Il parroco ipotizza nei confronti del ministro dell'Interno i reati di diffamazione aggravata a mezzo stampa, calunnia e omissione di atti d’ufficio. Salvini aveva twittato che il prete "ama circondarsi di clandestini africani". Per 22 odiatori i cui commenti non sono stati cancellati da Salvini la magistratura ha dato mandato alla polizia giudiziaria di individuarne le identità
Diffamazione aggravata a mezzo stampa, calunnia e omissione di atti d’ufficio. È sull’ipotesi di questi reati che Don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro (Pistoia) impegnato nell’accoglienza dei migranti, ha querelato Matteo Salvini. Lo aveva promesso a fine agosto, dopo che il vicepremier aveva commentato con due post sui social la notizia della chiusura del suo centro di accoglienza per motivi di sicurezza . E così ha fatto. Nella querela sono coinvolte anche 22 persone che si accodarono ai messaggi del leader leghista scrivendo frasi ritenute offensive (e mai cancellate dallo stesso Salvini). Sul caso, come riporta Il Tirreno, indaga la procura di Pistoia. Immediata la reazione del ministro dell’Interno: “Ecco, mi mancava questa… #hastatoSalvini”, si legge in un tweet pubblicato il 7 novembre, alimentando un botta e risposta con don Biancalani iniziato nell’estate 2017. E anche qui non sono mancati gli attacchi di alcuni utenti nei confronti del parroco. Per questo, secondo quanto appreso da Ilfattoquotidiano.it, Biancalani e il suo avvocato Elena Baldi pensano di procedere con una nuova iniziativa legale.
I post sotto accusa – “Tempi duri per il prete che ama attaccare me e circondarsi di presunti profughi africani, ancora un po’ e la canonica scoppiava… Chiuso”. Così, il 28 agosto, Salvini commentava su Facebook la chiusura del centro di accoglienza di Vicofaro a causa di due locali non a norma. Una frase pubblicata anche sul suo profilo Twitter, ma con un cambiamento: al posto di “profughi africani” era comparsa l’espressione “clandestini africani”. Ed è proprio per queste due frasi che don Biancalani ha querelato Salvini per diffamazione. A suo dire, nella struttura di Vicofaro non sono ospitati “presunti profughi” o “clandestini”, bensì “soggetti regolarmente censiti dalla Prefettura”.
Parlare di clandestini, poi, implica che il parroco abbia commesso il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Un’accusa che lui considera ingiusta e che può configurarsi come calunnia o, in alternativa, come omissione di atti d’ufficio. Dal momento che il ministro dell’Interno è un pubblico ufficiale, infatti, qualora fosse venuto a conoscenza che a Vicofaro venivano ospitati dei clandestini, sarebbe stato obbligato per legge a denunciare il fatto.
Nella querela don Biancalani ha ipotizzato il reato di diffamazione anche nei confronti di 22 “odiatori”, i cui commenti non sono stati cancellati da Salvini. Per loro la magistratura ha dato mandato alla polizia giudiziaria di individuarne le identità, poiché nascoste dietro nomi di fantasia. Il leader leghista, invece, secondo Il Tirreno per il momento non risulta iscritto nel registro degli indagati.
Biancalani a IlFatto.it: “Salvini rispetti le opinioni altrui” – Contattato da Ilfattoquotidiano.it, don Biancalani ha chiarito i motivi che lo hanno spinto a presentare querela. “Se un ministro offende pubblicamente, fa capire di voler offendere o dice cose non vere nei suoi post è chiaro che chi lo sostiene poi segua quel modello”, spiega. “Salvini dovrebbe usare i media in modo più corretto e rispettare il pensiero altrui. Abbiamo bisogno, ora più che mai, di una politica seria e responsabile”. In poche battute, il parroco di Vicofaro sposta il discorso sul tema dell’immigrazione. “È un problema umanitario enorme. Nessuno ha la ricetta perfetta – anche se, è evidente, noi siamo molto critici e negativi verso le politiche di questo governo – però non si può far passare per bandito chi realizza dei progetti e prova a risolvere le cose”. Il riferimento di don Biancalani è al sindaco di Riace Mimmo Lucano, che ha incontrato di recente, e alle Ong. “Queste organizzazioni sono state criminalizzate. Ed è stato fatto già dal precedente governo. Le storie di Medici senza frontiere o dei ragazzi della Jugend Rettet non possono essere bollate come storie di chi lavora in combutta con gli scafisti”, aggiunge. “Noi nel nostro piccolo cerchiamo di togliere tanti ragazzi dalla strada, di fare cultura, di creare occasioni di incontro. Abbiamo tantissime richieste, specie ora che si avvicina l’inverno. Perciò non oso immaginare cosa succederà quando entrerà in vigore il Decreto sicurezza. Sarà una crisi umanitaria”.