Serve il 33% degli aventi diritto affinché la consultazione sia valida, ma la partita - oltre che economica, con almeno una decina di società interessate - è anche politica: la sindaca è per il No, il Partito democratico per il Sì. In ballo il futuro della società, indebitata per 1,5 miliardi di euro, che dà lavoro a 11mila persone e ogni anno costa al Campidoglio 560 milioni di euro
Busitalia spa, rampante società di Ferrovie dello Stato, è ovviamente in prima fila. Ma ci sono anche le francesi Ratp, Veolia Transdev e Koelis e l’anglotedesca Arriva. Per non parlare dei consorzi più “piccoli”, come Roma Tpl Scarl, Sita Sud o la regionale Cotral (pronti anche ad accordi con le big). Sono molti gli spettatori interessati all’esito del referendum romano del prossimo 11 novembre, promosso dai Radicali Italiani, con il quale si chiede ai 2,8 milioni di cittadini capitolini se vogliono mettere a gara i 153 milioni di chilometri totali assegnati ad Atac Spa, società del comune di Roma che ha sempre ottenuto in affidamento diretto la gestione del trasporto pubblico in città. La storica azienda romana – la più grande d’Europa con i suoi 11mila dipendenti – è in forte difficoltà: strozzata da quasi 1,5 miliardi di debiti e anni di perdite di bilancio a 9 cifre, è stata ammessa al concordato preventivo dal Tribunale fallimentare di Roma, in attesa dell’assemblea dei creditori.
IL QUADRO ATTUALE – Ad oggi il tpl romano funziona in questo modo. Il Comune paga ogni anno ad Atac 560 milioni di euro per effettuare 153.025.644 chilometri fra bus, elettrici, filobus, tram e le tre linee di metropolitana, mentre versa altri 100 milioni di euro l’anno alla società privata Roma Tpl Scarl – un consorzio di ditte private laziali guidato dalla famiglia Cialone e partecipato anche da Umbria Mobilità e Vt Marozzi – per 28 milioni di chilometri su gomma in periferia. A decidere i prezzi dei biglietti è la Regione Lazio, mentre il trasporto è organizzato dall’agenzia capitolina Roma Servizi per la Mobilità. Ovviamente, il corrispettivo è legato all’ottemperanza del contratto di servizio. Atac, ad esempio, nel 2017 ha effettuato solo 128.717.906 chilometri (24 milioni in meno), incassando 66 milioni in meno al dovuto: solo sulla gomma, Atac ha “bucato” 15 milioni di chilometri (79,4 contro 94,2), che in euro equivalgono a 45,2 milioni di mancate entrate. I motivi sono molteplici: dalla maxi-fusione voluta nel 2010 da Gianni Alemanno, Atac è andata sempre in perdita costringendo il socio (Roma Capitale) a ricapitalizzazioni molto onerose ma che non hanno permesso la riuscita dei piani industriali che si sono succeduti. Inoltre, la flotta su gomma è datata (10-12 anni) e i programmi di acquisto dei nuovi bus procedono a rilento. La grande scommessa del Campidoglio è la “rottamazione” dei debiti attraverso il concordato preventivo, operazione che, se dovesse riuscire, potrebbe rilanciare l’azienda (nonostante questi vengano spalmati fino al 2044).
A ROMA IL PRIVATO C’E’ GIÀ – Ma il privato è davvero sinonimo di qualità? A Roma vi sono due realtà che sembrano confutare questa tesi. Da un lato c’e’ Cotral, società della Regione Lazio che nel 2010 era sull’orlo del baratro ma che prima Renata Polverini (attraverso il suo assessore Francesco Lollobrigida) e poi Nicola Zingaretti hanno voluto mantenere in house e rilanciato ottenendo il pareggio di bilancio e puntando con forza sul rinnovo della flotta e sulla puntualità; dall’altro c’e’ Roma Tpl, che sempre nel 2010 ha vinto la gara del Comune per la gestione del 20% del trasporto (su gomma, tutte linee periferiche) con appena lo 0,8% di ribasso, ben 800 milioni di euro in 8 anni (circa 1 miliardo, considerando i numerosi contenziosi vinti con il Comune). Soldi, questi ultimi, che non sono bastati a evitare i disservizi – nel 2017 è mancato all’appello il 6% delle corse stabilite – i costanti ritardi nei pagamenti di stipendi e spettanze ai lavoratori (con condizioni contrattuali imparagonabili a quelli dei colleghi di Atac), e centinaia di carte bollate in viaggio fra i rispettivi studi legali. “Ci hanno sempre pagato con grande ritardo”, si lamentano i vertici di Roma Tpl che hanno intrapreso attraverso il proprio studio legale decine di contenziosi con il Campidoglio. All’ennesimo grido d’aiuto dei lavoratori, l’anno scorso l’assessora capitolina Linda Meleo aveva dapprima annunciato la rescissione in danno del contratto, salvo poi dover cedere dal punto di vista legale e addirittura prorogare l’affidamento al 2020, prevedendo la rimessa a gara dei 30 milioni di chilometri già gestiti da Roma Tpl a cui si aggiunge un altro lotto da 15 milioni di chilometri, esattamente quelli che Atac non riesce più a fare.