tassi di prescrizione presso la Corte di Cassazione sono più bassi, ma risultano in aumento da qualche anno a questa parte. Nel complesso, un’alta percentuale di cause cade in prescrizione dopo la condanna di primo grado”.
La riforma Orlando promossa con riserva – Quindi si faceva riferimento alla riforma Orlando che sarebbe stata approvata dopo quattro mesi, nel giugno del 2017: tra le novità, attualmente in vigore, l’aumento del termine di prescrizione per i casi di corruzione pari alla pena edittale aumentata della metà (anziché un quarto come per i reati di minore gravità) e lo stop di 18 mesi dopo il giudizio di primo grado. Una legge che in quel momento la commissione promuoveva, seppur senza troppo entusiasmo. “Anche se la proposta non mette fine ai termini di prescrizione dopo una condanna di primo grado (come suggerito dal Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione), si ritiene che questo sia un passo nella giusta direzione. La proroga dei termini di prescrizione potrebbe aumentare gli incentivi a ricorrere a procedimenti abbreviati e ridurre gli abusi del processo, contribuendo quindi a rafforzare l’efficacia della giustizia penale. Se la questione non sarà affrontata in linea con le migliori pratiche dell’Ue, la fiducia dei cittadini e degli investitori nello Stato di diritto potrebbe diminuire”, ragionavano a Bruxelles.
Stop dopo condanna o sentenza di primo grado? – Il suggerimento citato tra parentesi si riferiva all’ultimo rapporto del Greco, l’organo anticorruzione del Consiglio d’Europa che nel gennaio del 2017 registrava in Italia “l’allarmante” numero dei processi penali non conclusi a causa della prescrizione. “Il problema dei tempi di prescrizione dei reati”, rappresentava anche per Strasburgo una “seria preoccupazione” per “l’impatto negativo sui casi di corruzione”. Il gruppo d’esperti, però, non ha mai consigliato espressamente che tipo di riforma varare. Nel riferimento della commissione Ue – in lingua inglese- si parla di “stop prescription terms after a firstinstance conviction”, che diventa appunto mettere fine “ai termini di prescrizione dopo una condanna di primo grado”. Una traduzione letterale mentre più realisticamente si trattava di un congelamento dopo una sentenza di primo grado: qualsiasi essa sia. Anche perché in caso di sospensione solo in caso di condanna, si rischierebbe una bocciatura da parte della Consulta: come già avvenuto con la legge Pecorella nel 2006, infatti, si potrebbe configurare una disparità di trattamento degli imputati.
La proposta Bonafede – È anche per il rischio incostituzionalità se il guardasigilli Alfonso Bonafede ha chiesto d’inserire un emendamento al ddl Anticorruzione per inserire lo stop dopo la prima sentenza. Una norma lunga tredici righe che ha scatenato il panico all’interno del governo, con la guerra a bassa intensità aperta dal Carroccio. Dichiarazioni dei ministri ed emendamenti da colpo di spugna dei parlamentari: tutto pur di bloccare, o ritardare, la riforma della prescrizione. Ce la chiedeva l’Europa: chissà forse anche per questo motivo alla Lega non piace.
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Il potere dei segreti
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.