Botta, risposta e controreplica. Sulle chiusure domenicali, sbotta il sindaco di Milano Giuseppe Sala che, al vicepremier pentastellato Luigi Di Maio, non le manda a dire: “Falle ad Avellino, non rompere le palle a Milano”. Le dichiarazione del primo cittadino del capoluogo lombardo arrivano nel corso del suo intervento al forum milanese sull’occupazione femminile Elle active!. Secondo Sala la proposta di Di Maio sulle chiusure domenicali di negozi e centri commerciali “è una follia”.
L’ATTACCO DEL SINDACO DI MILANO – Di più. “E poi perché chi gestisce negozi e ad esempio non i giornalisti? Qual è il senso?”, si domanda il primo cittadino che lancia una frecciata a Di Maio. “Se la vogliono fare in provincia di Avellino (città natale del vicepremier, ndr) la facciano, ma a Milano è contro il senso comune. Pensassero alle grandi questioni politiche, non a rompere le palle a noi che abbiamo un modello che funziona e 9 milioni di turisti”.
LA RISPOSTA DI DI MAIO E LA CONTROREPLICA – La risposta di Di Maio non si è fatta attendere ed è arrivata attraverso i social. “Per il sindaco di Milano Sala – ha scritto il vicepremier – i diritti delle persone sono una rottura di palle. Nessuno vuole chiudere nulla a Milano, né da nessun altra parte, ma chi lavora ha il diritto a non essere più sfruttato. Questo rompe le palle a un sindaco fighetto del Pd? E chi se ne frega!”. Ma Sala non ci sta: “Quando il ministro Di Maio avrà lavorato nella sua vita il 10% di quanto ho fatto io – scrive ancora sui social il sindaco meneghino – sarà più titolato a definirmi ‘fighetto’. Non ho altro da aggiungere”.
QUALI VANTAGGI – Le parole del sindaco di Milano non sono affatto piaciute neppure a Francesco Iacovone, esponente del Cobas nazionale, secondo cui suonano “come un vero e proprio calcio in faccia a chi ha visto la propria vita massacrata dal decreto Monti e dalle liberalizzazioni degli orari degli esercizi commerciali”. Che di vantaggi economici ai lavoratori, soprattutto se paragonati ai sacrifici, non ne hanno portati poi tanti. Molti, infatti, come raccontato da ilfattoquotidiano.it hanno l’obbligo di lavorare tutte le domeniche in cambio di una settantina di euro in più in busta paga, appena 19 euro per ogni giorno festivo passato in negozio, quando il turno dura meno delle canoniche 6 ore e 30. Altrimenti l’aumento in busta paga è al massimo di 10 euro.
I COBAS: “SALA MANCA DI RISPETTO AI LAVORATORI” – Secondo Iacovone, Sala ha avuto “una caduta di stile e un vero e proprio endorsement in favore delle multinazionali del commercio”. E attacca: “Il sindaco di Milano sembra più attento alle aziende che monopolizzato la grande distribuzione organizzata che ai suoi cittadini che lavorano nel commercio e i toni che usa sono frutto della pochezza delle argomentazioni a sostegno delle aperture domenicali, altro che modello che funziona”. Il sindacalista invita così Sala a lavorare qualche domenica al centro commerciale, come fa “un esercito di senza diritti, la maggioranza dei quali è donna e mamma, trattati come dei rompipalle mentre soffrono l’impossibilità di gestire figli e tempi di vita, relazioni sociali e culturali”.
I TEMPI PER LA LEGGE PROMESSA DA DI MAIO – Nel frattempo, però, si avvicina il Natale e ci si domanda che fine abbia fatto la legge sulle chiusure domenicali che, secondo quanto annunciato da Di Maio, doveva essere approvata entro fine anno. Perché è il caso di ricordare che, ad oggi, in Parlamento sono depositate sei proposte di legge, tra cui una targata Lega e l’altra Movimento 5 Stelle. Proprio nei giorni scorsi i Cobas hanno manifestato il timore che per arrivare a una mediazione tra le 6 proposte giacenti in Parlamento e le recenti audizioni in Commissione, si potrebbe arrivare a una legge svuotata del suo impianto e significato. Una legge che, stando ai tempi del Parlamento, a questo punto i Cobas sperano che riesca almeno a passare entro il 2018 l’esame della Camera. “La notte di Ognissanti un lavoratore è morto nel centro commerciale Portello di Milano – ha ricordato Iacovone – e nemmeno in quel caso si sono abbassate le serrande in segno di rispetto della giovane vita di un operaio 18enne. Questo settore ha bisogno di essere regolamentato oggi. I tempi che si prospettano e l’iter parlamentare incerto potrebbero palesarci l’ennesima promessa mancata”.