Quello che spaventa della scienza e della cultura in generale è che bisogna impegnarsi per comprenderle. C’è chi (sbagliando) crede che non ci riuscirà mai, e questo genera diffidenza, e di conseguenza paura. La televisione è invece “il livello zero” della fatica e della comprensione: lì i discorsi complessi non si possono proprio fare. Quindi, è ovvio che ci sia tanta apprensione quando si voglia affrontare il tema scienza in TV.

Il MoVimento 5 Stelle sta discutendo in Commissione Cultura presso la camera dei deputati una proposta di legge per favorire la diffusione e l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche (PdL Gallo-Open Access). Qui il testo.

Negli ultimi anni, sia le riviste scientifiche che i costi degli abbonamenti sono aumentati a dismisura. La situazione paradossale è che gli articoli scientifici sono scritti a titolo gratuito dai ricercatori, i referee non sono pagati ma l’accesso alle riviste è a pagamento. A volte anche per gli stessi autori. Questo schema editoriale sta lentamente divenendo insostenibile, per cui in tutto il mondo si sono sviluppati sia dei modelli alternativi, nei quali sono gli autori a pagare per i costi delle pubblicazioni (open access) e i lettori vi possono accedere gratuitamente, o ancora meglio, quelli in cui gli autori depositano, dopo un periodo di embargo, una copia dei propri articoli in un database istituzionale.

La proposta di legge in discussione aggiorna e adegua agli standard europei la normativa italiana. In questo modo, i lavori scientifici nei quali sono stati impiegati soldi pubblici possono essere finalmente disponibili ai cittadini che li hanno finanziati. La promozione dell’accesso aperto istituzionale serve: 1) a limitare lo strapotere finanziario degli editori, che possono chiedere decine di euro per l’accesso a un singolo articolo scientifico e migliaia per l’abbonamento annuale a una rivista, con contratti capestro che prevedono l’acquisto di pacchetti non negoziabili di riviste; 2) a evitare che chi opera in università “povere” ricorra a siti pirata come Sci-Hub, sul quale è possibile accedere praticamente a qualsiasi rivista online in modo fraudolento violando il diritto d’autore.

Stiamo parlando di misure di grande buon senso, condivise dalla comunità scientifica. Una simile proposta (tra l’altro aperta a critiche costruttive e suggerimenti migliorativi provenienti dalla minoranza) dovrebbe raccogliere un consenso bipartisan. E invece (sorpresa?) no. Alcuni mezzi d’informazione hanno rappresentato la proposta in modo surreale, strumentalizzando il comma finale, il quale prevede la divulgazione di alcune delle ricerche più significative prodotte in Italia tramite nientedimeno che il mezzo televisivo, con una commissione che le selezionerebbe.

Ho letto qui e lì in rete dei commenti che sembrano scritti da persone che la proposta sicuramente non la hanno letta; e, anche se l’avessero letta, probabilmente non avrebbero gli strumenti culturali per comprenderla.

C’è chi ha paventato chissà quale potere politico da parte della commissione. Ma le canzoni a Sanremo non sono forse scelte proprio da una commissione? E come dovrebbero essere altrimenti selezionate (tra le migliaia che appaiono ogni anno) le pubblicazioni da divulgare? Tramite un sorteggio oppure il televoto da casa?

Curioso che una ventina di personalità (tra cui numerosi professori universitari) audite in Commissione cultura (anche su proposte provenienti dalle minoranze, qui i video) non abbiano riscontrato alcuna criticità nel comma in questione, il quale invece turbi esponenti del Pd, i quali, permettetemi di dubitare, abbiano scritto un qualsiasi articolo scientifico in vita loro.

In conclusione, c’è grande desiderio ma soprattutto bisogno di scienza e cultura in Italia. Viene voglia di scritturare i ricercatori per il prossimo film horror. Perché, a giudicare da certe reazioni scomposte, sembra che nulla spaventi più della scienza. Soprattutto quando è in TV.

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