Istruttoria, valutazione, decisione. Il ruolo di Marra? Prettamente compilativo”. A poche ore dalla sentenza nel processo per falso documentale sulle nomine in Campidoglio, la difesa di Virginia Raggi non arretra di un millimetro. I tre legali della sindaca, Pier Francesco Bruno, Emiliano Fasulo e Alessandro Mancori chiedono l’assoluzione della prima cittadina “perché il fatto non sussiste” e, sulla questione psicologica “non costituisce reato”. L’arringa dei legali ha teso a smontare punto per punto le argomentazioni presentate ieri sera dal pm Francesco Dall’Olio e dal procuratore aggiunto Paolo Ielo in relazione alla procedura che portò, fra i 191 dirigenti nominati nel novembre 2016, Renato Marra a prendere posto all’interno del Dipartimento Turismo, quando il fratello Raffaele – all’epoca fedelissimo di Raggi – era direttore del Dipartimento Risorse Umane. La sentenza è prevista per le ore 15.

LA PRECISAZIONE M5S ACQUISITA AGLI ATTI – In particolare, ieri sera Ielo aveva concluso la sua requisitoria con un “coup de théâtre”, ovvero l’indicazione di un movimente politico che avrebbe spinto Virginia Raggi a mentire “per evitare un’indagine giudiziare che avrebbe automaticamente costretto la sindaca a dimettersi, secondo il codice etico del M5S allora vigente. Ma l’avvocato Mancori, come anticipato ieri da Raggi stessa nelle sue dichiarazioni spontanee, ha raccontato come, in realtà, proprio la sindaca fosse stata indagata – e subito archiviata – poche settimane prima (e all’indomani delle elezioni) per un presunto falso ideologico in relazione a una consulenza fornita alla Asl di Civitavecchia mentre era consigliere comunale d’opposizione. “E in quel caso non si è dimessa, perché ha seguito la procedura dello stesso M5S”. Cosi’ come “non si sono dovuti dimettere e non sono stati sospesi Filippo Nogarin a Livorno e Federico Pizzarotti a Parma”, indagati per abuso d’ufficio. Stamane, poco prima dell’udienza, sul Blog delle Stelle – canale ufficiale del M5S – è comparsa una precisazione che il giudice monocratico Roberto Ranalli ha permesso di depositare agli atti. “L’articolo 9 di tale codice (il “codice di comportamento per i candidati eletti del MoVimento 5 Stelle alle elezioni amministrative di Roma del 2016”, ndr), prevedeva al capo A l’obbligo per il sindaco di dimettersi ‘se, durante il mandato sarà condannato in sede penale, anche solo in primo grado’ o ‘l’impegno etico di dimettersi laddove in seguito a fatti penalmente rilevanti venga iscritto nel registro degli indagati e la maggioranza degli iscritti al MoVimento 5 Stelle, mediante consultazione in rete, ovvero i garanti del movimento decidano per tale soluzione….’”. Pertanto, sottolinea la nota “non esisteva alcun automatismo ma un meccanismo che comportava una valutazione caso per caso”. Mancori, in avvio di arringa, ha definito “disperata” la mossa dell’accusa

IL NODO DEI FATTI – Nel merito dei fatti contestati alla prima cittadina si sono dilungati gli avvocati Bruno e Fasulo. In particolare il secondo ha ricordato la conversazione antecedente al messaggio “incriminato” di Raggi a Raffaele Marra, in cui la sindaca rimproveraraca il suo sottoposto per non avergli segnalato che il fratello sarebbe andato a guadagnare di più. “C’è una telefonata fra Antonio De Santis (delegato politico nella procedura di interpello, ndr) e Raffaele Marra a cui il secondo fa riferimento quando scrive alla sindaca e le dice che era dispiaciuto per quello che lei aveva detto a De Santis. Motivo per il quale ella stessa aveva contatto prima il suo delegato politico”. E perché Marra avrebbe dovuto ‘avvertire’ la sindaca? “Proprio per il rapporto di fiducia che c’era – specifica Fasulo – perché ne avevano già parlato, quando Raggi stessa aveva detto di no alla promozione di Renato Marra a comandante o vice comandante per ragioni di opportunità”. Insomma, “quando la sindaca ha risposto alla dottoressa Turchi (responsabile anticorruzione del Campidoglio) aveva ben in testa quello che è realmente successo: Marra ha stampato i curricula e collazionato i profili, ha raccolto i desiderata di assessori e consiglieri e a trasmesso una griglia di massima alla sindaca. Dopodiché lei ha valutato e deciso. Lei, e nessun altro”. 

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Processo nomine, la difesa di Virginia Raggi: “Procedura fu corretta, il fatto non sussiste”. Chiesta l’assoluzione

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