Il ministro dell'Economia tiene il punto nel bilaterale con il presidente dell'Eurogruppo Centeno. Intanto in commissione si consuma il dialogo a distanza tra governo e Banca d'Italia. Il titolare del Tesoro: "Senza stabilità sociale non esiste stabilità economica. Ma non sforeremo il 2,4 per cento di deficit. Patrimoniale? Non siamo come la Grecia". Signorini (via Nazionale): "Il condono fiscale può disincentivare il pagamento delle tasse"
Per evitare la procedura d’infrazione dell’Unione Europea servirebbe “una manovra di restrizione fiscale violentissima, andare a un deficit dello 0,8 per cento, che per una economia in forte rallentamento sarebbe un suicidio, non credo che la Commissione si aspetti una reazione di questo tipo anche se formalmente rispettosa delle regole di bilancio”. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria parla così al termine del bilaterale con Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo, cioè il gruppo che riunisce i ministri dell’Economia dei Paesi della zona euro. Appare come l’inizio della battaglia del titolare del Tesoro con i vertici istituzionali dell’Unione. entro martedì, infatti, l’Italia deve rispondere al richiamo di Bruxelles sulla manovra finanziaria, anche se è certo che la legge di Bilancio del governo Conte non sarà modificata di una virgola. “Noi – ribadisce Tria per l’ennesima volta nelle ultime settimane – abbiamo spiegato che queste preoccupazioni non sono fondate sul contenuto reale della nostra manovra di bilancio”. Il ministro dell’Economia non chiarisce quando sarà inviata la risposta all’Ue ma “i termini sono stati posti in modo molto molto ristretto, ci si deve consentire di rispondere in modo documentato e ri-stimando tutte le nostre previsioni e vedere se è necessario cambiarle o se confermiamo le nostre stime. Se riusciamo la mandiamo prima altrimenti rispetteremo i termini”.
Dal canto suo Centeno ha detto di “non avere dubbi sull’impegno dell’Italia per l’euro e la crescita sostenibile” ma viceversa “è essenziale che la legge di bilancio dimostri questi impegni”. “E’ interesse di tutti – ha aggiunto il presidente Tria – che il dialogo in corso produca risultati positivi, ci sono dubbi che aleggiano sul mercato sulla strategia finanziaria dell’Italia, portata avanti con una serie di costi per lo stato, le aziende e i cittadini”. Lo scambio di lettere in corso è “una nuova opportunità per togliere tutti i dubbi e riaffermare la fiducia di imprenditori, investitori e partner europei, elemento chiave per la crescita”.
La sfida tra Tria e Bankitalia
L’incontro tra Tria e Centeno è arrivato alla fine di una mattinata in cui si è consumata la sfida aperta tra il governo Conte e la Banca d’Italia, con le audizioni davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato (inizio dell’iter della legge di Bilancio), dello stesso Tria e del vicedirettore generale della banca centrale Luigi Federico Signorini. Da una parte il ministro dice che la manovra avrebbe dovuto essere ancora più espansiva e più incisiva, se non fosse stato per l’attenzione per l’equilibrio di bilancio. Dall’altra la Banca d’Italia secondo la quale una manovra espansiva non garantisce una crescita a medio termine e può essere “un pericolo” a lungo andare. Da una parte Tria che dice che lo spread a 300 preoccupa ma non dipende dal deficit previsto dal governo per il 2019 al 2,4. Dall’altra Bankitalia per la quale l’aumento del differenziale è già costato quasi 1,5 miliardi di interessi in più solo negli ultimi 6 mesi. E ancora. Da una parte il ministro che assicura che l’Italia non è nelle condizioni della Grecia e quindi una patrimoniale “sarebbe un suicidio” e dall’altra Palazzo Koch che il condono fiscale può disincentivare il pagamento delle tasse.
Tria: “Non c’è stabilità economica senza quella sociale”
Tutto l’intervento del ministro Tria è puntellato su quello che definisce un “concetto fondamentale: non esiste stabilità economica senza stabilità sociale”. Un modo per sottolineare quanto è importante il reddito di cittadinanza per la lotta alla povertà, i cui dati “sono inaccettabili“. “Ci rendiamo conto – ribadisce Tria davanti ai parlamentari – che i problemi rilevati richiederebbero una manovra espansiva più incisiva ma è stato necessario trovare un corretto bilanciamento tra la stabilità finanziaria e sociale, entrambe necessarie”. Quanto all’altro pilastro della manovra, la riforma delle pensioni con quota 100, serve perché accelererà “il turn-over con la staffetta generazionale che permetterà di affrontare le nuove sfide e ridurre la disoccupazione giovanile“. In ogni caso il deficit previsto in manovra per il 2019 – al 2,4 per cento – sarà rispettato, assicura il ministro. Tria si conferma fiducioso, dunque: il rilancio degli investimenti, le misure di contrasto alla povertà e le politiche attive del lavoro, ha proseguito il ministro, “avranno un impatto positivo soprattutto nelle aree del Mezzogiorno” dove più forte si avverte la differenza con il resto d’Italia, “in modo da raggiungere l’obiettivo fondamentale di colmare il gap con l’Europa che si deve in gran parte proprio al divario territoriale” interno al nostro Paese.
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“Spread preoccupa, ma non dipende dal deficit al 2,4%”
Ma non dipende dal deficit lo spread che oggi risale intorno a quota 300, precisa Tria. “E’ chiaro e l’ho detto più volte – prosegue – E’ un livello di spread che preoccupa se viene mantenuto a lungo. E’ chiaro che l’osservazione è costante e continuiamo a pensare che la definizione della manovra nelle parti non definite possa chiarire la situazione. Lo spread non può dipendere dal disavanzo per il 2019 al 2,4 per cento”. In questo senso Tria ha spiegato che per reddito e pensioni potrebbero essere previsti dei decreti legge per partire “e questo è importante perché conoscere dettagli è importante per l’erogazione della spesa ma anche per determinare le aspettative dei mercati e anche la possibile crescita e chiarire le questioni di incertezza a base dello spread a quota 300″.
“Manovra pensata per uscire da bassa crescita”
La manovra 2019, spiega Tria, è stata pensata “per uscire dalla trappola della bassa crescita“. E la prospettiva di un rallentamento più simile a una frenata che le ultime stime del Pil hanno adombrato sono la conferma, per il governo, che la strada scelta è quella giusta: contrastare il rallentamento della crescita e fornire uno stimolo con gli investimenti pubblici”, per rendere ancora “più necessario confermare l’effetto anticiclico della manovra”. Le misure contenute nella legge di bilancio, ha proseguito, “aiuteranno il Paese a crescere per assicurare un maggior benessere ai nostri concittadini”. Di sicuro non è una situazione che costringe a una patrimoniale: “Sarebbe un suicidio” precisa Tria. “Non stiamo parlando di situazioni greche, gli aggiustamenti che possono essere fatti sono tanti e in modo molto più puntuale, senza implicare elementi di emergenza”.
“Polemica? Non con Moscovici ma con i tecnici Ue”
E l’Europa? Tria ricorda alle commissioni che in questi giorni il governo è impegnato nella predisposizione di una risposta (che deve arrivare entro il 13 novembre) sugli aspetti ancora controversi” della manovra, una manovra che comunque l’esecutivo “intende confermare nei suoi pilastri fondamentali”. Peraltro, sottolinea sibillino il ministro dell’Economia, “le stime di crescita della Commissione europea, che fissano all’1,2 per cento la crescita del Pil per il prossimo anno, riconoscono evidentemente l’effetto espansivo” della manovra. Ieri il ministro aveva attaccato frontalmente l’Europa sulle previsioni economiche: “Se polemica c’è, è prettamente tecnica, non politica, non mette in discussione il dialogo – sottolinea oggi – Moscovici non c’entra niente. Le stime vengono fatte da organismi tecnici, che devono essere indipendenti. E’ inutile alzare i toni su questa cosa che ha una portata limitata”. Più precisamente: “All’1,2% di crescita non può corrispondere, con tutto il rispetto per gli uffici tecnici della Commissione, che hanno pari dignità con i nostri uffici, il 2,9% di deficit. Sono stime non giustificate, anche ammettendo un rallentamento”.
Bankitalia: “Abbattere lo spread è una priorità”
Per contro Signorini a nome di Bankitalia definisce “ambiziosi” gli obiettivi di crescita. Tradotto in altre parole: “L’impatto espansivo prefigurato dal governo appare elevato”. Anzi, “una politica di bilancio espansiva, pur utile in fasi cicliche avverse, non garantisce la crescita nel medio termine e può metterla in pericolo a lungo andare”. Una delle priorità che indica via Nazionale è l’abbattimento dello spread, il cui aumento “si ripercuote sull’intera economia”, mentre “la crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico ha un effetto in qualche modo comparabile a una stretta monetaria”, “rischiando di vanificare tutto l’impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio”. Insomma, normalizzare lo spread serve perché i “segnali che gli investitori percepiscono sono importanti”. D’altra parte Signorini conferma che gli altri livelli di spread “non sono coerenti con i fondamentali dell’economia” però ricorda che “si determinano per le difficoltà legate all’incertezza dei mercati e degli investitori sugli orientamenti delle politiche. Ridare certezza agli investitori è, a nostro avviso, la via centrale”.
“Reddito di cittadinanza non scoraggi offerta lavoro regolare”
Bankitalia analizza anche alcuni dei punti fondamentali della manovra. Primo, il reddito di cittadinanza: sarà importante, dice il vicedirettore generale Signorini, “disegnare il reddito di cittadinanza in modo tale da non scoraggiare l’offerta di lavoro regolare, prevedendo incentivi efficaci e adeguati controlli per evitare abusi”. Sarà inoltre importante, spiega, “soprattutto nelle aree in cui la domanda di lavoro è bassa, che i centri per l’impiego possano trasmettere proposte di lavoro provenienti anche da altre Regioni”. Secondo, la riforma delle pensioni: “La sostenibilità finanziaria e l’equità intergenerazionale del nostro sistema” dice Signorini, si fondono “sul nesso tra contributi versati e prestazioni erogate. In altre parole, l’importo di una pensione eventualmente anticipata dovrebbe essere aggiustato per tenere conto del minore montante acquisito e del più lungo periodo atteso di erogazione della pensione. Non rispettando questo criterio, si rischierebbe di compromettere l’equilibrio di lungo periodo del sistema, aggravando l’onere a carico delle generazioni future“. Infine, come si diceva, il condono fiscale: le misure “potrebbero determinare disincentivi all’adempimento regolare degli obblighi tributari; andrebbero quindi considerate con molta attenzione”.