Il funzionario, in pensione dal 2014, dovrà rispondere dei reati di favoreggiamento alla permanenza di immigrati clandestini in Italia, falso materiale e falso ideologico per induzione
Gioielli, cene, dispositivi elettronici, lavori di manutenzione e biglietti per le partite della Juventus in cambio del proprio aiuto a un’organizzazione che si occupava di fare entrare immigrati in Italia con falsi contratti di lavoro. È l’accusa con cui i carabinieri hanno arrestato Andrea Giangrasso, 69 anni, ex viceprefetto di Savona. Il funzionario, in pensione dal 2014, dovrà rispondere dei reati di favoreggiamento alla permanenza di immigrati clandestini in Italia, falso materiale e falso ideologico per induzione.
L’indagine, iniziata a marzo, nasce da una precedente operazione dei militari, denominata “Piramide”, al termine della quale erano finiti in manette cinque italiani e cinque egiziani per una vicenda di contratti di lavoro fittizi e matrimoni concordati. Uno degli arrestati, l’egiziano Ibrahim Bedir, considerato la “mente” della banda, nel corso degli interrogatori aveva rivelato che le pratiche erano seguite in prefettura da un “funzionario di fiducia”. Secondo l’accusa l’indagato sarebbe intervenuto quando gli stranieri, giunti in Italia con false promesse di assunzione, non si presentavano allo sportello dell’immigrazione per formalizzare la pratica: l’ex vice questore avrebbe fatto produrre da un medico, indagato, un falso certificato medico per giustificarne l’assenza. In seguito veniva firmato un contratto di assunzione con albergatori compiacenti nel quale gli stranieri risultavano aver lavorato per due mesi, con pagamento dei contributi Inps e in questo modo scattava la proroga del permesso. Oltre a Giangrasso e il camice bianco sono indagati anche un consulente del lavoro di Finale Ligure, un albergatore e lo stesso Bedir (attualmente ai domiciliari). “Fondamentale per l’indagine è stata la collaborazione degli uffici della Prefettura – spiega il comandante provinciale dei carabinieri, Dionisio De Masi – fin da subito ci hanno aiutato fornendoci materiale utile”. “Abbiamo aperto tutti gli archivi e il personale è stato sentito più volte – conferma il prefetto di Savona, Antonio Cananà – la disponibilità è totale, siamo i primi a volere che tutti gli aspetti della vicenda vengano chiariti”.