“Sofonisba guardava e riguardava le immagini del ‘Banchetto degli dei’. L’immagine che l’aveva devastata di più era l’attimo colto dal pittore (Giulio Romano, ndr) di un inizio di accoppiamento. Nel racconto mitologico di Giove che seduce Olimpiade, lei ha un aspetto accogliente e lui, malgrado il gesto gentile di accarezzare il viso della donna, manifesta nella tensione muscolare l’impeto dell’assalto, tutto concentrato su quell’orrendo membro pronto all’azione”.
Questa scena è tratta da La dama col ventaglio, il romanzo (Electa Mondadori editore) che Giovanna Pierini dedica alla pittrice Sofonisba Anguissola, una delle prime protagoniste della pittura rinascimentale europea. “L’ho scoperta nel 1994 vistando una mostra dedicatale a Cremona – dice l’autrice, giornalista pubblicista con una lunga esperienza nelle pubblicazioni di marketing. I suoi ritratti sono in moltissimi musei del mondo e l’anno prossimo il museo del Prado le dedicherà una mostra. Mi ha affascinato perché, oltre ad essere una grande ritrattista, è una donna che è riuscita a vivere 90 anni, facendo tutto quello che voleva, in maniera diremmo ‘anticonformista’, ma in realtà rispettando sempre le regole. E ci è riuscita grazie alla sua cultura. Pensando alle ragazze di oggi, penso che possa essere un messaggio importante”.
Figlia di Amilcare Anguissola e di Bianca Ponzoni, nobili cremonesi, Sofonisba condivise la passione della pittura con tre sorelle. Il babbo le fece studiare pittura da Bernardino Campi, il ritrattista più in voga del momento. Mandava i dipinti della figlia non solo ai potenti ma anche a grandi pittori. Il quadro “Ragazzo pizzicato da un gambero”, spedito a Michelangelo, ispirò poi il “Ragazzo pizzicato da un ramarro” di Caravaggio. Bernardino Campi frequentava Palazzo Te e forse conosceva la vita godereccia di Giulio Romano, che il libro descrive al centro di vere e proprie orge molto simili ai “cafonal” amati da Dagospia.
“Si sa che era un vero gaudente – racconta Giovanna Pierini -, era uno degli allievi prediletti di Raffaello che ebbe un sacco di donne, ma era un raffinato, mentre Romano era più ruspante. Va ricordato che nella Mantova dei Gonzaga, il pittore di corte era anche quello che oggi si direbbe un ‘event designer’ o ‘event planner’, cioè organizzava le feste. Il 500 fu un’epoca molto libera. Giravano le stampe di Giulio Romano fatte da Cesare Raimondi e ho immaginato che alcune scene hard del ‘Banchetto degli dei’ siano state viste anche dalla giovane Sofonisba, allieva di Bernardino Campi”.
Approdata nel 1559 alla corte di Filippo di Spagna come dama di Isabella di Valois (la regina), Sofonisba iniziò a ritrarre tutti gli Asburgo. “In quanto donna – dice Giovanna – non poteva essere ‘pittrice di corte’, ma è un fatto che tutti i pittori di corte la copiavano”. Se la “famiglia delle ragazze-pittrici” può essere considerata una storia da film, ciò che rende eccezionale la vita di Sofonisba fu anche la sua grande e modernissima libertà sentimentale. Molti secoli prima che i giornali di Destra&Gossip si beffassero di “Macron-che-ama-sua-nonna” – probabilmente una grande storia d’amore – Sofonisba, vedova del primo marito, abbagliò (e sposò) un uomo molto più giovane di lei.
“Quando, passati i 40 anni, Sofonisba sposò nel 1580 il 25enne Orazio Lomellini (nobile genovese e capitano di vascello) – racconta Giovanna Pierini – fu un vero e proprio atto di insubordinazione, che però non venne neppure registrato come tale. Lei e Orazio viaggiavano per nave da Palermo a Genova e per una burrasca si fermarono a Pisa. Lei chiese al Granduca di Toscana di esentarla dal pagare dazi sulle sue cose, perché era solo in transito. Il Granduca accettò, ma cercò di dissuaderla dal matrimonio con una lettera in cui le diceva di ‘non prendere delle decisioni affrettate’ (all’epoca le ragazze si sposavano a 14 anni). Tuttavia Sofonisba sposò comunque l’uomo che amava, più giovane di 15 anni”.
Il libro narra anche di episodi tragici come la peste che a Palermo trattenne a lungo Antoon van Dyck, che ci ha lasciato un magnifico schizzo di Sofonisba già vecchia. Una nota ricorda che lei gli chiese di non ritrarla con la luce dall’alto, che avrebbe evidenziato le rughe. Chiedo a Giovanna se si può dire che Sofonisba abbia intuito con i suoi ritratti una nuova prospettiva, un gusto quasi fotografico per l’istante irripetibile, come fece con il ‘Ragazzo pizzicato da un gambero’ che avrebbe folgorato Caravaggio.
“Certo – risponde -. Se si osserva anche il ritratto di Massimiliano realizzato nel 1557, quando il ragazzo ereditò il titolo nobiliare del padre alla morte del medesimo, si nota che è stato colto per un istante con uno sguardo corrucciato e che le labbra un po’ gli tremano”.