Sono attesi i massimi esponenti del frastagliato universo locale e i leader dei Paesi di Africa e Mediterraneo interessati al dossier. Tutti attorno a un tavolo a parlare del futuro della Libia. A rappresentare Bruxelles sarà Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri. Sul fronte delle cancellerie europee invece non ci sarà Macron, anche se sarebbe stato ingenuo pensare il contrario. Merkel aveva promesso, ma non verrà. Trump è interessato, ma non fino al punto di salire su un aereo per la Sicilia o mandarci il capo del Dipartimento di Stato. Putin non era previsto. Alla conferenza organizzata dall’Italia il 12 e il 13 novembre a Palermo le due grandi potenze e i partner continentali inviano le seconde linee.
Oltre ai rappresentanti delle Nazioni Unite, a Villa Igiea il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi punta alla “foto di famiglia”dei quattro leader libici: attesi da un lato il premier del governo patrocinato da Roma e dall’Onu Fayez Al Sarraj e il presidente del Consiglio di stato Khaled al-Meshri; dall’altra il generale Khalifa Haftar, capo dell’esercito di Tobruk, che invia anche il presidente della Camera dei rappresentanti Aguila Saleh. Annunciati i capi militari della potente città di Misurata e i leader dei Paesi che si affacciano sul Mare nostrum: “Probabilmente il presidente egiziano Al-Sisi“, fanno sapere fonti di Palazzo Chigi, quello tunisino Beji Caid Essebsi e il premier dell’Algeria, Ahmed Ouyahia. Confermati i rappresentanti di Grecia e Malta e i capi di Stato o di governo degli Stati che confinano a Sud come Ciad e Niger, interessati dai flussi migratori provenienti dalle aree subsahariane.
Diverso il discorso per le grandi potenze. La questione Libia non è tra le priorità di Washington. Nell’incontro del 30 luglio la Casa Bianca aveva sostenuto l’iniziativa, tanto che Giuseppe Conte quel giorno spiegava che “stiamo organizzando con il presidente Trump la conferenza sulla Libia”. Esclusa ora la presenza del tycoon sembrava che al summit dovesse arrivare Mike Pompeo, ma a Palermo sbarcherà l’assistente del segretario di Stato per il Medio Oriente, David Satterfield, diplomatico di esperienza che nel Dipartimento aveva ricoperto il ruolo di consigliere speciale per la Libia. La trasferta americana, però, non era stata infruttuosa: in cambio di diversi sì tra cui quello sul completamento del Tap in Puglia, il premier aveva strappato l’investitura a cui puntava: che l’Italia fosse indicata dal presidente degli Stati Uniti come referente nel dossier libico. Riportando, almeno sul piano formale, una vittoria su Parigi.
Da quando è all’Eliseo Emmanuel Macron non perde occasione per provare a strappare a Roma contratti in Tripolitania in favore della francese Total e la ribalta internazionale sul tema. Lo ha fatto riuscendo per due volte a mettere l’uno davanti all’altro Sarraj e Haftar in terra francese e lanciando il progetto fallito di elezioni da tenere nel Paese dilaniato dal conflitto tribale entro il 10 dicembre. A Palermo arriverà il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, il rappresentante di più alto livello tra gli europei previsti. Ma per rispettare la tradizione l’8 novembre Macron aveva invitato a Parigi i rappresentati delle milizie di Misurata. Un ruolo fondamentale nella caduta di Gheddafi, nella sconfitta dell’Isis a Sirte e nelle sorti del governo Sarraj (come dimostrato negli scontri verificatisi nelle scorse settimane a Tripoli), i signori della guerra della città costiera hanno un peso specifico determinante nello scacchiere libico, e tripolitano in particolare. E convocandoli a Parigi a 4 giorni prima Monsieur le president punta ad allungare la propria ombra sul summit di Palermo.
Qualche sospiro in più lo desta l’assenza della Merkel. Dopo il faccia a faccia avuto a Bruxelles il 17 ottobre Conte lo aveva dato per ufficiale: “La Cancelliera Angela Merkel sarà presente alla Conferenza per la Libia che stiamo organizzando a Palermo”. Ma le speranze del premier sono andate deluse: in Sicilia non arriverà neanche il ministro degli Esteri Heiko Maas, ma il sottosegretario Niels Annen.
Un doppio forfait che mostra in maniera plastica l’atteggiamento da sempre tenuto dai partner europei sulle questioni interconnesse Libia-migrazioni: sono affare dell’Italia. Un dogma puntualmente osservato in occasione di ogni vertice Ue tenuto fin dal 2015 su quote e ricollocamenti e suggellato dall’accordo stretto dall’Italia con Tripoli il 2 febbraio 2017: la responsabilità della firma sul memorandum che consente di superare il divieto di respingimento riportando nei centri di detenzione libici in migranti fermati in mare ricade solo su Roma. A controbilanciare le assenze dei leader sarà Lady Pesc Mogherini in rappresentanza delle istituzioni comunitarie.
Non ci sarà, ma avrebbe avuto un ruolo nella riuscita dell’evento Vladimir Putin. Il Cremlino aveva promesso un esponente di alto rango e si era parlato del premier Dmitri Medvedev. Fonti del governo confermano la sua presenza. Secondo l’Ansa, che cita il ministero degli Esteri di Mosca, a rappresentare la Russia sarà il solo Mikhail Bogdanov, vice ministro degli Esteri e inviato speciale in Medio Oriente del Cremlino. Che è stato al centro delle trattative per far sì che al tavolo ci sia l’ospite più atteso: Khalifa Haftar, potente capo dell’Esercito nazionale libico che fa capo al parlamento di Tobruk e controparte di Al Sarraj nell’est del Paese, timoroso che la conferenza possa portare a un rafforzamento del rivale. La possibile presenza di Medvedev aveva propiziato un avvicinamento al sì del generale, che nello scacchiere libico è sostenuto da Mosca e che il 29 ottobre era volato a Roma per incontrare Conte.