“Posso pensare di essere un facile bersaglio per essere stato coinvolto in tante vicende, le più strane”. Parola di Tiziano Renzi nel corso dell’interrogatorio svolto in procura a Roma il 3 marzo del 2017. Il verbale del padre dell’ex premier è presente negli atti depositati dalla Procura dopo la chiusura dell’inchiesta Consip che vede tra gli indagati l’ex ministro dello Sport, Luca Lotti e il generale Tullio Del Sette. Per Renzi senior i pm hanno sollecitato l’archiviazione dall’accusa di millantato credito pur sottolineando l’inattendibilità delle sue dichiarazioni. Nel corso dell’atto istruttorio, Tiziano Renzi, riferendosi alla vicenda giudiziaria che lo coinvolge, in particolare il suo ruolo di sponsor di Carlo Russo (per cui il reato in origine traffico di influenze è stato “derubricato” a millantato credito) in favore dell’imprenditore Alfredo Romeo, afferma: “Credo cerchino di usare il mio cognome: sono un bersaglio facile. Osservo comunque che non avrei avuto motivi per discutere di questione di business diversi dal mio lavoro. Non ho mai fatto coincidere la mia felicità con il possesso”.
Parlando dell’ex amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, Renzi afferma di averlo conosciuto “tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, quando lo incontrai nella sua qualità di assessore alla sanità della Regione Toscana, in relazione alla richiesta fatta dall’associazione il Cireneo di installare una statua della Madonna di Medjugorje nel piazzale del piazzale Mayer a Firenze”. Ma proprio l’ex top manager della centrale acquisiti della pubblica amministrazione aveva detto che Russo gli “chiese di intervenire sull’appalto per conto di Tiziano Renzi e Verdini”
Su Russo, il padre dell’ex premier afferma di averlo conosciuto nel 2012. “Aveva una vita personale complicata – aggiunge davanti ai pm di piazzale Clodio – vidi una persona in difficoltà e gli proposi di andare a Medjugorje dove io e mia moglie organizziamo annualmente pellegrinaggi ed egli accettò. Non ho mai parlato con lui di Consip, non ho mai spinto per lui su Consip“. Una versione contraria a quella di Marroni. A tal proposito i pm chiedono per quale motivo avesse paura che Russo lo chiamasse. “Avevo il timore che lui usasse il mio nome impropriamente. Già alla fine del 2014 il mio genero aveva intimato a Russo di non usare il mio nome. Io lo percepivo come un pericolo”. Marroni, intercettato il 20 dicembre 2016, dice al capo dell’ufficio legale di essere stato avvertito dalle indagini “da quattro-cinque mesi”, quindi in estate. E sono almeno in tre, stando proprio agli inquirenti, che si precipitano ad allertare l’ad e a raccomandargli anche di non parlare a telefono (l’ex ministro e sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, il generale Emanuele Saltalamacchia, Filippo Vannoni, già presidente di Publiacqua a Firenze ed ex consigliere di Palazzo Chigi). Senza dimenticare l’intercettazione in cui l’autista del camper di Matteo Renzi chiama Russo: “Mi ha detto di dirgli di non chiamarlo e non madargli messaggi”.