Un nuovo modello sviluppato da Google e dall'Università di Harvard individua con grande precisione e in tempo reale i ristoranti non sicuri. Sfrutta i dati aggregati delle ricerche e la cronologia delle posizioni, ma in cambio offre una maggiore sicurezza sanitaria.
Molti scelgono su app come TripAdvisor il ristorante in cui cenare, basandosi su opinioni e recensioni dei clienti. Un giorno potremmo decidere quali ristoranti evitare grazie a FINDER, un modello che sfrutta l’apprendimento automatico e i dati aggregati. FINDER vi dirà dove è meglio NON mangiare, da quali ristoranti stare alla larga per evitare intossicazioni alimentari.
Per capire come funziona FINDER immaginate questo scenario. Andate al ristorante, consumate la vostra cena, quanto rincasate cercate su Google “crampi allo stomaco” o “dissenteria”. Usando l’intelligenza artificiale, FINDER incrocia i vostri dati nella cronologia delle posizioni (in pratica vede dove siete stati), e “capisce” che potreste avere ingerito cibo avariato. Se il caso si verifica con molti utenti che hanno cenato nello stesso locale, è possibile che nel cibo di quel ristorante ci sia qualche problema.
L’idea di partenza di Google e dei ricercatori dell’Università statunitense di Harvard è che le tecniche di apprendimento automatico possano diventare strumenti utili nel rilevare in un contesto reale le malattie insorte in conseguenza del cibo ingerito. FINDER infatti è l’acronimo inglese di Foodborne IllNess DEtector in Real time, rilevatore in tempo reale di malattie di origine alimentare.
Un primo test di questa tecnica è stato condotto negli Stati Uniti nelle città di Las Vegas e Chicago. Confrontando i dati ottenuti con FINDER e quelli delle ispezioni sanitarie di routine è emerso che il primo è più preciso. In entrambe le città la precisione con cui FINDER ha “pizzicato” ristoranti non sicuri è stata del 52,3 per cento. Vale a dire che su cento segnalazioni, oltre la metà riguardavano effettivamente locali non sicuri. La precisione ottenuta mediante le ispezioni di routine è stata invece pari al 22,7 per cento.
FINDER è anche stato anche più preciso rispetto ad altri sistemi “digitali”, che cercano informazioni nei commenti negativi pubblicati online. Il motivo è che quando accusiamo un malore di natura alimentare tendiamo a puntare il dito contro l’ultimo posto in cui abbiamo consumato cibo. Spesso ci azzecchiamo, ma in quasi il 40% dei casi a farci stare male è stato il penultimo o il terz’ultimo locale in cui siamo stati. Per esempio, se prima di cena vi siete fermati in un locale per l’aperitivo, non è detto il vostro malore debba essere ricondotto al ristorante. Incrociando i dati di tutti gli utenti, FINDER può “notare” che molti dei clienti che hanno preso l’aperitivo nel vostro stesso locale hanno accusato malori, mentre nessuno che ha cenato nel vostro ristorante ha avuto problemi di salute.
L’idea, sebbene ancora in fase sperimentale, sembra funzionare. Potrebbe svolgere un ruolo importante nella lotta contro le malattie trasmesse da alimenti, oltre che rendere più efficienti i controlli sanitari. Uno degli autori della ricerca, Evgeniy Gabrilovich, ha spiegato infatti che si potrebbero già usare i dati online per fare analisi epidemiologiche quasi in tempo reale, con il potenziale di migliorare significativamente la salute pubblica con tempismo ed efficienza”.
Qualcuno starà pensando che anche questa tecnologia passa per la condivisione dei propri dati (che comunque sono anonimi). E’ vero, ma sembra uno dei rari casi in cui rinunciare a un po’ della propria privacy porta vantaggi reali e tangibili ai consumatori. Non solo: se questo strumento diventasse capillare come TripAdvisor, forse i ristoratori presterebbero maggiore attenzione all’igiene e alla qualità dei cibi che servono!