L'avvocata Filomena Gallo della associazione Coscione: "La Corte di assise di Massa potrebbe dissentire da Milano e condannare entrambi gli imputati o assolverli, oppure potrebbe individuare una diversa questione di costituzionalità oppure no"
Riprende il processo a Marco Cappato e Mina Welby, rispettivamente tesoriere e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, che compariranno il prossimo 12 novembre alle 9 dinanzi alla Corte d’assise di Massa per una nuova udienza per la morte di Davide Trentini. Verranno sentiti come testi i suoi cari. Come per l’assistenza offerta a Dj Fabo, Cappato questa volta insieme a Welby, saranno chiamati a rispondere del reato di istigazione e aiuto al suicidio, sotto forma di concorso, fornito all’ex barista toscano. Davide Trentini era malato di sclerosi multipla dal 1993. Aveva 53 anni e la sua vita, segnata da una salute progressivamente sempre più deficitaria, era diventata un calvario. Per questo ha contattato prima Marco Cappato e poi Mina Welby, per poter conoscere come accedere alla morte volontaria in Svizzera.
Il coordinatore del collegio di difesa di Cappato e Welby, l’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Coscioni, fa chiarezza sul doppio filone: “Il processo presso la Corte di assise di Massa che vede imputati Marco Cappato e Mina Welby per l’aiuto fornito a Davide Trentini, continua nonostante l’ordinanza della Corte Costituzionale sul caso di Dj Fabo, perché innanzitutto c’è il reato di rafforzamento della volontà insieme all’aiuto fornito entrambi previsto dall’articolo 580 del codice penale – spiega in un comunicato -. Come durante il processo svoltosi presso la Corte di assise di Milano per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani, anche in questo caso dovrà essere provato che non c’è stata istigazione, rafforzamento della volontà di Davide. La Corte di assise di Massa potrebbe dissentire da Milano e condannare entrambi gli imputati o assolverli, oppure potrebbe individuare una diversa questione di costituzionalità oppure no“.
Cappato e Welby avevano accompagnato Trentini in Svizzera per il suicidio assistito. Dopo la morte di Trentini a Basilea, anticipata da una lettera scritta prima del 13 aprile 2017 e diffusa da ilfattoquotidiano.it, in cui lo stesso Trentini aveva raccontato le sofferenze che la sua malattia gli provocava ogni giorno, Cappato e Welby avevano deciso di autodenunciarsi ai carabinieri. Il primo per essersi adoperato, attraverso l’associazione Soccorso civile Sos eutanasia, per raccogliere i fondi mancanti per pagare la clinica elvetica. La seconda per averlo accompagnato in Svizzera ed essere stato vicino a lui fino all’ultimo.