"Non è un processo con prove dirette ma un processo indiziario" sottolinea il legale in merito alla richiesta dell’Anac sulla nomina di Renato Marra che ha portò alla nota di Raggi finita al centro del procedimento. Sentenza nel po
“La difesa chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste”. Il giorno dopo la requisitoria, durante la quale la procura di Roma ha chiesto 10 mesi, arriva il momento della difesa con l’arringa. Il primo a parlare è l’avvocato Francesco Bruno: “Non è un processo con prove dirette ma un processo indiziario” sottolinea il legale in merito alla richiesta dell’Anac sulla nomina di Renato Marra che ha portò alla nota di Raggi finita al centro del procedimento.
La difesa: “Ruolo Marra mera illazione e non giustifica reato”
“Il quesito Anac sembra fatto apposta per confondere il destinatario (che era la responsabile Anticorruzione del Campidoglio Maria Rosa Turchi ndr). Quel quesito – prosegue – avrebbe dovuto esser restituito con il timbro ‘Non capisco’. Peraltro la sindaca non era contemplata nelle richieste di chiarimento e Turchi avrebbe anche potuto evitare di consultarla”. Per quanto riguarda la questione codice etico che secondo la procura rappresenta il movente della presunta bugia di Raggi, “è stato ricordato come tutti i sindaci indagati fino a quel momento fossero stati ‘graziati’, e si trattava in alcuni casi di abusi con pesanti implicazioni patrimoniali “. L’ipotesi che Raffaele Marra abbia avuto un ruolo nella scelta del fratello e che Raggi ne fosse a conoscenza, conclude, “è mera illazione e non giustifica il riconoscimento di una responsabilità penale”.
“Il codice etico venne strumentalizzato da avversari politici e proprio per questo fu modificato” aggiunge l’altro difensore dell’imputata, Alessandro Mancori. “Quando venne chiamata per essere interrogata sui fatti della Asl di Civitavecchia, ed era sindaca da venti giorni, Raggi non pensò minimamente a dimettersi. Comunicò quanto accaduto, venimmo in Procura, parlammo con i magistrati e successivamente venne fatta richiesta di archiviare il fascicolo a suo carico. E non successe nulla di più”. Sul codice è intervenuto anche il capo politico del M5s: “Si è sempre applicato nel M5s. Ho sentito anche di quello che si dice in questo momento, che si sta provando a modificare il codice, ma non c’è nessuna volontà di fare alcuna cosa del genere. È una questione di coerenza” dice nel corso della trasmissione Accordi e disaccordi Luigi Di Maio. Ieri il vicepremier aveva ricordato che in caso di condanna il codice “parla chiaro”.
La tesi dell’accusa: “Movente politico”
L’illecito, secondo l’accusa, sarebbe stato perpetrato nel rispondere a una richiesta di chiarimenti della dirigente anticorruzione del Campidoglio, sul ruolo “in concreto” avuto da Raffaele Marra – all’epoca dei fatti direttore del Dipartimento Risorse Umane – nella realizzazione della nuova macrostruttura capitolina, un ruolo “solo compilativo” nell’esecuzione “pedissequa dei miei ordini”, secondo quanto riportato dalla prima cittadina nell’atto in questione. Ielo ha parlato del “movente” politico che avrebbe spinto Raggi a mentire, ovvero la necessità di coprire non tanto il possibile abuso d’ufficio in concorso con Marra (accusa poi archiviata) quanto una possibile apertura di un fascicolo a suo carico che l’avrebbe condotta, secondo la lettura del codice etico del M5S vigente all’epoca, ad un possibile deferimento ai probiviri del partito con annesso rischio di essere espulsa (o addirittura di doversi dimettere da sindaca a poche settimane dalle elezioni). Raggi ha replicato a Ielo fornendo dichiarazioni spontanee al termine dell’udienza, ricordando che “quell’articolo del codice etico, nella prassi, non è mai stato applicato fattivamente, tant’è vero che poi è stato modificato”. A sostegno di questa tesi, la sindaca ha ricordato la vicenda di Filippo Nogarin, sindaco di Livorno indagato (e poi archiviato) nell’ambito delle indagini sulla procedura di concordato preventivo di Aamps, e di Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, per alcuni appalti al Teatro Regio. “Nogarin – ha spiegato Raggi – ha detto subito di aver ricevuto notizia di reato e non è stato espulso, mentre per Pizzarotti è stato diverso perché ha nascosto le indagini, non certo perché era indagato”.
In aula tre consiglieri, la sindaca e il marito
In aula ad ascoltare l’arringa ci sono tre consiglieri comunali del M5s, la stessa Raggi e anche il marito. “La verità trionfa da sola, la menzogna ha sempre bisogno di complici. CORAGGIO” ha scritto su Facebook. Nelle ore scorse Severini aveva postato sul suo profilo una foto nella quale si vedevano alcuni giornalisti in attesa sotto la casa della coppia, a Borgata Ottavia, e aveva commentato: “Avvoltoi con sembianze umane”. Poco dopo il post è stato rimosso. L’inchiesta è durata durata circa otto mesi e il processo si concluderà oggi dopo circa sei mesi. Tempi rapidi, con rito immediato chiesto dalla stessa Virginia Raggi, per il dibattimento sulla vicenda nomine che potrebbe decretare la fine della giunta pentastellata capitolina. La sentenza è prevista per le 15.