Fare l’analista permette di dare un peso relativo a concetti altisonanti usati spesso come strumento di propaganda politica, sfrondando termini aulici in un argot più territoriale. Ce n’è uno che oggi va mediaticamente per la maggiore, specie dopo il grande clamore suscitato dal cosiddetto Ddl Pillon: quello di famiglia tradizionale. Lo studio degli psicoanalisti è pieno di uomini e donne che fanno parte di famiglie tradizionali. Molti di essi frequentano bische illegali, sono dediti all’abuso clandestino di sostanze stupefacenti, conoscono alla perfezione i luoghi della città ove si pratica sesso estremo e lo scambio di coppia. Si danno appuntamento in territori conosciuti da tutti, ma sui quali vige l’osservanza di un tacito e reciproco silenzio. Fanno la fila alle sale bingo, depositando sino a notte tarda i loro figli in improvvisate nursery dentro ai grandi saloni con schede, gettoni e prosecco. Stampano la mattina cinque dita sulle loro gote come “strumento educativo”. Tanti si ammantano di un’aura moralizzatrice affinché questa nasconda l’osceno gemello che in qualche modo deve essere nascosto alla vista. E tanto più forti ed ostentate sono le virtù, tanto più sono profonde le oscenità che devono essere celate.
Lo psicoanalista registra la doppia morale sulla quale stanno in equilibrio di specchiati cittadini virtuosi amministratori della res publica e personalità religiose, difensori indefessi del nucleo familiare dal germe del gender, che in seduta descrivono le nequizie nascoste del potere, la diffusa corruttela, i sogni abusatori. La loro idea della donna come oggetto di puro godimento. Dunque mentre la grande parata dell’omaggio alla famiglia tradizionale (Family Day) andava in onda, io vedevo in filigrana il riscontro delle cifre che la stampa ci consegna, e che lo studio amplifica: in quell’arena erano sicuramente rappresentati tutti coloro che ingrossano le file della prostituzione notturna, ma di giorno promuovono battaglie per “ripulire le città”, pronti nottetempo a pagare fior di euro per sesso mercenario con quegli omosessuali e transessuali tanto desiderati in seduta quanto violentemente osteggiati di giorno. L’analista vede cosa si nasconde dietro le pareti scintillanti delle palazzine rinfrescate, ed è un suburbio di infrazione, di devianza e perversione.
Vede, ma non può dire. E se lo dicesse minerebbe quel sistema di protezione, quel margine che la società innalza per mettere tra se stessa e le proprie oscenità un fossato lastricato di bandiere virtuose, sfilate, ostentazioni di purismo, dichiarazioni di fede a un Dio che di costoro, forse, non saprebbe che farsene. Di questo l’analista oggi è testimone: del fatto che il patto sociale sul quale fondiamo il nostro quieto vivere non è per niente quieto, intriso di verità seminascoste occultate dalla società stessa.
P.s. Prima di chiudere il Mac, sento in tv la notizia della bambina down rifiutata dai genitori e da una decina di famiglie. Appunto.