Un gruppo di ricercatori ha ottenuto un risultato eclatante: modificando un comune tag RFID come quelli sulle etichette dei vestiti ha ottenuto un rilevatore di luce ambientale che funziona senza batterie.
Gli oggetti che appartengono alla categoria IoT (Internet delle Cose), ossia che si collegano a Internet, sono moltissimi e aumenteranno esponenzialmente. Il problema è che tutti questi dispostivi sono alimentati da batterie che vanno sostituite, o devono essere ricaricati. Insomma, comportano costi fissi di “manutenzione”. In futuro questo problema potrebbe essere eliminato.
I ricercatori dell’Università di Waterloo, in Canada, hanno compiuto un grande passo avanti verso la realizzazione di dispositivi intelligenti che non usano né batterie né sistemi di ricarica. In un piccolo esperimento hanno modificato un comune tag RFID – una sorta di etichetta intelligente – e l’hanno trasformato in un dispositivo IoT senza batteria valevole come sensore di luce ambientale.
RFID è acronimo di Radio-Frequency IDentification, in italiano “Identificazione a Radiofrequenza”. Tutti conosciamo l’aspetto dei tag RFID: fra le altre cose sono quegli adesivi che trovate spesso sulle etichette dei vestiti per prevenire i furti nei negozi. Ne esistono di diversi tipi, vengono anche usati in sostituzione dei codici a barre per identificare i prodotti. Quello che accomuna di diversi tipi di RFID è la presenza di un transponder, o tag appunto, ossia un dispositivo elettronico composto da un chip e da un’antenna RF (radio-frequenza).
Quello che hanno fatto i ricercatori è stato rimuovere la pellicola di plastica che protegge il tag RFID, ritagliare una piccola sezione del nastro ondulato con le forbici, quindi collegare un sensore fra questo e l’antenna FR. Un lavoro che non si può certo riproporre su larga scala. La finalità però non era la produzione di massa, piuttosto dimostrare che basta poco per realizzare un rilevatore di luce senza batteria. Con la modifica apportata, infatti, il gruppo di ricerca ha conferito al tag la capacità di rilevare informazioni circa l’ambiente che lo circonda. Per rilevare la luce, per esempio, è stato introdotto un fototransistor, ossia un piccolo sensore che risponde a diversi livelli di luce. I ricercatori hanno inoltre realizzato un programma software per leggere i dati del fotoransistor.
Ju Wang della Cheriton School of Computer Science di Waterloo ha spiegato che “è davvero facile hackerare un tag RFID per creare un dispositivo IoT. Anche un novizio potrebbe farlo”. Forse un novizio no, e di certo non intendiamo metterci a sforbiciare tutti gli RFID che troviamo per vedere che ne esce. Aspettiamo che gli esperti facciano il loro lavoro, e speriamo un giorno di beneficiare dei risultati!