Adesso è ufficiale. Il governo non adotterà misure cautelative per proteggere la popolazione esposta alle inedite irradiazioni del 5G. Dal 1 gennaio 2019 saremo come cavie umane, immersi 7 giorni su 7 (24 ore al giorno) in campi elettromagnetici multipli e cumulativi, scientificamente inesplorati. Perché l’assunta innocuità delle radiofrequenze di quinta generazione, secondo Salvatore Micillo (sottosegretario all’Ambiente) è empiricamente dedotta in base a studi vecchi pure vent’anni, quando ancora c’era solo il 2G, sorpassati ma soprattutto inadeguati per sciogliere l’enigma sanitario del wireless ubiquitario da riconvertiti lampioni della luce se non addirittura in orbita coi droni satellitari nello spazio, un milione di connessioni per chilometro quadro prive di valutazioni preliminari sul rischio cancerogeno ed eventuali malattie correlate. Un salto nel buio!
Rispondendo ad un’interrogazione della 5stelle Sara Cunial (vorrei sapere “quali iniziative si intendano assumere per proteggere i cittadini, in particolare i neonati, i bambini e le donne in gravidanza”), Micillo adotta la più catenacciaria strategia di difesa, sciorinando un’accozzaglia stantia, che nulla chiarisce né rassicura sul possibile rischio sanitario da 5G: altro che politiche ispirate al principio di precauzione negli aggiornamenti del National Toxicology Program e dell’Istituto Ramazzini (riscontrati tumori a cuore e cervello su cavie uomo-equivalenti su frequenze diverse), Micillo tira in ballo lo Studio Interphone, pubblicato nel 2011, attesi 6 anni nelle aule di tribunale per presunti conflitti d’interesse degli scienziati partecipanti e ritenuto “non affidabile” anche dalla magistratura.
Ebbene quello studio, condotto poco meno di una ventina d’anni fa e perno su cui (comunque) Oms-Iarc recepirono la possibile cancerogenesi da elettrosmog, è colpevolmente macchiato di aver diffuso dati al ribasso. Sono infatti esclusi dal panel gli utilizzatori di Cordless Dec (all’epoca, telefonia mobile in voga in case e uffici) esaminati persino quanti utilizzavano il telefono cellulare una sola volta la settimana, cosa che oggi (nell’era iperconnessa degli smartphone) fa praticamente sorridere se pensiamo a chi se lo mette pure nel letto: è come se Micillo rivendicasse l’omologazione di un’avveniristica fuori serie col brevetto di un’auto d’epoca. Incompatibile, desueto! Il sottosegretario di Sergio Costa s’è poi aggrappato alla (privata) Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (Icnirp) rassicurando il Parlamento sulle nuove linee guida in rielaborazione, ignaro dell’attacco di 244 scienziati da tutto il mondo che imputano alla Commissione di intrattenere legami con l’industria delle comunicazioni senza fili, denunciato come “non protegga la salute e non è in linea con le pubblicazioni peer-reviewed della comunità scientifica sugli effetti biologici o sanitari dei campi elettromagnetici”. Come se non bastasse, Micillo relega in un angolino persino il noto Lennart Hardell, (“non ha condotto studi collaterali finalizzati a valutare la presenza di distorsioni e a stimarne l’impatto sui risultati degli studi caso-controllo”, è stato detto alla Camera), dimentico che la vasta produzione letteraria sugli effetti biologici da campi elettromagnetici dell’oncologo-epidemiologo svedese è seguita con attenzione dalla comunità medico-scientifica mondiale che rivendica l’inserimento in Classe 1 (cancerogeno certo) dell’elettrosmog.
Come se non bastasse Micillo ritiene pure che il governo stia adottando le migliori condizioni per proteggere la popolazione prossimamente esposta al 5G, informandoci (non si capisce bene come) sui possibili pericoli derivanti, sbandierando il Progetto Camelet (è del 2006) e una manciata di pagine web sul portale del Ministero della Salute. Peccato che, invece di investire in ricerche indipendenti, l’ambiziosa Camelet si sia ridotta a poche bonarie rassicurazioni e negazioni di rito (in un’audizione del 2003 in Commissione Ambiente, il responsabile Paolo Vecchia sminuì i rischi provocati da elettrosmog definendoli una bufala) e peccato pure che l’ex manager Innocente Marcolini (nel 2012 la Cassazione gli ha riconosciuto l’80% d’invalidità nel nesso telefonino=cancro) abbia trascinato al Tar Lazio proprio il dicastero di Giulia Grillo, accusato di non effettuare una “campagna di informazione pubblica su scala nazionale” sui rischi d’insorgenza di tumori per l’utilizzo di telefoni cellulari, altro che spolveratine in banner e trafiletti on-line.
“Alla luce delle informazioni esposte – infine ha concluso ieri il sottosegretario all’Ambiente – emerge, dunque, che il Ministero dell’ambiente e il Ministero dalla salute seguono, da sempre, con costante attenzione, il tema dei possibili rischi per la salute derivanti dai campi elettromagnetici e che continueranno a monitorare l’evoluzione delle conoscenze scientifiche sul tema, anche al fine di valutare possibili revisioni della disciplina”. Deduzione, come già lasciato intendere da Lugi Di Maio, prepariamoci a un innalzamento per legge dei limiti soglia d’irradiazione elettromagnetica. Nonostante le posizioni precauzionali e un’azione di crowdfunding, lo tsunami 5G sta per arrivare. E ci sommergerà tutti. Subito, prima che sia troppo tardi.